skip to Main Content

Varsavia

Varsavia rinasce da Praga

Il quartiere Praga di Varsavia è il vero cuore storico della capitale polacca su cui si punta oggi per proseguire la rincorsa verso il futuro. Prima parte del racconto di Pierluigi Mennitti.

Si chiama Praga ma non è la capitale della Repubblica Ceca. È invece un quartiere di Varsavia. Si trova sull’altra sponda della Vistola rispetto alla città vecchia, ma è il vero cuore storico della capitale polacca su cui si punta oggi per proseguire la rincorsa verso il futuro. Ci si arriva scavalcando il fiume sul ponte Slasko-Dabrowski, come se si andasse a portare i bambini al giardino zoologico, che era uno dei pochi motivi per cui i varsaviani del centro si azzardavano a venire da questa parte.

Praga, infatti, non ha mai goduto di buona fama: un quartiere pericoloso, dominato dai criminali, in cui fioriva ogni genere di losco affare. Ieri come oggi. Ma è anche una delle poche aree di Varsavia che non furono devastate dalla seconda guerra mondiale, e che ha conservato intatti i palazzi di fine Ottocento e inizio Novecento che fiancheggiano i grandi viali e le vie squadrate, con le piccole cappelle votive nascoste dentro i cortili. Edifici storici, anche se fatiscenti, con le facciate degradate e i robusti portoni ammaccati.

Il motivo per cui Praga venne salvaguardata dalle bombe, oggi bisogna farselo raccontare. Prima era più facile capirlo proseguendo lungo il lungo viale intitolato al sindacato Solidarnosc. Giunti a Plac Wilienski, proprio di fronte alla chiesa ortodossa, s’innalzava il complesso di figure militari che componeva il monumento all’Armata Rossa. Era uno dei tanti simboli sovietici della Polonia, probabilmente il più ipocrita di tutti. Perché questi soldati, proprio in questo punto, fecero solo da spettatori interessati in quell’estate del 1944, durante l’avanzata che li portò a Berlino. Si acquartierarono sulla rive droite della Vistola e assistettero inermi al massacro con cui i nazisti spensero la rivolta di Varsavia, il disperato e inutile tentativo dei varsaviani di ribellarsi ai tedeschi in ritirata. Non mossero un dito, osservarono il sangue scorrere da lontano e passarono il guado solo quando i soldati del Führer sbriciolarono l’ultimo mattone della città dall’altro lato della Vistola. E poi finirono immortalati sul piedistallo, eroi di una gloria usurpata. Non sorprende dunque che qualche anno fa gli abitanti di Praga abbiano protestato con successo contro il tentativo di riposizionare il monumento, che era stato rimosso anni prima.

La mancanza di scontri bellici su questo lato del fiume ne ha tuttavia preservato l’architettura, sebbene i palazzi non abbiano molto in comune con l’eleganza stilistica degli edifici che nello stesso periodo venivano costruiti a Parigi o Berlino. Nell’era comunista il quartiere venne ulteriormente trascurato perché la sua struttura sostanzialmente borghese non garbava al regime, e così l’atmosfera dei secoli scorsi è sopravvissuta.

E oggi, chiudendo gli occhi sull’immancabile nuova galleria commerciale e sul fiume di auto che scorre sull’ampia via Targowa (via del Mercato), alzando lo sguardo sembra quasi di rivedere nell’abbaino la figura del dottor Fischelson, “l’uomo basso di statura, curvo e con la barba grigiastra”, mentre segna solchi profondi con il lapis sotto i passaggi più significanti dell’Etica di Spinoza. È l’intellettuale filosofo ebreo protagonista di Lo Spinoza di via del Mercato, il racconto che Isaac Bashevis Singer ambientò proprio nella Praga varsaviana di fine Ottocento descrivendola così: “Macellai, facchini e fruttivendoli bevevano birra nella taverna sottostante. Il vapore usciva dalla porta spalancata della taverna come da un bagno pubblico, e si udivano i suoni della musica chiassosa; davanti alla taverna donne da marciapiede tentavano di abbordare soldati ubriachi e operai di ritorno a casa dalle fabbriche. Alcuni di quegli uomini portavano fasci di legna sulle spalle, e ricordavano al dottor Fischelson i malvagi condannati ad alimentare i loro stessi fuochi all’inferno”.

L’inferno è di gran lunga più eccitante del paradiso. E oggi le taverne di allora si stanno trasformando in locali di tendenza e le vecchie fabbriche vengono riqualificate in laboratori del futuro, sedi di startup, centri culturali, musei all’avanguardia, location per eventi mondani, set fotografici o cinematografici. Questo enorme quartiere di 250.000 abitanti, composto da due distretti (Praga-Polnok a nord e Praga-Poludnie a sud) e con il tasso di disoccupazione più alto (8%) della città, è oggetto della più ampia trasformazione urbanistica dell’ultimo decennio. Il termine che si utilizza per descrivere il fenomeno è ormai inflazionato: gentrificazione. Dietro questo neologismo si nascondono le mille contraddizioni tipiche di ogni cambiamento.

Basta svoltare dalla Targowa nella ulica Zabkowska, la via divenuta il fulcro della movida di Varsavia, con i suoi locali dai nomi funambolici come Po Drugiej Stronie Lustra (Dall’altra parte dello specchio), Lysy Pingwin (Il pinguino calvo) e W Oparach Absurdu (Fra i vapori dell’assurdo). I nomi stravaganti sono una sorta di marchio di fabbrica, se è vero che il ritrovo polacco più famoso di Berlino si chiama, con buona dose di autoironia, Club der polnischen Versager (Club dei polacchi falliti). Ogni sera, tra le mura poco insonorizzate di questi locali, vanno in scena concerti e rappresentazioni teatrali, esibizioni di cabaret e letture di poesie.

Birra e vodka scorrono a fiumi e l’irregolarità degli artisti si mescola e sostituisce quella dei brutti ceffi che popolavano le notti criminali di Praga. Nei fine settimana d’estate questo caravanserraglio si trasferisce in strada, trasformando questo angolo di Praga in un infinito happening all’aperto, mentre dall’unico spazio lasciato libero tra un palazzo e l’altro si diffondono le note dei gruppi jazz. L’atmosfera non è poi troppo diversa da quella che si trova seicento chilometri più a ovest, attorno alla turbolenta Revaler Strasse nel quartiere Friedrichshain di Berlino. Forse addirittura più tranquilla, segno che Praga sta rimodulando la sua fama sinistra.

Back To Top