Ursula von der Leyen è stata criticata per aver accettato un accordo penalizzante per l’Unione europea nei negoziati sui dazi con Donald Trump. Ma martedì 23 settembre la presidente della Commissione ha segnato un altro punto dopo il Mercosur nella sua strategia di diversificazione delle relazioni commerciali. Mentre il sole doveva ancora sorgere in Europa, il commissario Maros Sefcovic era in Indonesia, vestito con una camicia a fiori al fianco del ministro dell’Economia, Airlangga Hartarto, per annunciare la conclusione di un accordo di libero scambio con questa potenza emergente dell’Asia sud-orientale.
L’ACCORDO UE-INDONESIA
Il nome ufficiale è “EU-Indonesia Comprehensive Economic Partnership Agreement” (l’acronimo è CEPA). Sarà un “game-changer per le nostre economie”, ha detto Sefcovic. Dopo l’accordo con il Mercosur e la revisione di quello con il Messico, un’altra economia in forte espansione entra nella rete degli accordi commerciali che von der Leyen sta tessendo e che dovrebbe permettere agli esportatori europei di trovare nuovi mercati per compensare le perdite dovute ai dazi di Trump.
L’Indonesia è un mercato di 286 milioni di abitanti, con una crescita economica attorno al 5 per cento negli ultimi anni. E’ la più grande economia dell’Asean, ma solo il quinto partner commerciale dell’Ue nella regione. Nel 2024 gli scambi hanno superato i 27 miliardi di euro, ma c’è “un potenziale enorme non sfruttato” per le imprese dell’Ue, ci ha spiegato un funzionario europeo. Quelli sulle automobili, per esempio, ammontano al 50 per cento, a cui si aggiungono barriere non tariffarie che penalizzano i produttori europei. Von der Leyen ha un’ossessione per il settore automotive, importante per l’Ue e fondamentale per il suo paese, la Germania. “Il dazio del 50 per cento sulle importazioni di automobili in Indonesia verrà gradualmente eliminato nel giro di cinque anni, aprendo le porte alle esportazioni di automobili dall’Ue e promuovendo al contempo i tanto attesi investimenti dell’Ue nei veicoli elettrici”, ha detto Sefcovic.
Un altro settore europeo che dovrebbe trarre grande beneficio dall’accordo di libero scambio con l’Indonesia è quello agroalimentare. “L’accordo offrirà agli agricoltori dell’Ue maggiori opportunità di vendere i loro prodotti in Indonesia, grazie all’eliminazione dei dazi sulle principali esportazioni europee, come prodotti lattiero-caseari, carni, frutta e verdura e un’ampia gamma di alimenti trasformati”, ha spiegato la Commissione. Uno dei molti esempi è quello delle cipolle: il dazio indonesiano del 20 per cento sarà rimosso. Attenta alla reazione dei propri agricoltori, la Commissione non ha fatto concessioni (o minime) sui prodotti sensibili. I dazi europei saranno mantenuti per zucchero, riso, uova, banane fresche, etanolo e uva. Saranno introdotte quote per aglio, funghi, granturco, manioca e prodotti con alto contenuto di zucchero. La Commissione ha ottenuto anche la protezione di 221 indicazioni geografiche europee.
L’accordo di libero scambio permetterà di rimuovere il 98,5 per cento dei dazi indonesiani sui prodotti europei. I dazi attuali sui macchinari arrivano fino al 15 per cento, quelli sui prodotti chimici al 25 per cento, quelli sui prodotti farmaceutici al 15 per cento. Secondo le stime della Commissione, questo permetterà agli esportatori europei di risparmiare 600 milioni di euro. Il CEPA comprende anche un accordo sugli investimenti, che dovrebbe aprire il mercato dei servizi in settori come l’informatica e le telecomunicazioni e migliorare le condizioni degli investitori europei per accedere alla catena di approvvigionamento dei veicoli elettrici e dei prodotti elettronici. L’Indonesia è ricca di materie prime critiche per le transizioni climatica e digitale.
LE CRITICHE ALLA COMMISSIONE VON DER LEYEN
Come con altri accordi commerciali, la Commissione sarà oggetto di critiche per quello tra l’Ue e l’Indonesia. Le associazioni ambientalisti hanno denunciato l’abbattimento dei dazi europei sull’olio di palma, un prodotto fondamentale per l’industria agroalimentare dell’Ue, ma che contribuisce alla deforestazione globale. La Commissione sostiene di non avere fatto concessioni sulle regole, compreso il nuovo regolamento sulla deforestazione, la cui attuazione è stata tuttavia rinviata di un altro anno. Il CEPA contiene un protocollo sull’olio di palma, che “crea una piattaforma di facilitazione del commercio”, spiega il funzionario. “L’accordo non cambia la legislazione, ma prevede più cooperazione con l’Indonesia per sostenere l’attuazione degli obblighi. C’è un processo che aiuterà gli operatori a rispettare gli obblighi europei”.
Nell’era di Trump, per creare una nuova globalizzazione felice in versione europea si devono fare compromessi con i propri principi. A volte perfino con gli interessi strategici esistenziali. La scorsa settimana la Commissione ha adottato una nuova agenda strategica con l’India, confermando la volontà di concludere i negoziati su un accordo di libero scambio entro la fine dell’anno. Ursula von der Leyen ha deciso di chiudere gli occhi sul sostegno fornito dall’India alla Russia con gli acquisti di petrolio e sulla vicinanza tra Narendra Modi e Vladimir Putin. Le obiezioni dell’Alto rappresentante, Kaja Kallas, che avrebbe voluto rinviare l’adozione dell’agenda strategica, sono state ignorate. L’India, con i suoi 1,5 miliardi di abitanti e una crescita superiore al 6 per cento, rimane un mercato chiuso. Il potenziale non sfruttato per l’Ue è enorme.
LA STRATEGIA DI DIVERSIFICAZIONE COMMERCIALE DELL’UE
Oltre al grosso boccone indiano, la strategia di diversificazione della Commissione include quattro negoziati che stanno accelerando: le Filippine (115 milioni di abitanti), la Thailandia (72 milioni di abitanti), la Malesia (35 milioni di abitanti) e gli Emirati Arabi Uniti (10 milioni di abitanti). Tutti hanno una demografia in forte crescita e una forte crescita economica, e dunque offrono opportunità per gli esportatori dell’Ue. Alcuni hanno regimi politici discutibili o instabili (il ministro indonesiano, Airlangga Hartarto, è un ricchissimo imprenditore con conflitti di interessi nell’accordo concluso con l’Ue). Ma la Commissione ritiene che sia necessario turarsi il naso. Alla dimensione geoeconomica si aggiunge quella geopolitica. Stringere accordi commerciali significa avere più leve sulla scena internazionale, permettendo all’Ue di rafforzare il suo “soft power” in mancanza di un “hard power” credibile.
Questa non è solo l’era di Trump, ma anche di una Cina sempre più prepotente e aggressiva. La coercizione economica è diventata una pratica corrente sotto Xi Jinping. Anche gli Stati membri dell’Ue sono stati presi di mira. Malgrado la retorica sul multilateralismo, Pechino ha deciso di non rispettare regole e principi dell’Organizzazione mondiale del commercio. Per contrarre il neoprotezionismo americano e il neomercantilismo cinese, la Commissione si prepara a lanciare negoziati con il CPTPP. I suoi firmatari (Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù Singapore e Vietnam) sono i paesi attorno al Pacifico che hanno aderito all’Accordo Globale e Progressivo per il Partenariato Transpacifico, dopo che la prima amministrazione Trump aveva abbandonato la Trans-Pacific Partnership (TPP) promossa da Barack Obama per contenere la Cina. A loro si è aggiunto il Regno Unito dopo la Brexit.
A suggerire a Ursula von der Leyen di stringere una relazione tra Ue e CPTPP è stato il premier della Nuova Zelanda, Christopher Luxon, durante una telefonata il 9 aprile, poco dopo il “Liberation day” con cui Trump ha fissato i suoi dazi proibitivi contro il resto del mondo. La presidente della Commissione ha subito intravisto un’occasione d’oro. Tuttavia i contorni, per il momento, restano vaghi.
(Estratto dal Mattinale europeo)