Ursula von der Leyen ha un problema di fiducia. Questo influenzerà la decisione degli eurodeputati di votare a favore o contro la sua riconferma a presidente della Commissione europea, o di astenersi in caso di dubbio. Quanto credito si può dare a una presidente politicizzata a destra, il cui partito vuole cancellare il Green deal? Che valore si può dare alle sue promesse e ai suoi impegni? Ursula von der Leyen ha incontrato i gruppi politici prima del voto di investitura e non sempre è stata convincente.
La disciplina di voto sarà decisiva. Il voto è a scrutinio segreto e consente a ciascun eletto di esprimere la propria fiducia, i propri dubbi o il proprio rigetto. Ursula von der Leyen non è più una sconosciuta. Ha guidato la Commissione europea per cinque anni. Le sue qualità e i suoi difetti sono ben noti. “Non cambierà così all’improvviso”, ci ha detto uno dei nostri interlocutori.
Ursula von der Leyen ha un serio problema di ego. Ha personalizzato la sua posizione e si considera la Presidente dell’Europa. Il suo primo mandato è stato una perenne lotta per il potere. Questo ha deteriorato i suoi rapporti con il presidente del Consiglio, il liberale belga Charles Michel, con l’Alto rappresentante per gli Affari esteri, il socialista spagnolo Josep Borrell, e con la maggior parte dei membri del collegio dei Commissari, soffocati dal ricorso costante alla tattica del “divide et impera”.
“È normale che voglia un secondo mandato, ma non che si prenda il merito personale di tutti i successi: c’è un collegio di commissari di diverse convinzioni politiche”, ha ricordato Josep Borrell al quotidiano El Pais in un’intervista di febbraio. Qualche mese dopo, lo spagnolo ha co-firmato una lettera con i commissari Paolo Gentiloni, Nicolas Schmit e Thierry Breton, ricordando al Presidente la regola della collegialità nel processo decisionale. Si è trattato di un voto di sfiducia senza precedenti nei confronti di un presidente della Commissione e della sua squadra più ristretta.
La signora von der Leyen aveva appena nominato Markus Pieper, un eurodeputato del PPE, la sua famiglia politica, alla carica di inviato speciale per le PMI, senza consultare i commissari competenti e senza rispettare la procedura. Questo caso di favoritismo politico ha scosso anche il Parlamento europeo. I gruppi socialisti, liberali e verdi hanno criticato la nomina e hanno chiesto alla Commissione di ricominciare la procedura. Ursula von der Leyen ha rifiutato, poi ha cambiato idea di fronte al clamore e ai rischi per la sua riconferma. La sfiducia suscitata dalla “PieperGate”, svelato dal Mattinale Europeo, potrebbe pesare nel voto di investitura del 18 luglio. Rieletto, l’eurodeputato tedesco dei Verdi Daniel Freund non lascerà che la vicenda finisca nel dimenticatoio. I voti dei Verdi saranno decisivi per compensare i franchi tiratori del Partito Popolare Europeo, dei Socialisti e dei Liberali, i tre gruppi che compongono la maggioranza di von der Leyen.
Il Parlamento europeo non ha un bel ricordo del primo mandato di Ursula von der Leyen. Il disprezzo che ha mostrato per l’istituzione, lasciando l’aula durante i dibattiti dopo aver ascoltato gli interventi dei presidenti, senza seguire la discussione con i singoli deputati, ha lasciato il segno. Il suo rifiuto di seguire le indicazioni delle risoluzioni sullo Stato di diritto e la sua compiacenza nei confronti del premier ungherese Viktor Orban, bestia nera del Parlamento, sono un altro brutto ricordo. Il suo asservimento agli Stati membri è una terza pagina nera delle relazioni con i deputati.
“L’articolo 17-3 del Trattato UE prevede che la Commissione sia completamente indipendente. Non può ricevere istruzioni da nessuna istituzione. Il Presidente della Commissione (custode dei Trattati) ha violato questa regola agendo chiaramente per conto del Consiglio nello sbloccare la somma di 10,2 miliardi di euro di fondi congelati per violazione dello Stato di diritto da parte dell’Ungheria”, ha sottolineato la capolista del partito Volt Europa in Belgio, l’olandese Sophie in’t Veld. “Il Parlamento europeo deve esigere piena chiarezza prima di votare la nomina di von der Leyen”, ha dichiarato in’t Veld il 12 luglio.
La politicizzazione di Ursula von der Leyen è un altro handicap. Diventando Spitzenkandidat del PPE, non sarà più al di sopra della politica di partito e cesserà di essere neutrale. “Se von der Leyen finirà per ottenere un secondo mandato, passerà la maggior parte del tempo a disfare ciò che ha fatto nel primo”, ha sottolineato il giornalista ed editorialista tedesco Wolfgang Münchau. La presidente ha già iniziato a smontare il Green deal, un successo del suo primo mandato, perché alcune delle sue disposizioni sono ritenute troppo rigorose dalla sua famiglia politica. Nella prossima legislatura, il PPE vuole utilizzare le clausole di revisione per rinviare il divieto di vendita delle auto a combustione interna fino al 2035.
I leader europei hanno deciso di sostenere la sua riconferma in mancanza di un candidato migliore. Il Parlamento europeo potrebbe bloccare questa nomina per difetto. Per evitare questa trappola, “Ursula von der Leyen deve concludere un accordo di coalizione con una maggioranza chiaramente definita prima del voto del Parlamento europeo”, sottolinea il professore di diritto europeo Alberto Alemanno. Un accordo di coalizione non c’è stato. Ma la presidente candidata ha moltiplicato le promesse e i gesti simbolici. Ieri l’ultimo con la decisione di un boicottaggio politico della presidenza ungherese dell’Ue per punire Orban dopo il suo incontro con Putin. La minaccia dell’estrema destra è un collante formidabile per convincere socialisti, liberali e verdi. Le servono 361 voti. Il fatto che il voto al Parlamento europeo sia stato mantenuto il 18 luglio suggerisce che von der Leyen si è conquistata una maggioranza.