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Kosovo

Un successo della Russia in Ucraina segnerebbe il declino dell’Occidente

Perché è vitale per l'Occidente e per l'Italia appoggiare Kiev e perché il conflitto Russia-Ucraina finirà con una tregua armata. L'analisi del generale Carlo Jean

 

La massa dell’opinione pubblica italiana è persuasa che il nostro sostegno all’Ucraina, soprattutto quello militare, sia motivato essenzialmente dalla solidarietà verso la NATO e l’UE ed anche dal timore di subire ritorsioni dall’Occidente qualora ci dissociassimo dai nostri alleati. Minore attenzione è volta ai benefici che la resistenza di Kiev e, in particolare, il suo eventuale successo nel respingere l’aggressione russa, comportano per i nostri interessi nazionali di sicurezza. Essi derivano, in gran parte, dal rafforzamento che l’intero Occidente avrebbe nel mondo, non tanto materialmente, quanto per l’aumento del suo prestigio e credibilità. Il “Sud Globale” si è in parte dissociato dalla condanna della Russia e ha dimostrato un risentimento per il ricco Occidente. Molti Stati non rispettano il sistema sanzionatorio adottato nei confronti della Russia.

Il Gruppo Wagner è lo strumento principale dell’influenza russa in Africa e in Medio Oriente. E’ presente in una ventina di Stati africani. Ne sostiene disinvoltamente le élites, spesso collegate con le reti del crimine organizzato. Autofinanzia la sua presenza favorendo lo sfruttamento da parte di imprese russe delle risorse naturali africane e con rimesse sulla vendita di armi prodotte in Russia. Di sicuro – come segnalato già un paio d’anni fa dall’intelligence – è attivo in tutti i ricchi mercati illegali, specie nel traffico di esseri umani, soprattutto nel Sahel, dal Sudan al Mali. Ha contatti con le centrali dei trafficanti, da cui dipendono gli scafisti dei barconi nel Mediterraneo. Un insuccesso russo in Ucraina comporterebbe quasi sicuramente la sua collocazione fra le organizzazioni terroristiche. Diverrebbe probabile l’intervento militare dell’Occidente per distruggerlo. Gli esiti del conflitto in Ucraina sono per ora imprevedibili.

Oltre che il successo o l’insuccesso di uno dei due contendenti, è possibile che il conflitto si concluda con una situazione di stallo, simile a quella verificatasi nella guerra di Corea, cioè con una tregua armata. Essa sarebbe resa prima possibile e, poi, duratura solo da robuste garanzie occidentali all’Ucraina. Senza di esse Kiev continuerà a combattere. Non potrà accontentarsi di promesse, dopo che quelle sulla sua sovranità e integrità territoriale, previste nel Memorandum di Budapest del 1994, sono state tradite. Le nuove garanzie dovranno coinvolgere, più o meno, direttamente la NATO. Sarà quindi difficile per la Russia potere accettare una tregua con tali condizioni. Per questo Mosca sembra orientarsi a una guerra prolungata. Spera sempre nel collasso della coalizione che oggi sostiene l’Ucraina. Pertanto, l’Occidente dovrebbe intensificare l’invio di armi.

Solo una sconfitta sul campo può indurre Mosca a trattare. Di conseguenza, l’ipotesi di una tregua permanente – ritenuta da molti la soluzione più probabile del conflitto – mi sembra poco realistica, quale che sia la cessione di parte del territorio ucraino conquistato da Mosca (la Crimea e le due repubbliche secessioniste di Luhansk e di Donetsk – cioè il ritorno a Minsk-2 – non potrebbero essere comunque cedute dalla Russia senza combattere, anche in caso di crisi del regime di Putin). Un successo della Russia non comporterebbe solo la fine dell’Ucraina. Segnerebbe la crisi e il declino dell’Occidente. Porrebbe in forse l’Alleanza Atlantica. L’aumento dell’autonomia europea della difesa non potrebbe compensarne la fine. E’ improbabile che l’UE possa riprendere il programma della costruzione di una “bomba” italo-franco-tedesca abbandonato nel 1957. Senza armi nucleari proprie l’Europa non avrebbe capacità dissuasive. Non potrebbe respingere ricatti nucleari. La Force de Frappe è nazionale, non europea. Nessuno è tanto ingenua da pensare che possa divenire tale. La Francia, tanto per cambiare, farebbe fare al resto dell’Europa la fine che fece la Cecoslovacchia a Monaco nel 1938. Vi sarebbe una corsa alla finlandizzazione nei confronti della Russia. Nel caso migliore, gli europei dipenderebbero dagli americani ancor più di oggi, ma ne sarebbero meno protetti. Crescerebbero le recriminazioni reciproche. Si accentuerebbe la gravitazione degli USA sull’Indo-Pacifico. La Cina si rafforzerebbe ovunque. Aumenterebbe la probabilità di un attacco a Taiwan e di una guerra mondiale.

In caso di successo dell’Ucraina, invece, l’intero Occidente uscirebbe rafforzato. L’Europa, beninteso, conterà nella misura in cui avrà contribuito alla resistenza di Kiev, alla ricostruzione del devastato territorio ucraino e all’europeizzazione del paese. Se l’Occidente non volesse stravincere, si potrebbero creare le condizioni per normalizzare i suoi rapporti con la Russia. Esse
possono consistere solo nella sua integrazione in Europa, rispettosa dell’identità di una Russia trasformatasi anche culturalmente da impero in uno Stato come gli altri, rinunciando alla sua pretesa missione universale, oggi costantemente ricordate anche dal Patriarcato di Mosca. Secondo essa, con l’annessione esso non vuole solo mantenere il suo spazio d’influenza canonica, ma addirittura “liberare l’Ucraina dal peccato”. Per quanto riguarda l’Italia, un successo dell’Ucraina è essenziale perché la NATO e l’UE aumentino le risorse militari ed economiche dedicate al loro fianco meridionale, cioè al Mediterraneo Allargato e all’Africa. Tale spostamento di attenzione e di risorse da nordest a Sud è essenziale, in particolare per evitare che il Sahel si trasformi in una specie di Afghanistan, fonte di terrorismo e di destabilizzazione dapprima per i paesi dell’Europa meridionale, poi anche per quelli dell’Europa centrale e settentrionale. Il ruolo geopolitico del nostro Paese ne uscirebbe enormemente rafforzato con evidenti vantaggi sia politici che economici e, soprattutto, nel settore di sicurezza. Il risultato non può essere raggiunto solo con un rilevante impegno per la ricostruzione dell’Ucraina – già meritoriamente considerato dal nostro Governo – ma anche con un consistente aumento del nostro sostegno militare, che supera appena l’1% del totale, che è cioè materialmente irrilevante.

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