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Rimpasto Ucraina

Ecco come l’Europa rimborserà gli Stati Ue per l’invio di armi all’Ucraina. Numeri e problemi

L'Ue utilizzerà l’European Peace Facility per rimborsare gli Stati membri che hanno inviato armi all'Ucraina. Ma i Paesi non hanno ricevuto alcun euro finora. Ecco fatti, numeri e l'approfondimento del giornale Politico

 

Bruxelles è molto sollecita nell’emettere proclami di solidarietà verso l’Ucraina. Lo è molto di meno quando si tratta di rimborsare, attraverso un fondo creato ad hoc ma rimasto a tutt’oggi inattivo, gli Stati membri che decidono di donare armi a Kiev.

Un fondo Ue per dare armi all’Ucraina

È Politico a raccontare la storia di questo fondo creato subito dopo l’invasione aggirando le disposizioni dei Trattati che impediscono di usare il budget Ue per finanziare operazioni militari.

Il trucco è stato di avvalersi della cosiddetta “European Peace Facility”, uno strumento finanziario posto fuori dal perimetro del budget che è stato finora utilizzato per iniziative di piccolo cabotaggio come elargire finanziamenti all’esercito della Georgia o sostenere una missione di addestramento dell’Ue in Mozambico.

È la prima volta dunque che l’European Peace Facility viene impiegato su larga scala per intervenire su una guerra in corso.

Gli stanziamenti per rimborsare le armi all’Ucraina

Come prima tranche del fondo l’Ue ha stanziato, sull’onda dell’emergenza, 500 milioni di euro, con il preciso invito ai Paesi membri ad armare Kiev chiedendo regolare rimborso all’Unione. Nel giro di poco tempo, l’Ue ha ricevuto richieste di pagamento per 600 milioni di euro, stabilendo così un tasso di rimborso dell’85%.

Col progredire delle operazioni militari in Ucraina l’Ue ha deciso di rimpinguare il fondo attingendo a quote sempre maggiori del budget di 5,7 miliardi di euro dell’European Peace Facility. Come seconda tranche è stato previsto uno stanziamento triplo rispetto a quello originario, pari a 1,5 miliardi di euro.

È in questo preciso momento che l’Ue si è trovata subissata di richieste di pagamento che hanno rapidamente raggiunto il valore di 3,3 miliardi di euro. L’inesorabile implicazione è che il tasso di rimborso è calato drasticamente dall’85%.della prima tranche al 45% della seconda.

I malumori

Questa situazione ha creato parecchio malcontento e accese discussioni tra gli Stati membri, particolarmente la Polonia che, con 2 miliardi di euro di donazioni, risulta la più esposta sul piano finanziario.

La discussione sul fondo si è riaccesa negli ultimi giorni quando si è raggiunta la difficile intesa sul tasso di rimborso, fissato in via definitiva al 46%. Si è deciso anche di fissare a 2,5 miliardi di euro la dotazione del fondo quintuplicandola rispetto al livello iniziale.

Ma lo stanziamento non riesce a stare al passo delle nuove donazioni fatte dagli Stati membri all’Ucraina e delle relative richieste di rimborso pervenute a Bruxelles.

Pagamenti ancora inevasi

C’è poi un altro problema, ricorda Politico: gli Stati membri non hanno ancora materialmente ricevuto un euro. Il Servizio di Azione Esterna dell’Ue assicura comunque che i soldi sono in arrivo. “I rimborsi rilevanti stanno cominciando ora”, è stata la dichiarazione di una portavoce del Servizio, la quale ha preferito non pronunciarsi sul nodo del tasso di rimborso.

Ma il malumore continua a serpeggiare tra i diplomatici dell’Unione, tra accuse a Bruxelles di inadeguatezza e altre rivolte alla Polonia di avere oltrepassato i limiti sottraendo preziose risorse agli altri Stati membri.

Proposte per il futuro

Su un punto però concordano tutti: per dirla con Politico, “il fondo del Peace Facility è semplicemente troppo piccolo … se il Continente vuole davvero diventare un affidabile fornitore di sicurezza”.

Tra i palazzi di Bruxelles e le capitali europee c’è già chi esige un cambio di passo. Tra questi c’è il nuovo Ministro degli Esteri slovacco Rastislav Káčer, che ha formulato la proposta di raddoppiare le disponibilità del fondo. “E naturalmente”, ha precisato il ministro, “siamo pronti a incrementare il nostro contributo”.

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