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Salvini

Tutti i sogni di Letta su Conte e Draghi

Che cosa dicono i principali leader politici in vista del discorso di Draghi mercoledì in Parlamento. La nota di Sacchi

 

È un brutto film quello che va in onda per tutto il sabato che precede le comunicazioni di Mario Draghi mercoledì in parlamento. Nel fine settimana le tensioni si acuiscono. Il premier dimissionario scompare dai radar.

I “conti” di Giuseppe Conte, che rilancia nei confronti di Mario Draghi, accusandolo di “ricatto” e “umiliazioni”, diventano l’epicentro di un sisma scatenato dai nodi irrisolti nel cosiddetto campo largo a sinistra. Nodi che arrivano puntualmente tutti al pettine, travolgendo spirito e natura dell’esecutivo di emergenza nazionale.

Enrico Letta fa un appello alla quasi ex maggioranza per un nuovo “voto di fiducia” a Draghi e ai grillini chiede di “essere in partita”. Ma, come gli fa notare lo stesso Carlo Calenda, leader di Azione, evita di fare critiche al caos scatenato dagli alleati pentastellati.

Di più, in un momento così cruciale non suona certo come un buon viatico per rimettere insieme i cocci il rilancio sempre da parte del segretario del Pd, parlando al congresso dei socialisti, di temi bandiera dem come il ddl Zan o il suicidio assistito. Cosa che suscita la protesta di Matteo Salvini: “Non partecipo ai teatrini di Conte, Letta e Di Maio. La Lega non può governare con chi ha queste come priorità e non, invece, bollette, pensioni, azzeramento della legge Fornero, abbassamento delle tasse”.

Salvini, che ieri sera si è sentito di nuovo con Silvio Berlusconi, e ha incontrato categorie produttive, ribadisce che “la Lega farà il bene degli italiani”. Il numero due del Cav, Antonio Tajani, ribatte sul contenuto della nota congiunta di Forza Italia e Lega dell’altro ieri: “La nostra presenza è alternativa ai Cinque Stelle”. Sintesi: no a nuovi governi con i pentastellati o voto. Tajani definisce “un atto di gravissima responsabilità pugnalare alle spalle Draghi”, mettendo “in difficoltà l’Italia anche sul palcoscenico internazionale”.

Matteo Renzi, a differenza di Letta, va giù duro con Conte. Il leader Iv, che ha lanciato una petizione, aveva già chiesto da giovedì a Draghi di ripensarci, per andare a un nuovo esecutivo senza i pentastellati. Ma sembra il finale triste di una partita iniziata nel 2018, con i Cinque Stelle primo partito, il centrodestra però prima coalizione, pur senza la maggioranza.

Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e cofondatore di Fratelli d’Italia, ricorda: “Al centrodestra non fu data neppure la possibilità di fare un tentativo per il governo”. La presidente Giorgia Meloni ora dice basta “all’accanimento terapeutico su questa maggioranza che non ha prodotto risultati: elezioni”.

Tornano però anche i nodi irrisolti del 2019, quando Salvini staccò la spina al governo giallo-verde. La rottura definita, come un messaggio virale, la crisi del Papeete (era in realtà un comizio in piazza in quei giorni pre-ferragostani a Pescara) avvenne sul No alla Tav e “certe chiusure giustizialiste pentastellate che non potevamo più tollerare”, ha ricordato al Corriere della sera nei giorni scorsi il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari. Erano gli stessi 5s che dicono no ora al termovalorizzatore di Roma.

Ma Conte diventò di nuovo premier, stavolta di un governo giallo-rosso. Con una sinistra che lo riteneva “forte punto di riferimento dei progressisti” (Zingaretti, Bettini) sicura di egemonizzarlo, come da vecchio copione, e usarlo contro il centrodestra per impedirgli di vincere con nuove elezioni, sbarrando la strada allora soprattutto a Salvini, come ha rivendicato più volte lo stesso Renzi.

Finale di partita che ora però diventa un boomerang per la stessa sinistra e si scarica sul Paese.

In una nota congiunta nel tardo pomeriggio Berlusconi e Salvini, dopo un “lungo e cordiale colloquio”, confermano: governo senza i Cinque Stelle, “per la loro incompetenza e inaffidabilità”, ma pronti anche al voto “a brevissima scadenza”.

I leader del centrodestra di governo affermano: ” Le nuove dichiarazioni di Giuseppe Conte – contraddistinte da ultimatum e minacce – confermano la rottura di quel “patto di fiducia” richiamato giovedì dal Presidente Mario Draghi e alla base delle sue dimissioni”.
Salvini e Berlusconi ribadiscono, è scritto nel comunicato congiunto, che “sia da escludere la possibilità di governare ulteriormente con i 5 stelle per la loro incompetenza e la loro inaffidabilità”.
I leader di Forza Italia e Lega, “con il consueto senso di responsabilità, hanno dunque concordato di attendere l’evoluzione della situazione politica, pronti comunque a sottoporsi anche a brevissima scadenza al giudizio dei cittadini”.
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