Skip to content

israele attacco iran

Tutti i punti sull’economia dell’accordo Israele-Emirati

Che cosa prevede sull'economia l'accordo tra Israele ed Emirati Arabi Uniti. Fatti, commenti e analisi

E’ anche e soprattutto l’economia il cuore dell’accordo tra Israele ed Emirati Arabi Uniti. Non caso il premier israeliano Netanyahu ha sottolineato nel suo intervento che Israele ed Emirati Arabi sono i due paesi più “innovativi” della regione e che entrambi “hanno trasformato il deserto”. Grazie all’intesa le due nazioni nelle prossime settimane firmeranno “accordi bilaterali su investimenti, turismo, voli diretti, sicurezza, tecnologia, energia, assistenza sanitaria, cultura, ambiente” e soprattutto – come evidenziato dal premier israeliano – “ambasciate reciproche”.

I PUNTI DELL’INTESA

Nel documento dell’intesa si sostiene esplicitamente che “la storica svolta diplomatica farà avanzare la pace in Medio Oriente” e annuncia che le delegazioni dei due Paesi “si incontreranno nelle prossime settimane per firmare accordi bilaterali” su numerose iniziative. Grazie all’intesa si “sospenderà la dichiarazione di sovranità sulle aree indicate nel piano di pace del presidente Trump”, anche se Netanyahu ha tenuto a precisare – forse più in chiave interna e a casa propria – che il presidente Usa ha chiesto di “attendere”, che il dossier cioè non è archiviato ma rimandato. L’obiettivo dichiarato nel testo dell’accordo è quello di “allargare i legami con altri Paesi nel mondo arabo e musulmano”.

GLI IMPEGNI

“Usa, Israele ed Emirati sono fiduciosi – continua il documento – che altre svolte diplomatiche con altre nazioni siano possibili e lavoreranno insieme per raggiungere questo risultato”. Infine, Israele ed Emirati “si uniranno agli Usa nel lancio di un’Agenda strategica per il Medio Oriente per allargare la cooperazione diplomatica, commerciale e di sicurezza”. Un obiettivo che sembra aggirare il controverso – e contrastato con tutte le forze da Abu Mazen – piano di pace di Trump che dava invece il via libera alle annessioni di territorio palestinese da parte di Israele.

LE REAZIONI

‘Storico’. Donald Trump definisce così “l’accordo di pace” tra Israele e Emirati Arabi che annuncia su twitter cogliendo tutti di sorpresa, compreso lo stesso premier Benyamin Netanyhu che lascia a metà una riunione di gabinetto sul coronavirus. Un accordo che passa per l’avvio delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi che come prima conseguenza ferma i controversi progetti di annessione di parti della Cisgiordania, perseguiti dallo stato ebraico. Togliendo dal tavolo, almeno per ora, un macigno su ogni possibile ripresa dei colloqui di pace con i palestinesi. Ma Hamas e la Jihad islamica da Gaza gridano al “tradimento”, mentre l’Autorità nazionale palestinese del presidente Abu Mazen respinge “con forza” l’intesa e chiede “una immediata” riunione di emergenza della Lega Araba e dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica. “Questo passo – sostiene Abu Mazen – mina l’iniziativa per la pace araba, le decisioni dei vertici arabi e islamici, la legittimità internazionale e l’aggressione contro il popolo palestinese”.

L’ANALISI DI NASR

«L’accordo tra Israele ed Emirati ufficializza una situazione in corso da tempo. Gli Emirati, l’Arabia Saudita, l’Oman, il Qatar hanno tutti costruito legami con Israele, i primi due in particolare rafforzando i rapporti militari e di intelligence», ha detto al Corriere della Sera Vali Nasr, già consigliere dell’amministrazione Obama e docente di Affari internazionali e Studi del Medio Oriente alla Johns Hopkins University: «Per i palestinesi è finita: non sono un fattore nei calcoli dei Paesi arabi. Gli Emirati sosterranno che hanno ottenuto lo stop all’annessione, ma la verità è che i palestinesi non sono in cima ai loro pensieri: l’Iran, la Turchia, i rapporti con gli Usa sono questioni strategiche che contano molto di più». L’inviato di Trump per l’Iran, Brian Hook, ha definito ieri questo sviluppo diplomatico un «incubo per l’Iran».

IL COMMENTO DI TRAMBALLI

Il Sole 24 Ore ha indugiato sul ruolo degli Emirati: “Per quanto piccoli, gli Emirati Arabi Uniti sono diventati un Paese chiave del mondo arabo, contribuendo a determinarne le confuse dinamiche: combattono in Libia, fino a poco tempo fa anche nello Yemen, e hanno partecipato a tutte le missioni internazionali contro l’Isis – ha scritto l’editorialista Ugo Tramballi – È difficile immaginare che della loro trattativa con gli israeliani, a Washington, non abbiano tenuto informato il principale alleato, l’Arabia Saudita. Ed è ancora più difficile pensare che l’accordo potesse essere raggiunto senza il suo consenso. Si apriranno ambasciate, i due Paesi si scambieranno il corpo diplomatico. E si moltiplicheranno gli accordi commerciali che in maniera più discreta Israele già aveva negli emirati del Golfo. Per il suo ruolo nel mondo arabo e islamico, l’Arabia Saudita non può ancora permettersi di pensare a una pace con Israele. L’ipotesi è prematura. Ma gli Emirati Arabi Uniti possono essere una specie di avanguardia”.

DOSSIER HEZBOLLAH SECONDO KEDAR

Ha detto a Repubblica Mordechai Kedar, mediorientalista del centro studi Begin-Sadat: “L’esplosione di Beirut ha sferrato un colpo non indifferente ai piani iraniani di controllo del Libano attraverso Hezbollah, creando un momentum per un’azione diplomatica in chiave anti-iraniana. Non si può parlare di una love story tra Israele ed Emirati, altrimenti avrebbero potuto accodarsi agli accordi di pace precedenti, con l’Egitto nel ’79 e con la Giordania nel ’94. Il catalizzatore è di certo l’alleanza contro la minaccia iraniana, che i Paesi del Golfo percepiscono tanto quanto Israele”.

IL POST DI DOTTORI

Ha commentato via Facebook l’analista Germano Dottori, consigliere di Limes e docente alla Luiss: “Mentre Obama ci ha lasciato in eredità il caos libico, Trump già ha al suo attivo un accordo di portata storica in Medio Oriente. Altri potranno seguire. Ridicolo il tentativo di Biden di appropriarsene: l’amministrazione di cui era il vicepresidente era schierata dal lato della Fratellanza Musulmana”.
Torna su