Una delle storie che si trovano nell’Atlante Geopolitico del Mediterraneo 2019 a cura dell’Istituto di Studi Politici S. Pio V (che sarà presentato l’8 ottobre alla Feltrinelli Orlando di Roma) è l’approfondimento di Francesca Manenti sulla presenza cinese nel Mediterraneo.
Il Mar Mediterraneo è stato inserito dal governo cinese all’interno della Belt and Road Initiative (BRI), il progetto di interconnessione lanciato dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013, che si propone di realizzare una rete di infrastrutture di trasporto, energetiche e digitali per incentivare gli scambi materiali e immateriali tra la Cina e il resto del mondo.
Come racconta l’autrice, sono due gli assi portanti dell’iniziativa, la “Cintura terrestre” e la “Via della Seta Marittima”, formata da una costellazione di porti strategici lungo la rotta di collegamento ideale tra la costa cinese e quelle europee.
A sentire Pechino, la BRI inaugurerà un nuovo modello di cooperazione win-win. Altri però vedono nell’iniziativa uno strumento utile alla Cina per espandere la propria influenza.
L’azione nel Mediterraneo è iniziata nel 2008 con l’investimento di China Overseas Shipping Group Co. (Cosco) nel porto greco del Pireo, per una concessione trentennale dal valore di circa 1,5 miliardi di euro.
Ad oggi, i tre principali colossi dello shipping cinesi, Cosco Shipping Ports, China Merchants Port Holdings (CMPort) e Qingdao Port International Development (QPI), detengono quote in molti porti del Mediterraneo: oltre al Pireo, Valencia (51% Cosco), Casablanca (49% Cosco), Vado Ligure (40% Cosco, 10% QPI), Bilbao (40% Cosco), Ambarli (26% Cosco), Marsiglia (CMPort 25%), Port Said (20% Cosco) e Tanger Med (20 % CMPort). A questi si aggiungono Cherchell in Algeria, Haifa in Israele, e Ashdod.
Per approfondire questo e altri temi si consiglia di procurarsi l’Atlante Geopolitico del Mediterraneo