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Tutti i bisticci gialloverdi fra Conte, Salvini e Di Maio sul caso Siri

Che cosa sta succedendo nel governo Conte? I Graffi di Damato

 

Nella galleria delle immagini prodotte dagli sviluppi della situazione politica, dopo che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha iscritto nel libro dei licenziandi il sottosegretario leghista Armando Siri, indagato a Roma per corruzione, spicca la vignetta di Vauro Senesi sull’insospettabile Fatto Quotidiano. Dove la relazione politica fra i capi dei due partiti di governo, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, in ordine rigorosamente alfabetico, già oggetto di murali da gossip, finisce tra le fiamme appiccate appunto da Conte col preannuncio della rimozione di Siri. Mancando la quale, visto che Salvini ha a sua volta annunciato di volere resistere, per quanto in Consiglio dei Ministri i grillini dispongano della maggioranza assoluta prontamente e pubblicamente vantata da Di Maio, il presidente Conte ha minacciato di dimettersi. E così è servita anche la vignetta di Emilio Giannelli, che sulla prima pagina del Corriere della Sera, fa dire a Conte travestito da Gioconda sulle pareti del Lourdes: “Non sono immortale, ma vi assicuro che durerò tutta la legislatura”. Che a sua volta però non si sa proprio quanto potrà durare, col vento delle elezioni anticipate che si fa più forte ogni volta che aumenta la temperatura nell’altoforno gialloverde.

Dal Colle del Quirinale, dove di solito non si muore dalla voglia di sciogliere anticipatamente le Camere, giungono voci sempre più insistenti di un Sergio Mattarella ormai rassegnato a questa evenienza, specie dopo che il no di Matteo Renzi a intese alternative di governo con i grillini è stato condiviso dal nuovo segretario del Pd Nicola Zingaretti, almeno in questa legislatura. Si parla addirittura di elezioni politiche in autunno, per la prima volta nella storia della Repubblica. E in questo caso dalle cinque stelle è già arrivato l’annuncio della disponibilità, se non addirittura della smania, di Alessandro Di Battista di tornare pienamente in campo, candidandosi. Ma di volerlo fare – ha precisato subito – non al posto dell’amico Di Maio alla guida del movimento: evidentemente, o forse, al posto di Conte, di cui pure Dibba, come l’aspirante viene affettuosamente chiamato dai suoi, ha apprezzato la forza dell’intervento contro Siri parlandone sulla rete televisiva Nove, intervistato da Andrea Scanzi e Luca Sommi per la trasmissione Accordi e disaccordi.

E così Conte, accelerando lo scontro con Salvini su Siri, proprio mentre il capo leghista ne apriva uno con la magistratura di Bologna che ha disposto l’iscrizione all’anagrafe di due migranti impedita invece dalle nuove norme sulla sicurezza fortemente volute dal ministro dell’Interno, ha fatto il miracolo, diciamo così, di risvegliare Di Battista. Il quale era stato costretto nello scorso inverno nel suo stesso movimento a mettersi un po’ da parte per avere contribuito, con le sue sortite, a fargli perdere voti nelle elezioni regionali via via succedutesi.

Tornato sulla scena, non so francamente se in tempo per completare nel Viterbese il corso avviato di apprendimento del mestiere di falegname, Di Battista ha colto l’occasione anche per rinverdire la memoria sulla formazione del governo in carica, dove egli rifiutò di entrare preferendo un viaggio in Sudamerica, quasi sulle tracce del mitico Che Guevara.

Ebbene, egli ha ricordato o confermato, come preferite, che l’anno scorso “Luigi”, cioè Di Maio, gli confidò che nelle trattative per formulare la lista dei ministri si pensò di mandare all’Economia senza alcun problema, per sfuggire al conflitto esploso al Quirinale sul nome di Paolo Savona, indovinate chi? Armando Siri: sì, proprio lui, il leghista adesso sotto sfratto come sottosegretario. Che già allora era il “pregiudicato” ritirato fuori in questi giorni dagli archivi giudiziari e mediatici per avere patteggiato nel 2015 una condanna a un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta.

Non so, francamente, quanto abbia voluto e potuto apprezzare “Luigi” questa rievocazione dell’amico Dibba. Non debbono però averla apprezzata al Fatto, che nella riproduzione dell’intervista televisiva, con tanto di richiamo in prima pagina, hanno omesso proprio questa parte. Che pure non mi sembra secondaria per valutare la coerenza o incoerenza, come preferite, di certi comportamenti e campagne grilline di apparente o strumentale moralizzazione.

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