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Draghi

Tutti gli zampini di Draghi nei bis di Mattarella e Napolitano

Manovre e ruolo di Mario Draghi nella rielezione sia di Giorgio Napolitano che di Sergio Mattarella. La cronaca dei giorni scorsi e la ricostruzione del libro di Chiara Geloni

 

C’è lo zampino determinante di Mario Draghi nella rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale?

E’ una delle domande clou che aleggia in Parlamento dopo l’esito dell’elezione del presidente della Repubblica.

Nelle cronache giornalistiche odierne si trovano tracce del ruolo che ha avuto il presidente del Consiglio.

Un ruolo non secondario ma da protagonista, oltre che da candidato al Quirinale: anche se è stata di fatto una carta coperta, ossia non esplicitata troppo nel profluvio di nomi e dichiarazioni nei giorni scorsi da parte dei leader politici.

Anche perché sulle aspirazioni dell’ex presidente della Bce più nessuno ha avuto dubbi dopo che nelle scorse settimane l’Economist ha scritto (non smentito da Palazzo Chigi): “Mr Draghi wants to be President”. Più chiaro di così.

E anche nelle trattative e nei colloqui fra leader di partito negli scorsi giorni aleggiava il nome di Draghi come successore di Mattarella.

Tanto che – secondo alcune ricostruzioni – il nome di Draghi era nella lista del segretario del Pd, Enrico Letta, ma poi scompariva quando quell’elenco veniva discusso dai vertici del Pd con il numero uno del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, che di sicuro non lo avrebbe approvato, come la stragrande maggioranza del gruppo parlamentare pentastellato.

Ma l’ipotesi Draghi a un certo punto cade.

il segretario della Lega, Matteo Salvini, venerdì pomeriggio incontra il premier in un appartamento privato nella zona romana di Piazza Fiume, svela oggi Repubblica: il leader della Lega ribadisce a Draghi che non ci sono le condizioni per un suo “trasferimento” al Colle.

«Lo avevo già capito», è in sintesi la risposta di Draghi, secondo la versione del giornalista Claudio Tito del quotidiano diretto da Maurizio Molinari.

I partiti nel frattempo si incartano e si crogiolano sui nomi, tra incursioni e bocciature. E si rivolgono al premier, ma non per comunicargli che lo candidano al Quirinale.

A quel punto il presidente del Consiglio si assume l’onere sabato di chiedere a Mattarella di rimanere, secondo Repubblica: “Poco prima dell’ora di pranzo sale sul Colle e si ferma a parlare con il capo dello Stato. Lo aggiorna sulla situazione e sulle intenzioni delle forze parlamentari .Gli chiede formalmente di rimanere. Torna a Palazzo Chigi e incontra il ministro leghista Giorgetti. Poi chiama tutti i leader del centrosinistra. E conferma di aver ricevuto il sì di Mattarella”.

«Per la stabilità del Paese e per rassicurare l’opinione pubblica è necessario restare». Con queste parole Draghi – secondo il Corriere della Sera – “ha strappato a Mattarella il sofferto sì al «grande sacrificio» della riconferma e si è fatto carico di comunicarlo ai leader dei partiti”.

“Il premier è soddisfatto perché la sua mediazione, giudicata tardiva dai leader, ha avuto successo e ha ricompattato una maggioranza allo sbando”, sintetizza il quotidiano Rcs.

Ieri l’Ansa ha rimarcato come anche nel bis di Giorgio Napolitano al Quirinale l’ex presidente della Bce fu protagonista.

“La differenza tra allora e adesso è in un parola: dignità. Io, sconfitto non dai numeri ma dalla slealtà, invece di sopravvivere mi dimisi, andai da Napolitano e gli dissi ‘Io me ne vado ma tu resta’”, ha detto Pierluigi Bersani all’agenzia di stampa ricordando la disfatta dei 101 che porto’ al bis di Napolitano.

E siccome la storia, talvolta, è circolare ci sono 2 nomi che, sottotraccia, nell’elezione del 2013, oggi sono protagonisti, rimarca l’Ansa: “Sergio Mattarella fu il primo nome che Bersani tentò con Silvio Berlusconi per cercare un’intesa e Mario Draghi, allora presidente della Bce, sembra che anche allora giocò un ruolo nel bis. Lo racconta Chiara Geloni nel libro, scritto insieme a Stefano Di Traglia, “Giorni bugiardi”, che ripercorre quei giorni: “Ci racconta una fonte nel Palazzo che furono tre i fatti a convincere Napolitano al bis: le pressioni del mondo economico, forse una telefonata di Mario Draghi in persona, le telefonate delle Cancellerie, forse della Casa Bianca…””.

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