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Germania Covid

Tutti gli scazzi sulla seconda ondata in Germania (verso un nuovo lockdown)

La Germania va verso il lockdown senza aggettivi.

La Germania va verso il lockdown senza aggettivi. Lockdown duro e puro, perché quello adottato finora, che a seconda dei gusti linguistici è stato chiamato mini, leggero, light, non basta più. È servito solo a placare per qualche settimana la corsa esponenziale dei contagi, flettendola su un plateau dal quale non è poi scesa di un millimetro. E da qualche giorno ha ricominciato a salire. Ieri quasi 30 mila casi (29.875 per la precisione), un record assoluto. E con i contagi sono saliti anche i morti, a ritmo di oltre 500 al giorno (ieri 589), numeri mai visti nel corso della prima ondata. Il totale dei decessi da inizio pandemia è salito a 20.970.

E così, quel che non era riuscito all’enfasi del discorso della cancelliera al Bundestag due giorni fa, è riuscito alla crudeltà dei numeri: domani (ma qualcuno ha chiesto di anticiparlo a oggi) vertice straordinario di crisi e decisione blitz sul lockdown, con negozi e scuole chiuse e regole ancora più rigide per gli incontri personali, compresi quelli delle feste. Potrebbe essere esteso di colpo a tutta la Germania, o potrebbero essere lasciati dei giorni di preparazione a quei Länder che ne avessero bisogno. Si litigherà certamente su altri aiuti finanziari a chi dovrà abbassare le saracinesche dei negozi proprio nelle più lucrative settimane pre-natalizie.

D’altronde non ci sono eroi nella vicenda della seconda ondata tedesca, segnata anche dall’affollamento nelle terapie intensive (il fiore all’occhiello del sistema ospedaliero tedesco) ora sull’orlo del collasso. E il fallimento della gestione coinvolge, chi più chi meno, un po’ tutti gli attori in campo. Angela Merkel, che non ha trovato il bandolo per imporre la sua “visione basata sui fatti e sulla scienza” come aveva fatto in primavera. I cittadini, stanchi e sfiduciati e poco o per nulla inclini a condividere le pur contenute restrizioni autunnali. E i presidenti dei Länder, che per gelosia di competenze o per interessi elettorali hanno continuamente frenato, quando non sabotato, le misure che la cancelliera presentava a ogni vertice.

Non ci vuole una memoria d’elefante per rintracciare qualche ritaglio di stampa di appena due mesi fa, inizio ottobre, quando i quotidiani titolavano a grandi caratteri: “I Ministerpräsidenten rallentano Merkel”. Ora fa quasi tenerezza vederli rincorrere numeri fuori controllo. Con l’eccezione del bavarese Markus Söder (anche lui però incapace di portare la maggioranza dei suoi colleghi dalla sua parte), tutti avevano tentennato e borbottato, sperando che il virus avesse ormai esaurito la sua carica infettiva. Avevano mal digerito anche il lockdown light, la strategia scelta a fine ottobre dalla cancelliera per contenere questa seconda ondata e “assicurarci un Natale sereno”.

Michael Kretschmer, il presidente di una Sassonia che oggi registra un tasso d’incidenza di 380 nuovi casi per 100 mila abitanti in 7 giorni (con punta di 595 a Görlitz), mentre l’obiettivo era di tenersi sotto i 50, ammoniva tutti contro “l’isteria da coronavirus”. Il presidente del Nordreno-Vestfalia Armin Laschet, uno dei candidati alla successione di Merkel che si era già giocato un pezzo di carisma nella prima ondata, aveva voluto tamponare le proposte più incisive elaborate alla cancelleria. Il sindaco di Berlino, ancora una settimana fa, assicurava che non c’era alcun motivo di anticipare un nuovo vertice di crisi a prima di Natale e che le misure in vigore erano più che sufficienti.

Ora in Sassonia e Nordreno-Vestfalia è stato annunciato un lockdown duro già da lunedì, Berlino ha cancellato le domeniche dei negozi aperti. Domani, in collegamento virtuale, il vertice di crisi cercherà una via unitaria, mentre alcuni Länder già corrono per fatti propri, questa volta incontro a lockdown locali. In Baden-Württemberg è in vigore da oggi il divieto di uscire da casa se non per motivi indifferibili, lo Schleswig-Holstein vieta il consumo di alcool all’aperto, come la Baviera. Si pensa al prolungamento delle vacanze scolastiche fino al 10 gennaio, qualcuno vorrebbe anticiparle da lunedì, ma i ministri dell’Istruzione dei Länder si sono detti contrari e puntano alle lezioni a distanza, almeno per le classi più alte. Le scuole resterebbero comunque aperte per l’assistenza ai figli di genitori impegnati in attività strategiche. Come era accaduto in primavera.

La gestione della seconda ondata è stata un fallimento su tutta la linea, che si è mangiato tutto quello di buono che era stato fatto durante la prima. Compreso il fatto di non essersi ritrovati con le strutture ospedaliere stressate e di poter programmare con maggiore tranquillità il preannunciato (dai virologi) ritorno invernale. Lo ammette il ministro dell’Interno Horst Seehofer, in un’intervista allo Spiegel, usando un’espressione colorita: “Ho una grande rabbia nello stomaco”. Anche per lui la Germania si è giocata il vantaggio conquistato durante la prima ondata, ma la responsabilità non è della mancanza di disciplina dei cittadini, “piuttosto delle misure insufficienti che sono state adottate”.

Lo stesso Spiegel mette ora nero su bianco: la strategia del lockdown light “è stata il più grande errore di valutazione dell’anno”. Una strategia annunciata da Merkel e dai presidenti dei Länder con la certezza che tenere scuole e negozi e uffici aperti non avrebbe pregiudicato l’obiettivo di ributtare giù la curva dei contagi, fino alla soglia dei 50 per 100 mila abitanti in 7 giorni, che avrebbe permesso la ripresa dei tracciamenti. “La politica ha fatto ai cittadini una promessa che non poteva essere mantenuta, ha suscitato speranze che ora devono essere deluse”, ha aggiunto il settimanale, “mettendo in gioco quell’accettazione delle misure restrittive di cui ora ha tanto bisogno”. Il risultato è quello che l’esperto di sanità dell’Spd Karl Lauterbach (deputato e medico) ha sintetizzato sulla Süddeutsche Zeitung: “Al momento abbiamo perso il controllo sulla pandemia”.

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