skip to Main Content

Tutti gli impianti militari Usa a rischio. Report di esperti del Pentagono

A rischio vi sarebbero imbarchi e sbarchi delle diverse flotte della US Navy e l’addestramento delle unità anfibie e di quelle impiegate in missioni speciali. L'approfondimento di Stefano Latini

Il cambiamento climatico e il riscaldamento globale lasciano relativamente silenziosi i grandi del Pianeta, ma iniziano a preoccupare i loro generali. I primi ad agitare le acque tanto per restare in tema, sono stati i comandi delle forze armate statunitensi e gli esperti del Pentagono.

L’allarme è piovuto direttamente dalle stanze di comando del Dipartimento della Difesa che gestisce oltre 1.700 installazioni e basi militari nelle aree costiere mondiali, non soltanto in territorio Usa, e che potrebbero essere colpite nei prossimi anni dall’innalzamento del livello delle acque.

RICOLLOCARE GLI INSEDIAMENTI DELLE BASI MILITARI

Parliamo di impianti e di basi militari che consentono prontezza e rapidità di esecuzione di operazioni delle forze armate Usa a livello nazionale e/o internazionale. A rischio vi sarebbero imbarchi e sbarchi delle diverse flotte della US Navy e l’addestramento delle unità anfibie e di quelle impiegate in missioni speciali. Ma gli esperti del Pentagono includono nelle aree militari a rischio anche installazioni localizzate in zone costiere o nelle loro vicinanze, essendo esposte a inondazioni da alta marea e a mareggiate amplificate dall’innalzamento del livello del mare e delle acque degli Oceani.

È quindi necessario intervenire. Ma occorreranno stanziamenti per centinaia di miliardi da ripartire su diversi anni. Spetterà al Congresso la decisione se e in che misura provvedere a mettere le installazioni militari al sicuro dall’innalzamento del livello delle acque, con le sue prerogative in materia di bilancio e di sicurezza nazionale. Il presidente Donald Trump non sembra tentato dall’imbarcarsi in crociate nel nome del cambiamento climatico che incombe.

CAMBIAMENTO CLIMATICO E AUMENTO DEL LIVELLO DELLE ACQUE

All’origine delle preoccupazioni del Pentagono vi sono le osservazioni climatiche globali elaborate dall’Amministrazione nazionale oceanica e atmosferica (Noaa) che mostrano le tendenze all’aumento della temperatura superficiale, atmosferica e oceanica strettamente correlate  all’innalzamento del livello delle acque. Inoltre, il Global Change Research Program, un’iniziativa federale finanziata dal Congresso per monitorare impatto e fattori alla base del cambiamento climatico, ha rivelato di recente come il livello medio globale delle acque sia aumentato sensibilmente a partire dal 1900, subendo un’accelerazione dal 1993 ad oggi.

L’Amministrazione nazionale oceanica e atmosferica Usa identifica le due principali cause dell’aumento del livello delle acque nell’espansione termica, per effetto dell’innalzamento della temperatura, e nello scioglimento del ghiaccio terrestre (calotte glaciali e ghiacciai) che aggiungono acqua ai bacini oceanici. E questo in concomitanza con altri fattori.

L’IMPATTO SULLE INSTALLAZIONI MILITARI

Per le installazioni militari il rischio varia in termini di infrastruttura esistente e potenziali vulnerabilità. Numerose basi e strutture militari costiere già abitualmente subiscono inondazioni durante l’alta marea, e recenti uragani hanno ampliato le inondazioni, interrotto le operazioni e causato ingenti danni. Nel contempo, le infrastrutture al di fuori delle installazioni militari (come le strade di accesso) possono essere toccate dall’innalzamento del livello del mare, creando ulteriori ostacoli alle operazioni militari.

Gli episodi stanno evolvendo in fenomeni permanenti. Uno studio condotto dal Programma strategico Usa di ricerca e sviluppo ambientale ha osservato che l’innalzamento del livello delle acque minaccia la sostenibilità delle installazioni costiere attraverso l’intensificazione delle mareggiate, l’aumento della frequenza delle inondazioni e l’intrusione di acqua salata nella falda acquifera.

Lo studio ha accertato che le installazioni militari statunitensi su atolli localizzati nell’Oceano Pacifico saranno influenzate negativamente quando “il livello medio del mare sarà di 0,4 metri più alto… e la quantità di acqua di mare che inonderà le isole sarà di volume sufficiente per rendere le acque sotterranee non più potabili tutto l’anno”.

Lo stesso accadrà sulle strade di Hampton, in Virginia, che ospita la più grande concentrazione di siti militari nel mondo: a breve saranno vulnerabili non per una minaccia esterna ma per l’innalzarsi delle acque.

I CONTROLLI SULLE SITUAZIONI DI RISCHIO E I RIPARI

Il Government Accountability Office, organo di controllo generale su tutti gli ambiti federali, descrive i cambiamenti climatici e l’innalzamento del livello delle acque come problemi rilevanti per le forze armate. La stagione degli uragani 2018 è stata particolarmente pesante per le installazioni della Difesa, evidenziando che il complesso immobiliare mondiale di basi e installazioni è risultato vulnerabile a condizioni meteorologiche estreme.

In particolare, l’uragano Michael ha danneggiato tutti gli edifici della Tyndall Air Force Base in Florida (stima delle riparazioni 4,7 miliardi di dollari). E l’uragano Florence ha inondato tre installazioni del Corpo dei Marines della Carolina del Nord (3,6 miliardi di dollari).

L’incorporazione di nuove misure progettuali per garantire la reattività delle strutture militari ai cambi di clima sono avviate e in parte in fase di realizzazione. Per proteggere le basi militari da inondazioni costiere e fluviali durante eventi meteorologici gravi si spendono e si spenderanno, secondo alcune stime, almeno 2000 miliardi di dollari negli anni a venire. Mentre l’attuale Amministrazione Usa quasi ridicolizza l’impatto del cambiamento climatico sui normali cittadini. Ambiguità del potere!

 

(Estratto di un articolo pubblicato su Affarinternazionali.it)

Back To Top