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Giorgetti

Tutte le sconfitte di Berlusconi con il governo Meloni

Perché Berlusconi non può festeggiare tanto vista la composizione del governo Meloni. I Graffi di Damato

Giocata tutta all’interno del centrodestra con sin troppa chiarezza ed evidenza -sia per la “nettezza dei risultati elettorali”, significativamente ricordata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine delle consultazioni, sia per la responsabilità di guastafeste che ha voluto assumersi personalmente l’interessato agitando con un bel pò di sortite clamorose l’avvio della legislatura- la partita del governo si è decisamente conclusa con la sconfitta di Silvio Berlusconi.

Bastava guardarne la faccia ieri mattina all’uscita della folta delegazione del centrodestra dall’incontro con Mattarella, durato pochi minuti. Non occorre spingersi oltre quelle immagini arrivando magari al sarcasmo della vignetta di Stefano Rolli sul Secolo XIX, in cui Giorgia Meloni rifiuta il brindisi offertole da Berlusconi brandendo una delle venti bottiglie di Vodka speditegli da Putin per il suo recente compleanno.

Nè occorrerebbe addentrarsi nel mistero dell’”ultimo sgarro a FI” genericamente infilato nel titolo di prima pagina del Foglio. Che perfidamente ha attribuito, nel pezzo sottostante, alla vicinanza alla “quasi moglie” di Berlusconi, la deputata Marta Fascina, la esclusione della forzista Gloria Saccani Jotti dalla lista dei ministri, dove era entrata con destinazione all’Università e alla ricerca scientifica. E’ un’esclusione della quale, sempre secondo Il Foglio, la presidente del Consiglio si sarebbe assunta la responsabilità, parlandone con Mattarella, al pari di un’altra decisione destinata a scontentare il vice presidente  leghista del Consiglio e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini: il passaggio della competenza sui porti, e sulla Guardia Costiera, al Ministero del Sud e del Mare affidato all’ex governatore della Sicilia Nello Musumeci, di fede politica meloniana..

La sconfitta di Berlusconi sta paradossalmente perfino nella nomina pur da lui proposta di Antonio Tajiani a vice presidente del Consiglio e soprattutto ministro degli Esteri, avvenuta alla fine per la fiducia espressagli direttamente dal Partito Popolare Europeo in un summit dove sono approdate con una certa preoccupazione le sorprese per la comprensione appena  confermata da Berlusconi a Roma verso le ragioni di Putin nella guerra all’Ucraina. Che sarebbe cominciata per il solo proposito di Mosca di sostituire a Kiev uno Zelensky che un pò se l’era cercata  per certi  comportamenti antirussi.

Ora si spera che, sapendo quanto meno di compromettere la permanenza di Tajani alla Farnesina, e nella stessa Forza Italia diventata una mezza polveriera, Berlusconi si risparmi altre sortite a dir poco imbarazzanti, e persino orgogliose rivendicazioni di una leadership internazionale.

Ma un altro, o addirittura il principale segno della sconfitta di Berlusconi in questa partita del governo -peraltro a guida femminile per la prima volta nella storia d’Italia, come ha finalmente scoperto con un titolo su tutta la prima pagina il Giornale di famiglia-  è la nomina di Carlo Nordio a ministro della Giustizia. Cui il Cavaliere di Arcore avrebbe preferito la “sua” ex presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, anche dopo avere fatto alla Meloni la cortesia di incontrarlo per meglio valutane le idee e intenzioni. A questo incontro-esame l’ex magistrato, di indiscussa competenza e di provata fede garantista anche nell’esercizio delle funzioni di pubblico ministero esercitate durante la carriera, si è pazientemente sottoposto senza riuscire a convincere cotanto giudice.

Quella tentata contro Nordio finalmente e fortunatamente guardasigilli è francamente un’avventura politica che l’ex presidente del Consiglio poteva risparmiarsi, non foss’altro per non soccombere.

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