Valentina Rita Scotti è una giurista esperta di Turchia, autrice per il Mulino di La Turchia di Erdoğan, oggi insegna alla European Law & Governance School di Atene e in varie università italiane.
Chi è il sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu e come è diventato un potenziale sfidante per Erdoğan?
Se fino a qualche anno fa Ekrem İmamoğlu poteva essere considerato un astro nascente nel CHP, ad oggi è certamente la figura politica che più di ogni altra potrebbe far vacillare il potere di Erdoğan in vista delle prossime elezioni.
In realtà, i due hanno molti profili simili. Anche Ekrem İmamoğlu è un sunnita praticante, come Erdoğan ha una laurea in economia aziendale e un passato da imprenditore, un passato nell’attività di famiglia.
La sua carriera politica nasce nell’Anavatan Partisi, quindi in un partito comunque con chiare appartenenze tradizionaliste. In seguito, si iscrive al CHP, ed è nel CHP che effettivamente İmamoğlu fa la sua carriera, diventando prima sindaco della circoscrizione di Beylikdüzü, e poi nel 2019 vince le elezioni a sindaco di Istanbul, quelle elezioni che ricorderemo particolarmente contestate contro l’AKP, che vengono poi ripetute e riconfermano la sua vittoria.
Questo ha significato rompere il potere dell’AKP nella guida di Istanbul, con una riconferma nel 2024 e con un ulteriore passo in avanti nel giugno del 2024, quando İmamoğlu diventa il presidente dell’Unione dei Comuni Turchi.
È la prima volta che questa carica viene affidata ad un esponente del CHP da quando l’organo è stato fondato nel 2005.
Si nota quindi come İmamoğlu riesca ad aggregare consensi e questo è quello che lo ha portato ad essere il principale sfidante di Erdoğan alle prossime elezioni.
Nel 2028 in teoria Erdoğan non potrebbe ricandidarsi. Proverà a rimanere comunque al potere?
In teoria Erdoğan non potrebbe ricandidarsi alle prossime elezioni del 2028. Va però detto che il limite dei due mandati esisteva già al momento delle elezioni del 2023 ed è stato superato attraverso un’interpretazione costituzionale particolarmente creativa.
Il limite, che comunque rimane e che adesso dovrebbe essere non più valicabile, potrebbe in realtà essere nuovamente superato, perché c’è in discussione un progetto di riforma costituzionale alla cui buona riuscita, peraltro, potrebbe contribuire anche il partito filocurdo, e a cui si ricollega quel recente comunicato del PKK di Öcalan, che dovrebbe comportare anche una rimozione del limite dei due mandati o comunque potrebbe prevedere un nuovo escamotage per consentire la ricandidatura di Erdoğan.
Come reagisce la società turca a una così plateale svolta autoritaria quale l’arresto e la detenzione del principale avversario politico del presidente? Dopo il tentato golpe del 2016 Erdoğan è uscito più forte, succederà anche ora?
Non è la prima volta che un’inchiesta interviene potenzialmente a fermare la scalata politica di İmamoğlu. Già nel 2022 c’era stata un’interdizione dai pubblici uffici, poi sospesa in attesa del giudizio della Cassazione.
Nel 2023 l’accusa per corruzione in gare di appalto e poi nel 2025 la riconferma delle accuse per corruzione a cui si aggiungevano le accuse per connivenza con il terrorismo, che però non sono state confermate dalla Corte.
Ovviamente in quest’ultimo caso c’è stato il plateale arresto con il video, a cui sono seguite delle proteste da parte della popolazione principalmente davanti alla sede della municipalità di Istanbul.
Rispetto a queste proteste possiamo dire che forse sono state più flebili di quello che ci si aspettava; non c’è stata la grande sollevazione popolare che si prevedeva. Questo però si potrebbe comunque spiegare con due ordini di motivazioni.
Da un lato, immediatamente dopo l’arresto, sono scattate misure di controllo del territorio, come ad esempio il blocco della metropolitana, che potrebbero aver disincentivato le proteste, considerando anche il generale clima di repressione del dissenso che comunque esiste nel paese e che, dopo i fatti di Gezi Park, ha reso la popolazione particolarmente consapevole delle conseguenze della partecipazione a questo tipo di proteste.
Dall’altro lato però l’assenza della grande sollevazione popolare potrebbe significare che comunque i margini di consenso per Erdoğan rimangono ampi, e a protestare sembrano essere soprattutto i giovani, quella generazione cresciuta interamente sotto Erdoğan che non ricorda il prima.
Certamente possiamo dire che questo tipo di misure di repressione del dissenso, come l’arresto dei potenziali oppositori, mina in qualche modo anche la credibilità interna ed internazionale dell’AKP e del suo leader, come dimostrerebbe il crollo, in una situazione già particolarmente complessa, della lira turca, avvenuto nell’immediatezza dell’arresto.
Le conseguenze, quindi, sono tante. E’ presto per dire se Erdoğan uscirà rafforzato da questa situazione: bisogna capire in che modo reagirà nel lungo periodo la popolazione e in che modo la reazione internazionale potrebbe avere un impatto anche sul sostegno a livello interno.
Valentina Rita Scotti mi ha mandato queste sue analisi sulla situazione politica turca mentre aspettava di entrare in sala parto, quindi la ringrazio in modo particolare.