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Cosa prevede il piano di pace per Gaza di Trump

Trump e Netanyahu hanno annunciato un piano di pace per porre fine alla guerra a Gaza, che però assomiglia più a un ultimatum ad Hamas che ad un'intesa condivisa. Tutti i dettagli.

Ieri il presidente Donald Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu hanno annunciato dalla Casa Bianca un ambizioso piano di pace per porre fine alla guerra a Gaza. Descritto da Trump come “potenzialmente uno dei grandi giorni della civiltà”, il piano a 20 punti mira a un cessate il fuoco immediato, ma appare più un ultimatum a Hamas che una vera intesa condivisa, come scrive il New York Times. Senza il coinvolgimento diretto del gruppo militante, le prospettive di pace rimangono incerte, sebbene il piano goda del sostegno di leader arabi e musulmani.

Dettagli del piano: cessate il fuoco e scambio di ostaggi

Il fulcro del piano è un cessate il fuoco immediato, seguito entro 72 ore dalla liberazione di tutti i 48 ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza, vivi e morti. In cambio, Israele rilascerebbe circa 1.950 prigionieri palestinesi, inclusi 250 ergastolani per omicidi di israeliani e 1.700 gazawi arrestati dopo l’attacco del 2023, come dettagliato nel documento della Casa Bianca riportato da Reuters. Una volta liberati gli ostaggi, i membri di Hamas che rinunciassero alle armi riceverebbero l’amnistia e potrebbero scegliere l’esilio con “passaggio sicuro”.
Secondo Bloomberg il piano incoraggia i gazawi a rimanere nella Striscia, abbandonando l’idea trumpiana di una “Riviera del Medio Oriente” svuotata di palestinesi, e prevede un immediato afflusso di aiuti umanitari per contrastare la carestia denunciata dall’ONU.

La ricostruzione e il ruolo Usa

La governance post-bellica di Gaza passerebbe a un comitato palestinese “tecnico e apolitico” per i servizi quotidiani, supervisionato da un “Board of Peace” presieduto da Trump comprendente figure come l’ex premier britannico Tony Blair.
Questo ente sovrintenderebbe alla ricostruzione economica, con tariffe preferenziali per i gazawi e un “piano di sviluppo Trump” redatto da esperti, come spiega l’Economist. Trump si impegna personalmente: “È un lavoro extra, ma così importante che lo farò io”. La proposta lascia però aperte questioni cruciali, come mappe e tempistiche, da negoziare in mediazioni estenuanti.

Sfide per Hamas

Hamas, escluso dalle negoziazioni, deve cedere il potere, disarmarsi e astenersi da qualsiasi ruolo governativo futuro, condizioni che il gruppo ha già respinto pubblicamente. “Nessuno ci ha contattato, né siamo stati parte delle trattative”, ha dichiarato Taher al-Nounou, alto funzionario di Hamas, in un’intervista televisiva citata dal Nyt.
Sebbene Qatar ed Egitto abbiano condiviso il piano con Hamas, che promette di esaminarlo “in buona fede” secondo Reuters, il rilascio degli ostaggi – loro principale leva – e il disarmo volontario appaiono concessioni impossibili, specialmente con Israele che giura di mantenere una “zona cuscinetto” al confine per il “prevedibile futuro”, come ha precisato Bloomberg.

Impegni israeliani

Netanyahu ha salutato il piano come coerente con gli “obiettivi di guerra” di Israele: ritorno degli ostaggi, smantellamento militare di Hamas e fine della sua governance politica, garantendo che Gaza “non minacci più Israele”.
Tuttavia, come sottolinea l’Associated press, il premier ha espresso scetticismo sul ritorno dell’Autorità Palestinese a Gaza post-riforme e ha rigettato categoricamente uno Stato palestinese, opponendosi alle richieste arabe di un ritiro israeliano totale e all’integrazione di Gaza con la Cisgiordania.

Prospettive

Il piano riconosce lo “statuto” come “aspirazione palestinese”, aprendo a un “percorso credibile” una volta ricostruita Gaza e riformata l’AP, che assumerebbe il controllo transitorio. Un'”International Stabilisation Force” – con possibili contributi da Egitto e Indonesia – garantirebbe la sicurezza interna, addestrando la polizia palestinese, come riporta Bloomberg.
Leader europei come Keir Starmer e Emmanuel Macron hanno accolto favorevolmente l’iniziativa, esortando tutte le parti all’accettazione, mentre Arabia Saudita, Giordania e altri hanno insistito su un impegno per una soluzione a due Stati. Esperti come Elliott Abrams, citato dal New York Times, ritengono che la debolezza di Hamas lo costringa ad accettare per salvarsi, ma Aaron David Miller avverte: “Richiederà un coinvolgimento americano straordinario, con Trump come monitor chiave”.

Un’opportunità fragile

Pur con lacune – assenza di garanzie contro riprese ostili e dipendenza da pressioni su Hamas e Netanyahu – il piano rappresenta il progresso più concreto dall’era Biden, superando resistenze israeliane e isolando Hamas, come osserva l’Economist. Trump ha messo in un angolo il gruppo terroristico, promettendo pieno sostegno a Israele in caso di rifiuto: “Potrà finire il lavoro”, ha detto il presidente alludendo alla prosecuzione delle ostilità.
Con oltre 66.000 palestinesi uccisi e Gaza in rovina, secondo Reuters, il piano trumpiano offre la migliore chance per fermare l’ “eterna guerra”, ma il suo successo dipende da concessioni reciproche. La comunità internazionale deve ora spingere per l’implementazione, trasformando l’ultimatum in dialogo.
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