Incontrare il prossimo presidente degli Stati Uniti, sia pure a sorpresa e nella sua residenza privata in Florida, è sempre un atto importante per un presidente del Consiglio italiano.
L’America è il nostro principale alleato politico, strategico e militare d’Oltreoceano e l’interscambio commerciale fra i due Paesi supera i 92 miliardi di euro all’anno (con un saldo a nostro favore di ben 42 miliardi, cioè esportiamo molto più di quanti importiamo). Quasi venti milioni di americani d’origine italiana rappresentano il ponte naturale fra l’Atlantico e il Mediterraneo, oltre che il quarto gruppo etnico negli Usa. E mai come quest’anno la presenza di turisti americani ha conosciuto un boom in Italia, a suggello di un amore reciproco, se si pensa a quanti italiani per lavoro, studi o passione hanno a loro volta “trovato l’America”.
Ma la cena del sabato sera tra Giorgia Meloni e Donald Trump non era dovuta solo dall’opportunità di rinsaldare rapporti italo-americani già forti o di consolidare l’amicizia tra due leader entrambi del mondo politico conservatore. Neppure dall’esigenza di sondare il terreno su quale futuro per la Nato o sui dazi che Trump ha minacciato di introdurre anche in chiave anti-europea, e non solo anti-cinese, e che colpirebbero il “made in Italy”. Stavolta l’agenda informale e imprevista ha incluso l’intrecciata questione tra Cecilia Sala, italiana detenuta in Iran, e Mohammad Abedini-Najafabadi, l’iraniano detenuto in Italia, ma reclamato sia dagli Stati Uniti, che lo credono un complice di terrorismo, sia dal regime degli ayatollah a Teheran, che lo rivuole indietro.
La nostra presidente del Consiglio avrebbe “premuto aggressivamente” -così riferisce il New York Times- per trovare una soluzione. La quadratura del cerchio tra interessi diversi: poter giudicare l’iraniano a casa loro, per Washington, poter riportare Cecilia Sala a casa sua, per Roma. Nulla è trapelato su come risolvere il rompicapo. Anche il silenzio istituzionale è d’oro nelle complicate trattative con Teheran.
Ma che Italia e Stati Uniti facciano fronte comune rispetto a un simile ricatto del regime islamico, è già una buona notizia.
“Una bella serata, pronti a lavorare insieme”, ha poi twittato Giorgia Meloni. “E’ davvero emozionante, sono qui con una donna fantastica, ha davvero preso d’assalto l’Europa”, aveva commentato Donald Trump.
In quel pirotecnico concetto di “assaltare l’Europa”, tipico del personaggio che non bada alle parole, c’è un po’ di verità.
Con le attuali crisi politico-economiche in Francia e Germania, per l’Italia s’apre la grande occasione di un ruolo europeo da protagonista anche nelle relazioni, che non saranno facili, con la nuova amministrazione trumpiana. La stabilità politica che offre il governo italiano, a differenza di quelli francese e tedesco, in questo momento, il momento dell’arrivo di Trump alla Casa Bianca e del terzo anno all’orizzonte di una guerra che deve finire contro l’Ucraina aggredita, può rivelarsi preziosa.
Incontrarsi in Florida per farsi sentire a Bruxelles, ecco la sfida che Giorgia Meloni deve ora cogliere.
(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)
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