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Troppe trumpate e macronate sul Conclave

Sarà pure lo Spirito Santo a decidere le sorti del Conclave, ma intanto le forze terrene si fanno sentire per condizionare l’elezione del nuovo pontefice. Il taccuino di Guiglia.

Sarà pure lo Spirito Santo a decidere le sorti del Conclave, ma intanto le forze terrene si fanno sentire per condizionare l’elezione del nuovo pontefice, il 267° nella storia della Chiesa cattolica, apostolica e romana. Da giorni Donald Trump ripete che gli piacerebbe essere Papa, “sarebbe la mia prima scelta”. Per sottolineare che lo dice tra il serio e il faceto, fa diffondere alla Casa Bianca un’immagine che lo ritrae in abito talare seduto sul trono di Pietro con la mitra e la croce al collo.

Al di là dei gusti o forse del cattivo gusto e senza citare l’egolatria di un uomo che sarebbe stato un buon paziente per Freud, la preferenza di Trump rivela comunque una verità importante: se il presidente della nazione più potente del pianeta ama essere Papa, vuol dire che non c’è bisogno di chiedere “quanti sono i soldati del pontefice?” -come faceva con sarcasmo quell’altro spiritisone di Stalin, nell’intenzione di ridicolizzare il Vaticano-, per rimarcare, invece, il ruolo unico e notevole del Capo della Chiesa nell’universo.

Del resto, la controprova arriva proprio dagli Stati Uniti, dove sui siti s’è diffusa la falsa notizia che il cardinale Pietro Parolin, il segretario di Stato e candidato finora più accreditato per prendere il posto e il vuoto di Francesco, avrebbe avuto un malore. Una bugia che la Santa Sede è stata costretta a smentire subito, ma che svela la manovra in corso: insinuare che il principale aspirante sia malato, significa metterlo in fuorigioco a beneficio di altri e più graditi sfidanti. Senza poi dimenticare che dalla ricca America arriva un terzo dei fondi al Vaticano. E che una parte significativa del clero è su posizioni conservatrici, cioè opposte a quelle interpretate per 12 anni dall’ultimo Papa. Insomma, tutto fa politica, a costo di mescolare il vero (ognuno è libero di preferire chi vuole) col falso del Parolin malato immaginario.

Non è il solo tentativo di influenzare dall’esterno quel che i 133 cardinali decideranno nel segreto dell’urna e segregati nella splendida Cappella Sistina. In occasione del funerale di Francesco, il presidente francese, Emmanuel Macron, ha pensato bene di riunire a pranzo in ambasciata diversi cardinali suoi connazionali, come un allenatore la sua squadra di calcio prima di una finale. Con la volontà evidente di sostenere un altro papabile, Jean-Marc Aveline, il francese che parla poco italiano (circostanza non secondaria per un Papa, che è pure vescovo di Roma).

Piccole, grandi manovre crescono, dunque. Alcune plateali -come le nordamericane o francesi- altre in silenzio dietro le quinte.

Tra veleni e intrighi, tra il desiderio di screditare l’avversario con notizie inventate o di investire il tifo istituzionale per la squadra del cuore, è cominciato il conto alla rovescia per il conclave del 7 maggio.

Dove al cospetto degli affreschi di Michelangelo per i cardinali nulla sarà scontato per prendere la pesante eredità di Francesco con tutte le sue contraddizioni. Mentre fuori dal Vaticano gli altri si muovono per incidere sul Papa che incide sul mondo.

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)
www.federicoguiglia.com

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