Non ci sono più le grandi battaglie navali di una volta… Se quest’affermazione, com’è probabile, provoca un po’ di sconcerto, è consigliabile fare un confronto per comprenderne il significato. Da un lato, le notizie che arrivano dal Mar Nero o dal Mar Rosso: una guerra tutta tecnologica con missili e droni di cui si vedono solo gli effetti devastanti. Di umano non c’è più nulla. Dall’altro, a dimostrare la differenza con il passato, basta “La battaglia di Trafalgar”, il quadro di William Turner esposto al Greenwich Museum di Londra e realizzato esattamente cento anni fa su commissione del re d’Inghilterra per ricordare la vittoria di Nelson. E in questo caso si vedono le sofferenze e l’eroismo degli uomini.
C’era ferocia ma c’era anche, e oggi non c’è più, qualcosa di epico che Gastone Breccia, docente di storia all’università di Pavia, racconta bene con “Trafalgar. La battaglia navale” (Einaudi, 322 pagine, 18 euro). Il libro è innanzi tutto una minuziosa ricostruzione di come si svolsero gli avvenimenti quel 21 ottobre del 1805 a cominciare dai due schieramenti. La flotta francese insieme agli alleati spagnoli poteva vantare una netta superiorità numerica. Ma quella britannica aveva equipaggi e ufficiali di maggiore esperienza. E, soprattutto, poteva contare sul genio strategico del suo comandante in capo, l’ammiraglio Orazio Nelson. La vittoria inglese fu determinata da una sua intuizione che rivoluzionò la tattica dei combattimenti navali. Anziché disporre com’era consuetudine le sue navi parallelamente a quelle nemiche per prendersi vicendevolmente a cannonate Nelson fece avanzare la sua flotta su due colonne spaccando e scompaginando lo schieramento avversario. In questo modo la superiorità in vascelli e cannoni dei franco-spagnoli era completamente annullata. Ma la battaglia fu terribile. Quasi 2.500 marinai francesi e spagnoli furono uccisi mentre per gli inglesi i morti furono poco più di 450 e tra questi anche l’ammiraglio Nelson. L’entusiasmo per la grande vittoria fu subito sopraffatto dallo sconforto per la grave perdita del geniale comandante. Semplici marinai e alti ufficiali, come racconta Gastone Brescia, scoppiarono a piangere come bambini. Come sempre, le vicende di vincitori e vinti prendono strade diverse. Gli inglesi riceveranno lauti premi in denaro per ogni nave affondata. I comandanti francesi verranno processati per la loro negligenza.
“Trafalgar. La battaglia navale” però non è solo il racconto di un evento bellico. Come i romanzi di Patrick O’Brian (che hanno ispirato il film “Master and Commander” con Russell Crowe) è anche soprattutto una storia di gente di mare. Ne è un esempio la lettera al padre del marinaio che ha perso tre dita della mano sinistra ma con la destra può ancora scrivere ed è felice di essere vivo. E’ interessante l’impegno con cui si cerca, spesso senza successo, di evitare che le navi catturate affondino. E per aiutare il lettore a navigare meglio in questo racconto Gastone Breccia pone in appendice un efficace glossario di termini marinareschi. E leggerlo è sicuramente più affascinante delle sigle di droni e missili.