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Sanzioni

Decreto Sicurezza e Immigrazione, ecco il testo definitivo approvato dal Consiglio dei ministri

SCHEMA DI DECRETO-LEGGE RECANTE: “DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE E IMMIGRAZIONE, SICUREZZA PUBBLICA, NONCHE’ MISURE PER LA FUNZIONALITA’ DEL MINISTERO DELL’INTERNO E L’ORGANIZZAZIONE E IL FUNZIONAMENTO DELL’AGENZIA NAZIONALE PER L’AMMINISTRAZIONE E LA GESTIONE DEI BENI SEQUESTRATI E CONFISCATI ALLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA” IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;…

SCHEMA DI DECRETO-LEGGE RECANTE: “DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI
PROTEZIONE INTERNAZIONALE E IMMIGRAZIONE, SICUREZZA PUBBLICA,
NONCHE’ MISURE PER LA FUNZIONALITA’ DEL MINISTERO DELL’INTERNO E
L’ORGANIZZAZIONE E IL FUNZIONAMENTO DELL’AGENZIA NAZIONALE PER
L’AMMINISTRAZIONE E LA GESTIONE DEI BENI SEQUESTRATI E CONFISCATI ALLA
CRIMINALITA’ ORGANIZZATA”

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell’attività di governo e ordinamento della
Presidenza del Consiglio dei ministri;
Ritenuta la necessità e urgenza di prevedere misure volte ad individuare i casi in cui sono rilasciati
speciali permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario, nonchè di garantire
l’effettività dell’esecuzione dei provvedimenti di espulsione;
Ritenuta la necessità e urgenza di adottare norme in materia di revoca dello status di protezione
internazionale in conseguenza dell’accertamento della commissione di gravi reati e di norme idonee
a scongiurare il ricorso strumentale alla domanda di protezione internazionale, a razionalizzare il
ricorso al Sistema di protezione per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri
non accompagnati, nonché di disposizioni intese ad assicurare l’adeguato svolgimento dei
procedimenti di concessione e riconoscimento della cittadinanza;
Considerata la straordinaria necessità e urgenza di introdurre norme per rafforzare i dispositivi a
garanzia della sicurezza pubblica, con particolare riferimento alla minaccia del terrorismo e della
criminalità organizzata di tipo mafioso, al miglioramento del circuito informativo tra le Forze di
polizia e l’Autorità giudiziaria e alla prevenzione e al contrasto delle infiltrazioni criminali negli
enti locali, nonché mirate ad assicurare la funzionalità del Ministero dell’interno;
Ritenuta, altresì, la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre strumenti finalizzati a migliorare
l’efficienza e la funzionalità dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei
beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, attraverso il rafforzamento della sua
organizzazione, nell’intento di potenziare le attività di contrasto alle organizzazioni criminali;
Visto il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante “Codice delle leggi antimafia e delle
misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma
degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”;
Vista la legge 17 ottobre 2017, n. 161, recante “Modifiche al Codice delle leggi antimafia e delle
misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle
norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre
disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate”;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del….;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell’interno, di concerto con
i Ministri per la pubblica amministrazione, degli affari esteri e della cooperazione internazionale,
della giustizia, dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico, del lavoro e delle
politiche sociali e per gli affari europei;

EMANAIl seguente decreto-legge

TITOLO I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RILASCIO DI SPECIALI PERMESSI DI SOGGIORNO
TEMPORANEI PER ESIGENZE DI CARATTERE UMANITARIO NONCHÉ IN MATERIA
DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE E DI IMMIGRAZIONE

Capo I
Disposizioni urgenti in materia di disciplina di casi speciali di permesso di soggiorno per motivi
umanitari e di contrasto all’immigrazione illegale
Art. 1
(Abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e disciplina di casi speciali di
permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario)
1. Al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 4-bis, al comma 2, terzo periodo, le parole “per richiesta di asilo, per protezione
sussidiaria, per motivi umanitari,” sono sostituite dalle seguenti: “per protezione sussidiaria,
per i motivi di cui all’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25,”;
b) all’articolo 5,
1) al comma 2-ter, al secondo periodo, le parole: “per motivi umanitari.” Sono sostituite dalle
seguenti: “per cure mediche nonché dei permessi di soggiorno di cui agli articoli 18, 18-
bis, 20-bis, 22, comma 12-quater e 42-bis e del permesso di soggiorno rilasciato ai sensi
dell’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;”;
2) il comma 6, è sostituito dal seguente: “Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno
possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi
esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili
in uno degli Stati contraenti.”;
3) al comma 8.2, lettera e), le parole “o per motivi umanitari” sono sostituite dalle seguenti:
“e nei casi di cui agli articoli 18, 18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater e del permesso di
soggiorno rilasciato ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio
2008, n. 25 e successive modificazioni” e dopo la lettera g) è aggiunta la seguente: “g-bis)
agli stranieri di cui all’articolo 42-bis.”;
c) all’articolo 9, comma 3, lettera b), le parole “o per motivi umanitari” sono sostituite dalle
seguenti: “, per cure mediche o sono titolari dei permessi di soggiorno di cui agli articoli 18, 18-bis,
20-bis, 22, comma 12-quater e 42-bis nonché del permesso di soggiorno rilasciato ai sensi
dell’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 e successive modificazioni;

d) all’articolo 10-bis, comma 6, le parole “di cui all’articolo 5, comma 6, del presente testo
unico,” sono sostituite dalle seguenti: “di cui all’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo
28 gennaio 2008, n. 25 nonché nelle ipotesi di cui agli articoli 18, 18-bis,20-bis, 22, comma
12-quater, 42-bis del presente testo unico e nelle ipotesi di cui all’articolo 10 della legge 7
aprile 2017, n. 47”;
e) all’articolo 18, comma 4, dopo le parole: “del presente articolo” sono aggiunte le seguenti:
“reca la dicitura casi speciali,”;
f) all’articolo 18-bis
1) al comma 1 le parole “ai sensi dell’articolo 5, comma 6,” sono soppresse;
2) dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:
“1.1. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo reca la dicitura“ casi
speciali”, ha la durata di un anno e consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio nonché
l’iscrizione nell’elenco anagrafico previsto dall’articolo 4 del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 7 luglio 2000, n. 442 o lo svolgimento di lavoro subordinato e autonomo,
fatti salvi i requisiti minimi di età. Alla scadenza, il permesso di soggiorno di cui al presente articolo
può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo, secondo
le modalità stabilite per tale permesso di soggiorno ovvero in permesso di soggiorno per motivi di
studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi.”;
g) All’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo la lettera d), è
inserita la seguente:
“d-bis) degli stranieri che versano in condizioni di salute di eccezionale gravità, accertate mediante
idonea documentazione, tali da determinare un irreparabile pregiudizio alla salute degli stessi, in
caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza. In tali ipotesi, il Questore rilascia un permesso
di soggiorno per cure mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, comunque non
superiore ad un anno, rinnovabile finché persistono le condizioni di salute di eccezionale gravità
debitamente certificate, valido solo nel territorio nazionale.”
h) dopo l’articolo 20, è inserito il seguente:
“Art. 20-bis
(Permesso di soggiorno per calamità)
1. Fermo quanto previsto dall’articolo 20, quando il Paese verso il quale lo straniero
dovrebbe fare ritorno versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che
non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza, il questore rilascia un
permesso di soggiorno per calamità.
2. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi,
è valido solo nel territorio nazionale e consente di svolgere attività lavorativa, ma non
può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro .”
i) all’articolo 22,
1) al comma 12-quater, le parole: “ai sensi dell’articolo 5, comma 6” sono soppresse;
2) dopo il comma 12-quinquies, è aggiunto il seguente:
“12-sexies. Il permesso di soggiorno di cui ai commi 12-quater e 12-quinquies reca la dicitura “casi
speciali”, consente lo svolgimento di attività lavorativa e può essere convertito, alla scadenza, in
permesso di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo.”,
l) all’articolo 27-ter, comma 1-bis, lettera a), le parole “o per motivi umanitari;” sono sostituite
dalle seguenti: “, per cure mediche ovvero sono titolari dei permessi di soggiorno di cui agli
articoli 18, 18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater e 42-bis nonché del permesso di soggiorno

rilasciato ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25; e
successive modificazioni”;
m) all’articolo 27-quater, comma 3, lettera a), le parole “o per motivi umanitari;” sono sostituite
dalle seguenti: “per cure mediche ovvero sono titolari dei permessi di soggiorno di cui agli
articoli 18, 18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater, 42-bis nonché del permesso di soggiorno
rilasciato ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;
e successive modificazioni”;
n) all’articolo 29, comma 10,
1) alla lettera b), le parole “di cui all’articolo20” sono sostituite dalle seguenti: “di cui agli articoli
20 e 20-bis”;
2) la lettera c) è abrogata;
o) all’articolo 34, comma 1, lettera b), le parole “per asilo politico, per asilo umanitario,” sono
sostituite dalle seguenti: “per asilo, per protezione sussidiaria,”;
p) all’articolo 39,
1) al comma 5, le parole “per motivi umanitari, o per motivi religiosi” sono sostituite dalle seguenti:
“ per motivi religiosi, per i motivi di cui agli articoli 18, 18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater e 42-
bis nonché ai titolari del permesso di soggiorno rilasciato ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del
decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25; e successive modificazioni”;
2) al comma 5-quinquies, lettera a), le parole “o per motivi umanitari” sono sostituite dalle seguenti:
“, per cure mediche ovvero sono titolari dei permessi di soggiorno di cui agli articoli 18, 18-bis, 20-
bis, 22, comma 12-quater, 42-bis nonché del permesso di soggiorno rilasciato ai sensi dell’articolo
32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25; e successive modificazioni;”
q) dopo l’articolo 42, è inserito il seguente:
“Articolo 42-bis
(Permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile)
1. Qualora lo straniero abbia compiuto atti di particolare valore civile, nei casi di cui
all’articolo 3, della legge 2 gennaio 1958, n. 13, il Ministro dell’interno, su proposta del
prefetto competente, autorizza il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno, salvo che
ricorrano motivi per ritenere che lo straniero risulti pericoloso per l’ordine pubblico e la
sicurezza dello Stato, ai sensi dell’articolo 5, comma 5-bis. In tali casi, il questore rilascia
un permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile della durata di due anni,
rinnovabile, che consente l’accesso allo studio nonché di svolgere attività lavorativa e
può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o
subordinato.”
2. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le seguenti modificazioni.
a) all’articolo 32, il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. Nei casi in cui non accolga la domanda di protezione internazionale e ricorrano i presupposti di
cui all’articolo 19, commi 1 e 1.1 del decreto legislativo 25 luglio 1998, 286, e successive
modificazioni, la Commissione territoriale trasmette gli atti al questore per il rilascio di un permesso
di soggiorno annuale che reca la dicitura “protezione speciale”, salvo che possa disporsi
l’allontanamento verso uno Stato che provvede ad accordare una protezione analoga. Il permesso di
soggiorno di cui al presente comma è rinnovabile, previo parere della Commissione territoriale, e
consente di svolgere attività lavorativa ma non può essere convertito in permesso di soggiorno per
motivi di lavoro.”;

b) all’articolo 35-bis, comma 1, dopo le parole: “articolo 35” sono aggiunte le seguenti: “, anche per
mancato riconoscimento dei presupposti per la protezione speciale a norma dell’articolo 32, comma
3,”
3.All’articolo 3, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge
13 aprile 2017, n. 46, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1,
1) alla lettera c) le parole “in materia di riconoscimento della protezione internazionale di cui
all’articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25” sono sostituite dalle seguenti: “aventi
ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dall’articolo 35 del decreto legislativo 28
gennaio 2008, n. 25, anche relative al mancato riconoscimento dei presupposti per la protezione
speciale a norma dell’articolo 32, comma 3, del medesimo decreto legislativo”;
2) la lettera d) è sostituita dalla seguente:
“d) per le controversie in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo e di revoca del permesso
di soggiorno per protezione speciale nei casi di cui all’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo
28 gennaio 2008, n. 25”
3) dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:
“d-bis) per le controversie in materia di rifiuto di rilascio, di diniego di rinnovo e di revoca dei
permessi di soggiorno di cui agli, 18, 18-bis, 19, comma 2, lettere d) e d-bis), 20-bis, 22, comma 12-
quater, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”;
b) il comma 4-bis, è sostituito dal seguente:
“4-bis. Le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dall’articolo 35
del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, anche relative al mancato riconoscimento dei
presupposti per la protezione speciale a norma dell’articolo 32, comma 3, del medesimo decreto
legislativo, e quelle aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’autorità
preposta alla determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di protezione
internazionale sono decise dal tribunale in composizione collegiale. Per la trattazione della
controversia è designato dal presidente della sezione specializzata un componente del collegio. Il
collegio decide in camera di consiglio sul merito della controversia quando ritiene che non sia
necessaria ulteriore istruzione.”.

4. Dopo l’articolo 19-bis del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 è aggiunto il seguente:
“Art. 19-ter
(Controversie in materia di diniego o di revoca dei permessi di soggiorno temporanei per
esigenze di carattere umanitario)

1. Le controversie di cui all’articolo 3, comma 1, lettere d) e d-bis), del decreto-legge 17
febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46, sono
regolate dal rito sommario di cognizione.

2. E’ competente il tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione,
protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea del luogo in
cui ha sede l’autorità che ha adottato il provvedimento impugnato.
3. Il tribunale giudica in composizione collegiale. Per la trattazione della controversia è
designato dal presidente della sezione specializzata un componente del collegio.
4. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del
provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero, e può essere
depositato anche a mezzo del servizio postale ovvero per il tramite di una rappresentanza
diplomatica o consolare italiana. In tal caso l’autenticazione della sottoscrizione e l’inoltro
alla autorità giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza e le
comunicazioni relative al procedimento sono effettuate presso la medesima rappresentanza.
La procura speciale al difensore è rilasciata altresì dinanzi alla autorità consolare.
5. Quando è presentata l’istanza di cui all’articolo 5, l’ordinanza è adottata entro 5 giorni.
6. L’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile. Il termine per proporre ricorso per
cassazione è di giorni trenta e decorre dalla comunicazione dell’ordinanza a cura della
cancelleria, da effettuarsi anche nei confronti della parte non costituita. La procura alle liti
per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità
del ricorso, in data successiva alla comunicazione dell’ordinanza impugnata; a tal fine il
difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima. In caso di rigetto,
la Corte di cassazione decide sull’impugnazione entro sei mesi dal deposito del ricorso.
7. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 14 e 15 dell’articolo 35-bis del decreto legislativo
28 gennaio 2008, n. 25.”
5. Al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 e successive modificazioni, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 11, comma 1, lettera c-ter è abrogata;
b) all’articolo 13, comma 1, le parole da “, salvo che ricorrano” fino alla fine del comma sono
soppresse
c) all’articolo 14, comma 1, lettera c), le parole “, per motivi umanitari” sono soppresse;
d) all’articolo 28, comma 1, la lettera d) è abrogata.
6. Al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 2015, n. 21, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all’articolo 6, il comma 2 è abrogato;
b) all’articolo 14, comma 4, le parole da “, ovvero se ritiene che sussistono” fino alla fine del
comma sono soppresse.
7. Fermo restando i casi di conversione, ai titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari già
riconosciuto ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, in
corso di validità alla data di entrata in vigore del presente decreto, è rilasciato, alla scadenza, un

permesso di soggiorno ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n.
25, come modificato dal presente decreto, previa valutazione della competente Commissione
territoriale sulla sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 19, commi 1 e 1.1, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni.
8. Nei procedimenti in corso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i quali la
Commissione territoriale non ha accolto la domanda di protezione internazionale e ha ritenuto
sussistenti gravi motivi di carattere umanitario allo straniero è rilasciato un permesso di soggiorno
recante la dicitura “casi speciali” ai sensi del presente comma, della durata di due anni, convertibile
in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato. Alla scadenza del permesso
di soggiorno di cui al presente comma, si applicano le disposizioni di cui al comma 7.

Art. 2
(Prolungamento della durata massima del trattenimento dello straniero nei Centri di permanenza
per il rimpatrio e disposizioni per la realizzazione dei medesimi Centri)

1. All’articolo 14, al comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al quinto periodo la parola “novanta” è sostituita dalla seguente: “centottanta”;
2) al sesto periodo la parola “novanta” è sostituita dalla seguente: “centottanta”.
2. Al fine di assicurare la tempestiva esecuzione dei lavori per la costruzione, il completamento,
l’adeguamento e la ristrutturazione dei centri di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286, per un periodo non superiore a tre anni a decorrere dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, e per lavori di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria, è
autorizzato il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara di cui
all’articolo 63 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Nel rispetto dei principi di trasparenza,
concorrenza e rotazione, l’invito contenente l’indicazione dei criteri di aggiudicazione è rivolto ad
almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei.

Art. 3
(Trattenimento per la determinazione o la verifica dell’identità e della cittadinanza dei richiedenti
asilo)

1. All’articolo 6, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 e successive modificazioni:
a) dopo il comma 3, è aggiunto il seguente:
3.bis. Salvo le ipotesi di cui ai commi 2 e 3, il richiedente può essere altresì trattenuto, per il tempo
strettamente necessario, e comunque non superiore a trenta giorni, in appositi locali presso le
strutture di cui all’articolo 10-ter, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e
successive modificazioni, per la determinazione o la verifica dell’identità o della cittadinanza. Ove
non sia stato possibile determinarne o verificarne l’identità o la cittadinanza, il richiedente può
essere trattenuto nei centri di cui all’art. 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, con le
modalità previste dal comma 5 del medesimo articolo 14, per un periodo massimo di centottanta
giorni.

b) al comma 7, le parole “2 e 3” sono sostituite dalle seguenti: “2, 3 e 3-bis, secondo periodo”;
c) al comma 9, le parole “2, 3 e 7” sono sostituite dalle seguenti: “2, 3, 3-bis e 7”.
2. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all’articolo 23-bis, comma 1, dopo le parole “alla misura del trattenimento” sono inserite le
seguenti “nelle strutture di cui all’art. 10-ter del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 ovvero”;
b) all’art. 28, comma 1, lettera c), dopo le parole “è stato disposto il trattenimento” sono
inserite le seguenti “nelle strutture di cui all’art. 10-ter del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
ovvero”;
c) all’articolo 35-bis, comma 3, lettera a), le parole da “provvedimento di trattenimento” fino alla
fine sono sostituite dalle seguenti: “provvedimento di trattenimento nelle strutture di cui all’art. 10-ter
del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 ovvero nei centri di cui all’art. 14 del medesimo decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 ”;

Art. 4
(Disposizioni in materia di modalità di esecuzione dell’espulsione)

1. All’articolo 13, comma 5 bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo le parole “centri
disponibili” sono aggiunti i seguenti periodi:
“, ovvero salvo nel caso in cui non vi sia disponibilità di posti nei Centri di cui all’articolo 14 o in
quelli ubicati nel circondario del Tribunale competente. In tale ultima ipotesi il giudice di pace, su
richiesta del Questore, con il decreto di fissazione dell’udienza di convalida, può autorizzare la
temporanea permanenza dello straniero, sino alla definizione del procedimento di convalida in
strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza. Qualora le
condizioni di cui al periodo precedente permangono anche dopo l’udienza di convalida, il giudice
può autorizzare la permanenza, in locali idonei presso l’ufficio di frontiera interessato, sino
all’esecuzione dell’effettivo allontanamento e comunque non oltre le quarantotto ore successive
all’udienza di convalida.”

Art. 5
(Disposizioni in materia di divieto di reingresso)

1.All’articolo 13, comma 14-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 25 e successive
modificazioni, le parole “di cui alla Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, resa
esecutiva con legge 30 settembre 1993, n. 388.” sono sostituite dalle seguenti: “di cui al Regolamento
(CE) n. 1987/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 e comporta il
divieto di ingresso e soggiorno nel territorio degli Stati membri della Unione europea, nonché degli
Stati non membri cui si applica l’acquis di Schengen.”

Art. 6
(Disposizioni in materia di rimpatri)

1. All’art.1, comma 1122, della legge 27 dicembre 2017, n.205, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
9
“lett. b) Al fine di potenziare le misure di rimpatrio, il Fondo di cui all’articolo 14-bis, comma 1, del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni, è incrementato di euro 500.000
per il 2018, di euro 1.500.000 per il 2019 e di euro 1.500.000 per il 2020.

Capo II
Disposizioni in materia di protezione internazionale

Art. 7
(Disposizioni in materia di diniego e revoca della protezione internazionale)

1. Al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 e successive modificazioni, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all’articolo 12, al comma 1, lettera c), le parole “del codice di procedura penale” sono
sostituite dalle seguenti: “del codice di procedura penale ovvero dagli articoli 336, 583, 583-
bis, 583-quater, 624 nell’ ipotesi aggravata di cui all’articolo 625, comma 1, numero 3), e
624-bis, comma 1, nell’ ipotesi aggravata di cui all’articolo 625, comma 1, numero 3), del
codice penale. I reati di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 2) 6) e 7-bis) sono
rilevanti anche nelle fattispecie non aggravate.”;
b) all’articolo 16, al comma 1, lettera d-bis) le parole “del codice di procedura penale” sono
sostituite dalle seguenti: “del codice di procedura penale ovvero dagli articoli 336, 583, 583-
bis, 583-quater, 624 nell’ ipotesi aggravata di cui all’articolo 625, comma 1, numero 3), e
624-bis, comma 1, nell’ ipotesi aggravata di cui all’articolo 625, comma 1, numero 3), del
codice penale. I reati di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 2), 6) e 7-bis) sono
rilevanti anche nelle fattispecie non aggravate.”.

Art. 8
(Disposizioni in materia di cessazione della protezione internazionale)

1. All’articolo 9, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 e successive modificazioni, dopo
il comma 2-bis, è aggiunto il seguente:
“2-ter. Per l’applicazione della lettera d) è rilevante ogni rientro nel Paese di origine, salva la
valutazione del caso concreto.”.
2. All’articolo 15, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 e successive modificazioni, dopo
il comma 2-bis, è aggiunto il seguente:
“2-ter. Ai fini di cui al comma 2, è rilevante ogni rientro nel Paese di origine, salva la valutazione
del caso concreto.”

Art. 9
(Disposizioni in materia di domanda reiterata e di domanda presentata alla frontiera)

1. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 7 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, il comma 2 è sostituito dal
seguente:
“2. La previsione di cui al comma 1 non si applica a coloro che:

a) debbono essere estradati verso un altro Stato in virtù degli obblighi previsti da un mandato
di arresto europeo;
b) debbono essere consegnati ad una Corte o ad un Tribunale penale internazionale;
c) debbano essere avviati verso un altro Stato dell’Unione competente per l’esame dell’istanza
di protezione internazionale;
d) hanno presentato una prima domanda reiterata al solo scopo di ritardare o impedire
l’esecuzione di una decisione che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal
territorio nazionale;
e) manifestano la volontà di presentare un’altra domanda reiterata a seguito di una decisione
definitiva che considera inammissibile una prima domanda reiterata ai sensi dell’articolo
29, comma 1, o dopo una decisione definitiva che respinge la prima domanda reiterata ai
sensi dell’articolo 32, comma 1, lett. b) e b-bis).”;
b) all’articolo 28- bis
1) dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:
“1-bis. Nel caso previsto dall’articolo 29,comma 1, lettera b), la questura provvede senza ritardo
alla trasmissione della documentazione necessaria alla Commissione territoriale che adotta la
decisione entro cinque giorni.”;
1-ter. La procedura di cui al comma 1 si applica anche nel caso in cui il richiedente presenti la
domanda di protezione internazionale direttamente alla frontiera o nelle zone di transito di cui al
comma 1-quater, dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i relativi controlli.
In tali casi la procedura può essere svolta direttamente alla frontiera o nelle zone di transito .”
1-quater. Ai fini di cui al comma 1-ter, le zone di frontiera o di transito sono individuate con decreto
del Ministro dell’interno. Con il medesimo decreto possono essere istituite fino a cinque ulteriori
sezioni delle Commissioni territoriali di cui all’articolo 4, comma 2, per l’esame delle domande di
cui al medesimo comma 1-ter.;
2) al comma 2, la lettera b) è abrogata;
3) al comma 2, lettera c, le parole “ dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di
eludere i controlli di frontiera ovvero “ sono soppresse.
c) all’articolo 29, comma 1-bis, l’ultimo periodo è abrogato;
d) dopo l’articolo 29 è aggiunto il seguente:

“Art. 29-bis
(Domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento)

1. Nel caso in cui lo straniero abbia presentato una prima domanda reiterata nella fase di
esecuzione di un provvedimento che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio
nazionale, la domanda è considerata inammissibile in quanto presentata al solo scopo di ritardare o
impedire l’esecuzione del provvedimento stesso. In tale caso non si procede all’esame della domanda
ai sensi dell’articolo 29.”.
e) all’articolo 35-bis,
1) al comma 3, lettera d) le parole “di cui all’art. 28-bis, comma 2,” sono sostituite dalle seguenti “di
cui all’art. 28-bis, commi 1-ter e 2,”;
2) al comma 5 sono soppresse le seguenti parole: “, per la seconda volta,”.

Art. 10
(Sospensione del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale)

1.All’articolo 32, comma 1, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, dopo la lettera b-bis) è
aggiunta la seguente :
“b-ter). nel caso in cui il richiedente è sottoposto a procedimento penale per uno dei reati di cui agli
articoli 12, comma 1, lett. c) e 16, comma 1, lett. d-bis) del decreto legislativo 19 novembre 2007, n.
251, e successive modificazioni, la Commissione territoriale sospende l’esame della domanda ed il
richiedente ha l’obbligo di lasciare il territorio nazionale. A tal fine si provvede ai sensi dell’articolo
13, commi 3, 4 e 5 , del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni. In caso
di sentenza definitiva di condanna per i reati di cui al presente comma, la Commissione territoriale
adotta la decisione di cui alla lettera b). Il richiedente può chiedere la riapertura del procedimento
sospeso entro dodici mesi dalla sentenza definitiva di assoluzione dai reati di cui al presente comma
. Trascorso tale termine la Commissione territoriale dichiara l’estinzione del procedimento.”

Art. 11
(Istituzione di sezioni della Unità Dublino)

1. All’art. 3, al comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, le parole: “del Ministero
dell’interno” sono sostituite dalle seguenti: “del Ministero dell’interno e le sue articolazioni
territoriali operanti presso le prefetture individuate, fino ad un numero massimo di tre, con decreto
del Ministro dell’interno, che provvedono nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente. ”.
2. All’art. 4 del decreto legge 17 febbraio 2017, n.13 convertito, con modificazioni, dalla legge 13
aprile 2017, n.46, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
“2-bis. Per l’assegnazione delle controversie di cui all’art.3 comma 3-bis del decreto legislativo
28 gennaio 2008 , n.25, e successive modificazioni, l’autorità di cui al comma 1 è costituita
dall’articolazione dell’Unità Dublino operante presso il Dipartimento per le libertà civili e
l’immigrazione del Ministero dell’interno nonché presso le prefetture-uffici territoriali del Governo
che ha adottato il provvedimento impugnato.”.

Art. 12
(Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti asilo)

1. All’articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni,
dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 e successive modificazioni sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 1, le parole: “dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri destinatari
di altre forme di protezione umanitaria” sono sostituite dalle seguenti: “dei titolari di protezione
internazionale e dei minori stranieri non accompagnati”;
b) al comma 4, le parole da “del richiedente asilo” fino a “di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286,” sono sostituite dalle seguenti: “dei titolari di protezione internazionale e dei minori stranieri
non accompagnati”,
c) al comma 5, alla lettera a), le parole “, dei rifugiati e degli stranieri con permesso umanitario”
sono sostituite dalle seguenti: “e dei titolari di protezione internazionale e dei minori stranieri non
accompagnati”.
conseguentemente, la rubrica è sostituita dalla seguente: “ Art. 1-sexies. Sistema di protezione per
titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati”
2. Al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 5,
1) al comma 2, le parole: “agli articoli 6, 9, 11 e 14” sono sostituite dalle seguenti: “agli articoli 6, 9
e 11”;
2) al comma 5, le parole: “agli articoli 6, 9 e 14” sono sostituite dalle seguenti: “agli articoli 6 e 9”;
b) all’articolo 8, al comma 1, le parole “di cui all’articolo 16,” fino alla fine del comma sono sostituite
dalle seguenti: “di cui all’articolo 16.”;
c) all’articolo 9, il comma 5 è abrogato;
d) all’articolo 11,
1) al comma 1, le parole “delle strutture di cui agli articoli 9 e 14,” sono sostituite dalle seguenti:
“dei centri di cui all’articolo 9,”
2) al comma 3, le parole: “nelle strutture di cui all’articolo 9” fino alla fine del comma sono sostituite
dalle seguenti: “nei centri di cui all’articolo 9”;
e) all’articolo 12, al comma 3, le parole “strutture di cui agli articoli 9, 11 e 14.” Sono sostituite dalle
seguenti: “strutture di cui agli articoli 9 e 11.”
f) all’articolo 14,
1) al comma 1, le parole da “Sistema di protezione” fino alla fine del comma, sono sostituite dalle
seguenti: “presente decreto”
2) il comma 2 è abrogato;
3) al comma 3 è premesso il seguente periodo: “Al fine di accedere alle misure di accoglienza di cui
al presente decreto, il richiedente, al momento della presentazione della domanda, dichiara di essere
privo di mezzi sufficienti di sussistenza.”
4) al comma 4, secondo periodo, le parole “ai sensi del comma 1” sono soppresse;
conseguentemente la rubrica dell’articolo 14 è sostituita dalla seguente: “Art.14. Modalità di accesso
al sistema di accoglienza”;
g)all’articolo 15
1) i commi 1 e 2 sono abrogati;
conseguentemente la rubrica dell’articolo 15 è sostituita dalla seguente: “Art.15. Individuazione della
struttura di accoglienza”;
h) all’articolo 17,
1) il comma 4 è abrogato;
2) al comma 6, le parole “ai sensi dei commi 3 e 4” sono sostituiti dalle seguenti: “ai sensi del comma
3”;
i) all’articolo 20,
1) al comma 1, le parole da “Ferme restando” fino a “il Dipartimento per le libertà civili” sono
sostituite dalle seguenti: “Il Dipartimento per le libertà civili”;
2) al comma 2, le parole: “e agli articoli 12 e 14, comma 2,” sono sostituite dalle seguenti: “e
all’articolo 12,”
l) all’articolo 22, il comma 3 è abrogato;
m) all’articolo 22-bis, al comma 3, il secondo periodo è soppresso;
n) all’articolo23,
1) al comma 1, le parole “di cui all’articolo 14” sono sostituite dalle seguenti: “di cui agli articoli 9
e 11”;
2) al comma 7, le parole “di cui agli articoli 9, 11 e 14” sono sostituite dalle seguenti: “di cui agli
articolo 9 e 11”
3. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all’articolo 4, comma 5, secondo periodo, le parole “governativa o in una struttura del sistema di
protezione di cui all’articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39,” sono soppresse;
b) all’articolo 13, comma 2 le parole “di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n.
140,” sono sostituite dalle seguenti: “di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n.
142,”
4. Le definizioni di “Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati” ovvero di “Sistema di
protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnati” di cui all’articolo 1-
sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28
febbraio 1990, n. 39 e successive modificazioni, ovunque presenti, in disposizioni di legge o di
regolamento, si intendono sostituite dalla seguente: “Sistema di protezione per titolari di protezione
internazionale e minori stranieri non accompagnati” di cui all’articolo 1-sexies del decreto-legge 30
dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 e successive
modificazioni.
5 I richiedenti asilo presenti nel Sistema di protezione di cui all’articolo 1-sexies del decreto-legge 30
dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 e successive
modificazioni, alla data di entrata in vigore del presente decreto, rimangono in accoglienza fino alla
scadenza del progetto in corso, già finanziato.
6. I titolari di protezione umanitaria presenti nel Sistema di protezione di cui all’articolo 1-sexies del
decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990,
n. 39 e successive modificazioni, alla data di entrata in vigore del presente decreto, rimangono in
accoglienza fino alla scadenza del periodo temporale previsto dalle disposizioni di attuazione sul
funzionamento del medesimo Sistema di protezione e comunque non oltre la scadenza del progetto
di accoglienza.

Art. 13
(Disposizioni in materia di iscrizione anagrafica)

1. Al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 4,
1) al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Il permesso di soggiorno costituisce
documento di riconoscimento ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”;
2) dopo il comma 1, è inserito il seguente:
“1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica
ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 e dell’art. 6, comma 7,
del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”;
14
b) all’articolo 5,
1) il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. L’accesso ai servizi previsti dal presente decreto e a quelli comunque erogati sul territorio
ai sensi delle norme vigenti è assicurato nel luogo di domicilio individuato ai sensi dei commi 1 e
2.”;
2) al comma 4, le parole “un luogo di residenza” sono sostituite dalle seguenti: “un luogo di
domicilio”;
c) l’articolo 5-bis è abrogato.

Capo III
Disposizioni in materia di cittadinanza
Art. 14
(Disposizioni in materia di acquisizione e revoca della cittadinanza)

1. Alla legge 5 febbraio 1992, n.91, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 8, il comma 2 è abrogato;
b) all’art. 9-bis, comma 2, le parole “di importo pari a 200” sono sostituite dalle seguenti “di
importo pari a 250”;
c) dopo l’articolo 9-bis è aggiunto il seguente:
“Art.9- ter.
1.Il termine di definizione dei procedimenti di cui agli artt. 5 e 9 è di quarantotto mesi dalla
data di presentazione della domanda.
2.Il termine di cui al comma 1 si applica altresì ai procedimenti di riconoscimento della
cittadinanza avviati dall’autorità diplomatica o consolare o dall’Ufficiale di stato civile a
seguito di istanze fondate su fatti occorsi prima del 1 gennaio 1948.”;
d) dopo l’articolo 10 è aggiunto il seguente:
“Art. 10-bis
1. La cittadinanza italiana acquisita ai sensi degli articoli 4, comma 2, 5 e 9, è revocata in caso di
condanna definitiva per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), n. 4), del codice di
procedura penale, nonché per i reati di cui agli articoli 270-ter e 270-quinquies.2, del codice penale.
La revoca della cittadinanza è adottata, entro tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza di
condanna per i reati di cui al primo periodo, con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro dell’interno.
2.Le disposizioni di cui al comma 1, lettera c) si applicano ai procedimenti di conferimento della
cittadinanza in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. All’articolo 1, comma 1, della legge 12 gennaio 1991, n. 13, la lettera aa) è sostituita dalla
seguente: “aa) concessione e revoca della cittadinanza italiana;”.

Capo IV
Disposizioni in materia di giustizia
Art.15
(Disposizioni in materia di giustizia)

1. Al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è
apportata la seguente modificazione:
nel capo V del titolo IV della parte III, dopo l’articolo 130, è aggiunto il seguente:
“Art. 130-bis (L)
(Esclusione dalla liquidazione dei compensi al difensore e al consulente tecnico di parte nei processi
civili).
1. Nel processo civile, quando l’impugnazione, anche incidentale, è dichiarata inammissibile, al
difensore non è liquidato alcun compenso.
2.Non possono essere altresì liquidate le spese sostenute per le consulenze tecniche di parte che,
all’atto del conferimento dell’incarico, apparivano irrilevanti o superflue ai fini della prova».

Capo V
(Disposizioni finanziarie)
Art. 16
(Disposizioni finanziarie)

1. Agli oneri derivanti dall’articolo 4, pari a euro 1.500.000,00.per l’anno 2019 si provvede a valere
sulle risorse del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI), cofinanziato dall’Unione europea
per il periodo di programmazione 2014/2020.
2.Agli oneri derivanti dall’articolo 9, comma 1, lettera b), pari a euro 458.125,00 per l’anno 2018 e a
euro 1.832.500,00 a decorrere dall’anno 2019, si provvede a decorrere dal 2018 mediante
corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate di cui all’articolo 18, comma 1, lett. a) della legge
23 febbraio 1999, n. 44, affluita al bilancio delle entrate dello Stato che restano acquisite all’erario.
3. Le restanti disposizioni del provvedimento non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono alle relative attività con le risorse umane
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

TITOLO II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SICUREZZA PUBBLICA, PREVENZIONE E
CONTRASTO AL TERRORISMO E ALLA CRIMINALITA’ MAFIOSA

Capo I
Disposizioni in materia di sicurezza pubblica e di prevenzione del terrorismo
Art. 17
(Controllo, anche attraverso dispositivi elettronici, dell’ottemperanza al provvedimento di
allontanamento dalla casa familiare)

1. All’articolo 282-bis, comma 6, del codice di procedura penale, dopo le parole “571,” è aggiunta
la seguente: “572,” e dopo le parole: “612, secondo comma,” è aggiunta la seguente: “612-bis,”.
Art. 18
(Disposizioni in materia di esecuzione delle pene)
1. Al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 24, comma 1, le parole “per quanti abbiano già compiuto il ventunesimo
anno,” sono soppresse e dopo le parole: “finalità rieducative” sono aggiunte le seguenti: “ovvero
quando le predette finalità non risultano in alcun modo perseguibili a causa della mancata
adesione al trattamento in atto”;
b) dopo l’articolo 24 è inserito il seguente:
“Articolo 24-bis
(Estensione dell’ambito di esecuzione delle pene secondo le norme e con le modalità previste per
i minorenni).
1. Quando nel corso dell’esecuzione di una condanna per reati commessi da minorenne
sopravviene un titolo di esecuzione di altra pena detentiva per reati commessi da maggiorenne, il
pubblico ministero emette l’ordine di esecuzione, lo sospende secondo quanto previsto
dall’articolo 656 del codice di procedura penale e trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza
per i minorenni. Se questi ritiene che vi siano le condizioni per la prosecuzione dell’esecuzione
secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni, tenuto conto del percorso educativo
in atto e della gravità dei fatti oggetto di cumulo, ne dispone con ordinanza l’estensione al nuovo
titolo, altrimenti dispone la cessazione della sospensione e restituisce gli atti al pubblico ministero
per l’ulteriore corso dell’esecuzione. Si tiene altresì conto delle ragioni di cui all’articolo 24.
2. Avverso la decisione del magistrato di sorveglianza è ammesso reclamo ai sensi dell’articolo
69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni. Si applica, in quanto
compatibile, l’articolo 98 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230.
3. La disposizione di cui al comma 1 non opera se il condannato si trova in custodia cautelare o
abbia fatto ingresso in un istituto per adulti in espiazione di pena, per reati commessi dopo il
compimento del diciottesimo anno di età.
4. L’esecuzione della pena nei confronti di chi ha commesso il reato da minorenne è affidata al
personale dei servizi minorili dell’amministrazione della giustizia.
5. Quando l’ordine di esecuzione per il reato commesso da maggiorenne non può essere sospeso,
il magistrato di sorveglianza per i minorenni trasmette gli atti al pubblico ministero che ha emesso
l’ordine per l’ulteriore corso dell’esecuzione secondo le norme e con le modalità previste per i
maggiorenni.”.

Art. 19
(Prescrizioni in materia di contratto di noleggio di autoveicoli per finalità di prevenzione del
terrorismo)

1. Per le finalità di prevenzione del terrorismo, gli esercenti di cui all’articolo l del decreto del
Presidente della Repubblica 19 dicembre 2001, n. 481, comunicano, per il successivo raffronto
effettuato dal Centro elaborazione dati, di cui all’articolo 8 della legge 1 aprile 1981, n. 121, i dati
identificativi riportati nel documento di identità esibito dal soggetto che richiede il noleggio di un
autoveicolo, di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive
modificazioni. La comunicazione è effettuata contestualmente alla stipula del contratto di noleggio e
comunque con un congruo anticipo rispetto al momento della consegna del veicolo.
2. Il predetto Centro elaborazione dati procede al raffronto automatico dei dati comunicati ai
sensi del comma 1 con quelli in esso conservati, concernenti provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria
o dell’Autorità di pubblica sicurezza, ovvero segnalazioni inserite, a norma delle vigenti leggi, dalle
Forze di polizia, per finalità di prevenzione e repressione del terrorismo. Nel caso in cui dal raffronto
emergano situazioni potenzialmente rilevanti per le finalità di cui al comma l, il Centro elaborazione
dati provvede ad inviare una segnalazione di allerta all’ufficio o comando delle Forze di polizia per
le conseguenti iniziative di controllo, anche ai fini di cui all’articolo 4, primo comma, del Testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
3. I dati comunicati ai sensi del comma 1 sono conservati per un periodo di tempo non superiore
a sette giorni. Con decreto del Ministro dell’interno di natura non regolamentare, da adottarsi entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità tecniche dei
collegamenti attraverso i quali sono effettuate le comunicazioni previste dal comma l, nonché di
conservazione dei dati. Il predetto decreto è adottato, sentito il Garante per la protezione dei dati
personali, il quale esprime il proprio parere entro quarantacinque giorni dalla richiesta, decorsi i quali
il decreto può essere comunque emanato.
4. Il Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza provvede all’attuazione delle
disposizioni del presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente.
Art. 20
(Disposizioni in materia di accesso al CED interforze da parte del personale della polizia
municipale)
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 16-quater del decreto-legge 18 gennaio 1993, n.8,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, il personale dei Corpi e servizi di
polizia municipale dei Comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti, addetto ai servizi
di polizia stradale, in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, quando procede al
controllo ed all’identificazione delle persone, accede, in deroga a quanto previsto dall’articolo 9
della legge 1° aprile 1981, n. 121, al Centro elaborazione dati di cui all’articolo 8 della medesima
legge al fine di verificare eventuali provvedimenti di ricerca o di rintraccio esistenti nei confronti
delle persone controllate.
2. Con decreto del Ministro dell’interno, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie
locali, nonché il Garante per la protezione dei dati personali, sono definiti le modalità di
collegamento al Centro elaborazione dati e i relativi standard di sicurezza, nonché il numero degli

operatori di polizia municipale che ciascun Comune può abilitare alla consultazione dei dati
previsti dal comma 1.
3. Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo, valutati in euro 150.000 per l’anno 2018,
si provvede a valere sulle risorse indicate all’articolo 41.

Art. 21
(Sperimentazione di armi ad impulsi elettrici da parte delle Polizie municipali)

1. Previa adozione di un apposito regolamento comunale, emanato in conformità alle linee generali
adottate in materia di formazione del personale e di tutela della salute, con accordo sancito in sede
di Conferenza Unificata, i Comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti possono dotare
di armi comuni ad impulso elettrico, quale dotazione di reparto, in via sperimentale, per il periodo
di sei mesi, due unità di personale, munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza,
individuato fra gli appartenenti ai dipendenti Corpi e Servizi di polizia municipale.
2. Con il regolamento di cui al comma 1, i Comuni definiscono, nel rispetto dei principi di
precauzione e di salvaguardia dell’incolumità pubblica, le modalità della sperimentazione che deve
essere effettuata previo un periodo di adeguato addestramento del personale interessato nonché
d’intesa con le aziende sanitarie locali competenti per territorio, realizzando altresì forme di
coordinamento tra queste ed i Corpi e Servizi di polizia municipale.
3. Al termine del periodo di sperimentazione, i Comuni, con proprio regolamento, possono deliberare
di assegnare in dotazione effettiva di reparto l’arma comune ad impulsi elettrici positivamente
sperimentata. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni del regolamento di cui al decreto
del Ministro dell’interno 4 marzo 1987, n. 145, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 2,
comma 2.
4. I Comuni e le Regioni provvedono, rispettivamente, agli oneri derivanti dalla sperimentazione di
cui al presente articolo e alla formazione del personale delle polizie municipali interessato, nei
limiti delle risorse disponibili nei propri bilanci.
5. All’articolo 8, comma 1-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2014, n.146, le parole: “pistola elettrica Taser” sono
sostituite dalle seguenti: “arma comune ad impulsi elettrici”.
Art.22
(Estensione dell’ambito di applicazione del DASPO per le manifestazioni sportive)
1. All’articolo 6, comma 1, della legge 3 dicembre 1989, n. 401, dopo il primo periodo è aggiunto
il seguente: “Il divieto di cui al presente comma può essere adottato anche nei confronti dei soggetti
di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.”.
Art. 23
(Estensione dell’ambito di applicazione del DASPO urbano)
1. All’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni,
dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo le parole “su cui insistono” sono aggiunte le seguenti: “presidi sanitari,”;
b) dopo le parole “flussi turistici,” sono aggiunte le seguenti: “aree destinate allo
svolgimento di fiere, mercati, pubblici spettacoli, ”.

Art. 24
(Potenziamento di apparati tecnico-logistici del Ministero dell’interno)

1. Al fine di corrispondere alle contingenti e straordinarie esigenze connesse all’espletamento
dei compiti istituzionali della Polizia di Stato e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, per
l’acquisto e il potenziamento dei sistemi informativi per il contrasto del terrorismo internazionale, ivi
compreso il rafforzamento dei nuclei “Nucleare-Batteriologico-Chimico-Radiologico” (NBCR) del
suddetto Corpo, nonché per il finanziamento di interventi diversi di manutenzione straordinaria e
adattamento di strutture ed impianti, è autorizzata in favore del Ministero dell’Interno la spesa
complessiva di euro 15.000.000. per l’anno 2018 e di euro 49.150.000 per ciascuno degli anni dal
2019 al 2025, da destinare:
a) quanto a euro 10.500.000 per l’anno 2018 e ad euro 36.650.000 per ciascuno degli anni dal
2019 al 2025, alla Polizia di Stato;
b) quanto a euro 4.500.000 per l’anno 2018 e ad euro 12.500.000 per ciascuno degli anni dal
2019 al 2025, al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
2. Agli oneri di cui al comma 1 si provvede ai sensi dell’articolo 41.

Art. 25
(Disposizioni in materia di blocco stradale)

1. Al decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 1, comma 1, le parole “in una strada ferrata” sono sostituite dalle seguenti:
“in una strada ordinaria o ferrata o comunque ostruisce o ingombra una strada ordinaria o
ferrata, ”;
b) l’articolo 1-bis è abrogato.
2. All’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo le parole “e degli
articoli 473 e 474 del codice penale” sono aggiunte le seguenti: “, nonché dall’articolo 1 del
decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66.”.

Capo II
Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto alla criminalità mafiosa
Art. 26
(Modifiche al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. Al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 10, dopo il comma 2-ter è inserito il seguente: “2-quater. In caso di
conferma del decreto impugnato, la corte di appello pone a carico della parte privata che ha
proposto l’impugnazione il pagamento delle spese processuali.”;
b) all’articolo 17, al comma 3-bis sono apportate le seguenti modificazioni:
1) alla lettera c) dopo la parola “comunicazione” è aggiunta la parola: “sintetica” e le
parole “La mancata comunicazione comporta l’inammissibilità della proposta” sono sostituite
20
dalle seguenti: “Il procuratore nei dieci giorni successivi comunica all’autorità proponente
l’eventuale sussistenza di pregiudizi per le indagini preliminari in corso. In tali casi, il
procuratore concorda con l’autorità proponente modalità per la presentazione congiunta della
proposta.”;
2) la lettera d) è soppressa.
c) all’articolo 19, comma 4, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) il secondo periodo è sostituito dal seguente: “Possono altresì accedere, senza maggiori oneri, alle
informazioni comunicate, ai sensi dell’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, e dell’articolo 11, commi da 2 a 4, del decreto-legge 6
dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e
archiviate nell’apposita sezione dell’Anagrafe Tributaria. Il relativo accesso è disciplinato da
apposite convenzioni, da stipularsi tra i Ministeri competenti e l’Agenzia delle entrate, sentito il
Garante per la protezione dei dati personali.”;
2) all’ultimo periodo, dopo le parole: “sequestro della documentazione” sono inserite le seguenti: “di
cui al primo periodo”.
d) all’articolo 67, al comma 8, dopo le parole: “comma 3-bis, del codice di procedura
penale” sono aggiunte le seguenti: “nonché per i reati di cui all’articolo 640, comma 2, n. 1)
del codice penale, commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico, e all’articolo 640-
bis del codice penale”.
2 All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente.
Art. 27
(Sanzioni in materia di subappalti illeciti)
1. All’articolo 21, comma 1, della legge 13 settembre 1982, n. 646, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al primo periodo, le parole “l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda” sono sostituite
dalle seguenti: “la reclusione da uno a cinque anni e con la multa”;
b) al secondo periodo, le parole “l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda” sono
sostituite dalle seguenti: “la reclusione da uno a cinque anni e con la multa.”.
Art. 28
(Monitoraggio dei cantieri)
1. All’articolo 99, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, dopo le parole “provinciale
del lavoro” sono aggiunte le seguenti: “nonché al prefetto”.
Art. 29
(Disposizioni per migliorare la circolarità informativa)
1. All’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, dopo il primo
periodo è aggiunto il seguente: “I predetti risultati e informazioni possono essere richiesti, altresì,
21
dai soggetti menzionati nell’articolo 17, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre. 2011, n.
159, qualora necessari per proporre l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale.”.
2. L’articolo 160 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, è sostituito dal seguente:
“Articolo 160
Per le finalità di prevenzione generale di reati e per l’esercizio del potere di proposta di cui
all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le cancellerie dei tribunali
e delle corti di appello hanno l’obbligo di trasmettere ogni quindici giorni, anche per via telematica,
il dispositivo delle sentenze di condanne irrevocabili a pene detentive al questore della provincia in
cui il condannato ha la residenza o l’ultima dimora e al direttore della Direzione investigativa
antimafia. Analogo obbligo sussiste per le cancellerie presso la sezione misure di prevenzione e
presso l’ufficio G.I.P. del tribunale in relazione alla comunicazione di copia dei provvedimenti
ablativi o restrittivi, emessi nell’ambito della rispettive attribuzioni, alle questure competenti per
territorio e alla Direzione investigativa antimafia.”.
3. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente.
Art. 30
(Modifiche all’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267)
1. All’articolo 143 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267:
a) dopo il comma 7 è inserito il seguente:
“7-bis. Nell’ipotesi di cui al comma 7, qualora dalla relazione del prefetto emergano, riguardo ad
uno o più settori amministrativi, situazioni anomale o comunque sintomatiche di condotte illecite o
di eventi criminali tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon
andamento e l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare
funzionamento dei servizi ad esse affidati, il prefetto, sulla base delle risultanze dell’accesso, al fine
di far cessare le anomalie o illegalità riscontrate e di ricondurre alla normalità l’attività
amministrativa dell’ente, individua i prioritari interventi di risanamento indicando gli atti da
assumere, con la fissazione di un termine per l’adozione degli stessi, e fornisce ogni utile supporto
tecnico-amministrativo a mezzo dei propri uffici.
Decorso inutilmente il termine fissato, il prefetto assegna all’ente un ulteriore termine, non superiore
a 20 giorni, per la loro adozione, scaduto il quale si sostituisce, mediante commissario ad acta,
all’amministrazione inadempiente.”.
Art. 31
(Modifiche in materia di attività svolte negli enti locali dal personale sovraordinato ai sensi dell’art.
145 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267)
1. Le risorse di cui all’articolo 1, comma 706, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, possono
essere incrementate, nel rispetto dell’invarianza dei saldi di finanza pubblica, fino ad un
massimo di euro 5.000.000 annui a decorrere dal 2018, mediante utilizzo delle risorse che si
rendono disponibili nel corso dell’anno, relative alle assegnazioni a qualunque titolo spettanti
agli enti locali, corrisposte annualmente dal Ministero dell’interno.
22
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’interno, è autorizzato
ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni compensative di bilancio.
Art. 32
(Modifiche all’articolo 633 del Codice penale)
1. All’articolo 633 del Codice penale, dopo il secondo comma è inserito il seguente: “Nelle ipotesi
di cui al secondo comma, si applica la pena della reclusione fino a quattro anni congiuntamente
alla multa da 206 a 2.064 euro, nei confronti dei promotori e organizzatori dell’invasione, nonché
di coloro che hanno compiuto il fatto armati.”.
Art. 33
(Modifiche all’articolo 266 del Codice di procedura penale)
1. All’articolo 266, comma 1, lettera f-ter) del Codice di procedura penale, le parole “516 e 517-
quater del codice penale;” sono sostituite dalle seguenti: “516, 517-quater e 633, terzo comma del
codice penale;”.
2. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente.
TITOLO III
Disposizioni per la funzionalità del Ministero dell’interno nonché sull’organizzazione e il
funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e
confiscati alla criminalità organizzata
Capo I
Disposizioni per la funzionalità del Ministero dell’interno
Art. 34
(Disposizioni per la riorganizzazione dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno)
1. Nell’ambito dei processi di riduzione organizzativa e al fine di garantire gli obiettivi
complessivi di economicità e di revisione della spesa previsti dalla legislazione vigente, il Ministero
dell’interno applica la riduzione percentuale del 20 per cento prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera
a), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,
n. 135, nella misura pari a ventinove posti di livello dirigenziale generale, attraverso:
a) la riduzione di otto posti di livello dirigenziale generale assegnati ai prefetti nell’ambito degli Uffici
centrali del Ministero dell’interno di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001,
n. 398, e successive modificazioni, con conseguente rideterminazione della dotazione organica dei
prefetti di cui alla Tabella 1 allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 maggio
2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 settembre 2015, n. 217;
b) la soppressione di ventuno posti di prefetto collocati a disposizione per specifiche esigenze in base
alla normativa vigente, secondo le modifiche di seguito indicate:
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1) all’articolo 237 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, il terzo
comma è sostituito dal seguente: “I prefetti a disposizione non possono eccedere il numero di due
oltre quelli dei posti del ruolo organico”;
2) all’articolo 3-bis, comma 1, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, sostituire le parole: “del 15 per cento” con le
parole: “del 5 per cento”;
3) all’articolo 12, comma 2-bis, primo periodo, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139,
dopo le parole: “i prefetti”, sono inserite le seguenti parole: “entro l’aliquota dell’1 per cento”.
2. Restano ferme le dotazioni organiche dei viceprefetti e dei viceprefetti aggiunti, del personale
appartenente alle qualifiche dirigenziali di prima e di seconda fascia, nonché del personale non
dirigenziale appartenente alle aree prima, seconda e terza dell’Amministrazione civile dell’Interno di
cui alla Tabella 1 allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 maggio 2015,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 settembre 2015, n. 217;
3. All’articolo 42, comma 1, della legge 1° aprile 1981, n. 121, le parole: “di 17 posti” sono
sostituite dalle parole: “di 14 posti”.
4. Il Ministero dell’interno adotta, con le modalità e nel termine di cui all’articolo 12, comma 1-
bis, primo periodo, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla
legge 13 aprile 2017, n. 46, il relativo regolamento di organizzazione. Entro il medesimo termine si
provvede a dare attuazione alle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 11, lettera b), del decretolegge
6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, con
conseguente riassorbimento, entro il biennio successivo, degli effetti derivanti dalle riduzioni di cui
ai commi 1 e 2.
Art. 35
(Norme in materia di pagamento dei compensi per lavoro straordinario delle Forze di polizia)
1. Al fine di garantire le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, a decorrere
dall’esercizio finanziario 2018, per il pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro
straordinario svolte dagli appartenenti alle Forze di polizia, di cui all’articolo 16 della legge 1°
aprile 1981, n. 121, è autorizzata, a valere sulle disponibilità degli stanziamenti di bilancio, la
spesa per un ulteriore importo di euro 38.091.560 in deroga al limite di cui all’articolo 23, comma
2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.
2. Il pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario di cui al comma 1, nelle more
dell’adozione del decreto di cui all’articolo 43, tredicesimo comma, della legge 1° aprile 1981,
n. 121, è autorizzato entro i limiti massimi fissati dal decreto applicabile all’anno finanziario
precedente.
Art. 36
(Incremento richiami personale volontario del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco)
1. Per le finalità di cui all’articolo 9, commi 1 e 2, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139,
gli stanziamenti di spesa per la retribuzione del personale volontario del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco, iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’interno, nell’ambito della
missione “Soccorso civile”, sono incrementati di 5,9 milioni di euro per l’anno 2019 e di 5
milioni di euro a decorrere dall’anno 2020.
2. L’impiego del personale volontario, ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 8 marzo 2006,
n. 139, è disposto nel limite dell’autorizzazione annuale di spesa, pari a euro 20.952.678 per
l’anno 2019 e a euro 20.052.678 a decorrere dall’anno 2020.
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3. Per l’attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di euro 5,9 milioni per l’anno 2019
e di euro 5 milioni a decorrere dall’anno 2020. Ai relativi oneri si provvede ai sensi
dell’articolo 41.
Art. 37
(Ulteriori disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze
di polizia e delle Forze armate)
1. Al fine di adottare provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del
personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, ivi comprese le Capitanerie di porto, volti
a correggere ed integrare il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, e il decreto legislativo
29 maggio 2017, n. 95, è istituito un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero
dell’economia e delle finanze, nel quale confluiscono le risorse di cui all’autorizzazione di
spesa di cui all’articolo 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350,
e successive modificazioni, con riferimento alle risorse già affluite ai sensi dell’articolo 7,
comma 2, lettera a), del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, e non utilizzate ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della
legge 7 agosto 2015, n. 124, alle quali si aggiunge una quota pari a euro 5.000.000, a decorrere
dall’anno 2018, dei risparmi di spesa di parte corrente di natura permanente, di cui all’articolo
4, comma 1, lettere c) e d), della legge 31 dicembre 2012, n. 244, e successive modificazioni.
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
Capo II
Disposizioni sull’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata
Art. 38
(Razionalizzazione delle procedure di gestione e destinazione dei beni confiscati)
1. All’articolo 35 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al comma 2, secondo
periodo, dopo le parole “comunque non superiore a tre” sono inserite le seguenti: “con esclusione
degli incarichi già in corso quale coadiutore,”.
2. All’articolo 38 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti
modifiche:
a) al comma 3:
1) al secondo periodo, dopo la parola “coadiutore” sono inserite le seguenti: “ che può essere”;
2) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: “Qualora sia diverso dall’amministratore
giudiziario, il coadiutore nominato dall’Agenzia deve essere scelto tra gli iscritti, rispettivamente,
agli albi richiamati all’articolo 35, commi 2 e 2-bis.”.
3) è aggiunto, infine, il seguente periodo: “ All’attuazione del presente comma, si provvede con le
risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente.”.
3. All’articolo 48 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 3:
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1) alla lettera b) le parole “Presidente del Consiglio dei Ministri” sono sostituite dalle seguenti
“Ministro dell’interno”;
2) alla lettera c) le parole “al patrimonio del comune ove l’immobile è sito, ovvero al
patrimonio della provincia o della regione” sono sostituite dalle seguenti “al
patrimonio indisponibile del comune ove l’immobile è sito, ovvero al patrimonio
indisponibile della provincia, della città metropolitana o della regione ”;
3) la lettera d) è sostituita dalla seguente:
“d) trasferiti prioritariamente al patrimonio indisponibile dell’ente locale o della regione ove
l’immobile è sito, se confiscati per il reato di cui all’articolo 74 del citato testo unico approvato con
d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, qualora richiesti per le finalità di cui all’articolo 129 dello stesso
d.P.R. Se entro un anno l’ente territoriale destinatario non ha provveduto alla destinazione del bene,
l’Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri
sostitutivi.”
b) al comma 4 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole “, nonché, per una quota non superiore
al 30%, per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa anche allo scopo di valorizzare
l’apporto del personale dirigenziale e non dirigenziale al potenziamento dell’efficacia ed efficienza
dell’azione dell’Agenzia. La misura della quota annua destinata all’incremento dei fondi per la
contrattazione integrativa viene definita con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze su proposta dell’Agenzia e l’incremento non può essere
superiore al 15 % della componente variabile della retribuzione accessoria in godimento da parte
del predetto personale.”;
c) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
“4-bis. Fermi restando i vincoli connessi al trasferimento nel patrimonio indisponibile dell’ente
destinatario, nell’ambito delle finalità istituzionali di cui al comma 3, lettera c), rientra l’impiego
degli immobili, tramite procedure ad evidenza pubblica, per incrementare l’offerta di alloggi da
cedere in locazione a soggetti in particolare condizione di disagio economico e/o sociale anche
qualora l’ente territoriale ne affidi la gestione all’ente pubblico a ciò preposto”;
d) i commi 5, 6 e 7 sono sostituiti dai seguenti:
“5. I beni di cui al comma 3, di cui non sia possibile effettuare la destinazione o il trasferimento per
le finalità di pubblico interesse ivi contemplate, sono destinati con provvedimento dell’Agenzia alla
vendita, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile. Qualora
l’immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria,
l’acquirente dovrà presentare la relativa domanda entro centoventi giorni dal perfezionamento
dell’atto di vendita. L’avviso di vendita è pubblicato nel sito internet dell’Agenzia e dell’avvenuta
pubblicazione è data notizia nel sito internet dell’Agenzia del demanio. La vendita è effettuata per
un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima formulata ai sensi dell’articolo 47.
Qualora, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di vendita, non pervengano
proposte di acquisto per il corrispettivo indicato al precedente periodo, il prezzo minimo della
vendita non può, comunque, essere determinato in misura inferiore all’80 per cento del valore della
suddetta stima. Fatto salvo il disposto dei commi 6 e 7 del presente articolo, la vendita è effettuata
al miglior offerente, con esclusione del proposto o di colui che risultava proprietario all’atto
dell’adozione della misura penale o di prevenzione, se diverso dal proposto, di soggetti condannati,
anche in primo grado, o sottoposti ad indagini connesse o pertinenti al reato di associazione mafiosa
o a quello di cui all’articolo 416-bis.1 del codice penale, nonché dei relativi coniugi o parti
dell’unione civile, parenti e affini entro il terzo grado, nonché persone con essi conviventi. L’Agenzia
acquisisce, con le modalità di cui agli articoli 90 e seguenti, l’informazione antimafia, riferita
all’acquirente e agli altri soggetti allo stesso riconducibili, indicati al presente comma, affinché i
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beni non siano acquistati, anche per interposta persona, da soggetti esclusi ai sensi del periodo che
precede, o comunque riconducibili alla criminalità organizzata, ovvero utilizzando proventi di natura
illecita. Si applica, in quanto compatibile, il successivo comma 15. I beni immobili acquistati non
possono essere alienati, nemmeno parzialmente, per cinque anni dalla data di trascrizione del
contratto di vendita e quelli diversi dai fabbricati sono assoggettati alla stessa disciplina prevista
per questi ultimi dall’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con
modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191. I beni immobili di valore superiore a 400.000
Euro sono alienati secondo le procedure previste dalle norme di contabilità dello Stato”.
“6. Possono esercitare la prelazione all’acquisto:
a) cooperative edilizie costituite da personale delle Forze armate e/o delle Forze di
polizia;
b) gli enti pubblici aventi, tra le altre finalità istituzionali, anche quella dell’investimento
nel settore immobiliare;
c) le associazioni di categoria che assicurano, nello specifico progetto, maggiori
garanzie e utilità per il perseguimento dell’interesse pubblico;
d) le fondazioni bancarie;
e) gli enti territoriali.”
“7. La prelazione deve essere esercitata, a pena di decadenza, nei termini stabiliti dall’avviso
pubblico di cui al comma 5, salvo recesso qualora la migliore offerta pervenuta non sia ritenuta di
interesse.”.
e) dopo il comma 7-bis è aggiunto il seguente:
“7-ter. Per la destinazione ai sensi del comma 3 dei beni indivisi, oggetto di provvedimento di
confisca, l’Agenzia o il partecipante alla comunione promuove incidente di esecuzione ai sensi
dell’articolo 666 del codice di procedura penale. Il tribunale, disposti i necessari accertamenti
tecnici, adotta gli opportuni provvedimenti per ottenere la divisione del bene. Qualora il bene risulti
indivisibile, i partecipanti in buona fede possono chiedere l’assegnazione dell’immobile oggetto di
divisione, previa corresponsione del conguaglio dovuto in favore degli aventi diritto, in conformità
al valore determinato dal perito nominato dal tribunale. Quando l’assegnazione è richiesta da più
partecipanti alla comunione, si fa luogo alla stessa in favore del partecipante titolare della quota
maggiore o anche in favore di più partecipanti, se questi la chiedono congiuntamente. Se non è
chiesta l’assegnazione, si fa luogo alla vendita, a cura dell’Agenzia e osservate, in quanto
compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile o, in alternativa, all’acquisizione del bene
per intero al patrimonio dello Stato per le destinazioni di cui al comma 3, e gli altri partecipanti alla
comunione hanno diritto alla corresponsione di una somma equivalente al valore determinato dal
perito nominato dal tribunale, con salvezza dei diritti dei creditori iscritti e dei cessionari. In caso di
acquisizione del bene al patrimonio dello Stato, il tribunale ordina il pagamento delle somme,
ponendole a carico del Fondo Unico Giustizia. Qualora il partecipante alla comunione non dimostri
la propria buona fede, la relativa quota viene acquisita a titolo gratuito al patrimonio dello Stato ai
sensi del primo comma dell’articolo 45.”;
f) il comma 10 è sostituito dal seguente:
“10. Le somme ricavate dalla vendita di cui al comma 5, al netto delle spese per la gestione e la
vendita degli stessi, affluiscono al Fondo Unico Giustizia per essere riassegnate, previo versamento
all’entrata del bilancio dello Stato, nella misura del quaranta per cento al Ministero dell’interno,
per la tutela della sicurezza pubblica e per il soccorso pubblico, nella misura del quaranta per cento
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al Ministero della giustizia, per assicurare il funzionamento ed il potenziamento degli uffici giudiziari
e degli altri servizi istituzionali, e, nella misura del venti per cento all’Agenzia, per assicurare lo
sviluppo delle proprie attività istituzionali, in coerenza con gli obiettivi di stabilità della finanza
pubblica”;
g) dopo il comma 12-bis è aggiunto il seguente:
“12-ter. I beni mobili, anche iscritti in pubblici registri, non destinati ai sensi dei commi 12 e 12-bis,
possono essere destinati alla vendita, con divieto di ulteriore cessione per un periodo non inferiore
a un anno, nel rispetto di quanto previsto dal comma 5, sesto periodo, ovvero distrutti.”;
h) dopo il comma 15-ter è aggiunto il seguente:
“15-quater. I beni di cui al comma 5 che rimangono invenduti, decorsi tre anni dall’avvio della
relativa procedura, sono mantenuti al patrimonio dello Stato con provvedimento dell’Agenzia. La
relativa gestione è affidata all’Agenzia del demanio”.
4. All’attuazione delle disposizioni di cui al comma 3 del presente articolo si provvede con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Art. 39
(Disposizioni in materia di organizzazione e di organico dell’Agenzia)
1. All’articolo 110, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, il primo periodo
è così sostituito:
“1. L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalità organizzata è posta sotto la vigilanza del Ministro dell’interno, ha personalità
giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia organizzativa e contabile, ha la sede
principale in Roma e fino a 4 sedi secondarie istituite con le modalità di cui all’articolo 112, nei
limiti delle risorse ordinarie iscritte nel bilancio dell’Agenzia”.
2. All’articolo 112 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 4:
1. dopo la lettera c) è inserita la seguente: “c-bis) provvede all’istituzione, in relazione a
particolari esigenze, fino a un massimo di quattro sedi secondarie, in regioni ove sono presenti in
quantità significativa beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, nei limiti di cui
all’articolo 110, comma 1;”;
2. la lettera h) è sostituita dalla seguente: “h) approva il bilancio preventivo e il conto consuntivo;”;
b) al comma 5, alla lettera a) la parola “, h)” è soppressa.
3. All’articolo 113-bis del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le
seguenti modifiche:
a) al comma 2, primo periodo, dopo le parole “si provvede” sono aggiunte le seguenti: “, nel
limite di cento unità”;
b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
“2-bis. Per la copertura delle ulteriori settanta unità di incremento della dotazione organica, il
reclutamento avviene mediante procedure selettive pubbliche, in conformità alla legislazione vigente
28
in materia di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni. Per l’espletamento delle
suddette procedure concorsuali, il Dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione
civile e per le risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell’interno collabora con l’Agenzia.
Per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma è autorizzata la spesa nel limite di euro
312.285 a decorrere dall’anno 2019. Gli oneri per lo svolgimento delle necessarie procedure
concorsuali sono a carico dell’Agenzia. Agli ulteriori oneri derivanti dall’attuazione del presente
comma, pari a 3.399.612,20, si provvede ai sensi dell’articolo 41.
c) dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti:
“4-bis. Nell’ambito della contrattazione collettiva 2019/2021 viene individuata l’indennità di
amministrazione spettante agli appartenenti ai ruoli dell’Agenzia, in misura pari a quella corrisposta
al personale della corrispondente area del Ministero della Giustizia.
4-ter. Oltre al personale di cui al comma 1, l’Agenzia è autorizzata ad avvalersi di una aliquota non
superiore a 100 unità di personale non dirigenziale appartenente alle pubbliche amministrazioni di
cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché ad enti pubblici
economici. Nei limiti complessivi della stessa quota l’Agenzia può avvalersi in posizione di comando
di personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare con qualifica non dirigenziale
fino a un massimo di 20 unità. Il predetto personale è posto in posizione di comando, distacco o fuori
ruolo anche in deroga alla vigente normativa generale in materia di mobilità temporanea e nel
rispetto di quanto previsto dall’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127,
conservando lo stato giuridico e il trattamento economico fisso, continuativo ed accessorio, secondo
quanto previsto dai rispettivi ordinamenti con oneri a carico dell’amministrazione di appartenenza
e successivo rimborso da parte dell’Agenzia all’amministrazione di appartenenza dei soli oneri
relativi al trattamento accessorio.”.
Art. 40
(Deroga alle regole sul contenimento della spesa degli enti pubblici e disposizioni abrogative)
1. All’articolo 118 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è aggiunto, infine, il seguente
comma:
“3-bis Al fine di assicurare la piena ed efficace realizzazione dei compiti affidati all’Agenzia le
disposizioni di cui all’articolo 6, commi 7, 8, 9, 12 e 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.
78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, di cui all’articolo 5, comma 2,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.
135, nonché di cui all’articolo 2, commi da 618 a 623, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, non
trovano applicazione nei confronti dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione
dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata fino al terzo esercizio finanziario
successivo all’adeguamento della dotazione organica di cui all’articolo 113-bis, comma 1. Allo
scadere della deroga di cui al presente comma, entro 90 giorni, con decreto del Ministro dell’interno
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze su proposta dell’Agenzia vengono stabiliti
i criteri specifici per l’applicazione delle norme derogate sulla base delle spese sostenute nel triennio.
Agli oneri derivanti dal presente comma, pari a euro 66.193,63 si provvede ai sensi dell’articolo 41”
2. Al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, i commi 7 e 8 dell’articolo 52 sono abrogati.
3. L’articolo 1, comma 291, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è abrogato.
Capo III
29
Disposizioni in materia di giustizia sportiva e regolare svolgimento delle competizioni sportive
Art. 41
(Disposizioni in materia di giustizia sportiva e regolare svolgimento delle competizioni sportive)
1. A partire dalla stagione sportiva 2019-2020, possono accedere alla ripartizione della quota dei
diritti audiovisivi da assegnare ai partecipanti ai campionati di calcio di serie A e B solo le società,
quotate e non quotate, che abbiano sopposto i propri bilanci alla revisione legale svolta da una società
di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili, la quale, limitatamente a tali incarichi, è
soggetta alla vigilanza della Commissione nazionale per le società e la borsa. I suddetti incarichi
hanno la durata di tre esercizi e non possono essere rinnovati o nuovamente conferiti se non siano
decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione dei precedenti.
2. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica. L’autorità interessata provvede agli adempimenti di cui al comma 1 con
le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
disposizioni urgenti in materia di giustizia amministrativa e in ambito sportivo
3. Al codice del processo amministrativo approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 119, comma 1, lettera a), dopo le parole “servizi e forniture” sono inserite le
seguenti: “nonché i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni
professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche”;
b) all’articolo 133, comma 1, dopo la lettera z-sexies) e aggiunta la seguente: “z-septies) le
controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni
professionistiche delle società ad associazioni sportive professionistiche”;
c) all’articolo 135, comma 1, dopo la lettera q-quinquies) è aggiunta la seguente: “q-sexies) le
controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni
professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche”;
d) all’articolo 62 del codice del processo amministrativo dopo il comma 3 è inserito il seguente:
“3-bis. Nelle controversie di cui all’ articolo 133, comma 1, lettera z-septies) contro i decreti
di accoglimento che dispongono misure cautelari ai sensi dell’articolo 56, finché efficaci ai
sensi del relativo comma 4, nonché contro quelli di cui all’articolo 61, finché efficaci ai sensi
del relativo comma 5, è ammesso l’appello al Consiglio di Stato nei soli casi in cui
l’esecuzione del decreto sia idonea a produrre pregiudizi gravissimi ovvero danni irreversibili
prima della trattazione collegiale della domanda cautelare. Il Presidente, omessa ogni
formalità, provvede con decreto sulla domanda solo se la ritiene ammissibile e fondata. Gli
effetti della decisione di accoglimento cessano con la perdita di efficacia del decreto appellato
ai sensi dei citati articoli 56, comma 4, e 61, comma 5.”.
Capo IV
Disposizioni finanziarie
Art.43
30
(Copertura finanziaria)
Art.44
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
31
RELAZIONE ILLUSTRATIVA
Il presente intervento normativo si rende necessario ed urgente nell’ambito di una complessa azione
riorganizzativa, concernente il sistema di riconoscimento della protezione internazionale e le forme
di tutela complementare, finalizzata in ultima istanza a una più efficiente ed efficace gestione del
fenomeno migratorio nonché ad introdurre misure di contrasto al possibile ricorso strumentale alla
domanda di protezione internazionale.
I principali profili di criticità dell’attuale sistema sono individuabili nell’anomala
sproporzione tra il numero di riconoscimenti delle forme di protezione internazionale espressamente
disciplinate a livello europeo (nell’ultimo quinquennio, status di rifugiato: 7%; protezione sussidiaria:
15%) e il numero dei rilasci del permesso di soggiorno per motivi umanitari (25%, aumentato fino al
28% per l’anno in corso). Ai casi di protezione umanitaria riconosciuta dalle Commissioni territoriali
si aggiungono quelli riconosciuti dall’autorità giudiziaria, a seguito dei ricorsi avverso le decisioni di
rigetto assunte in via amministrativa, che costituiscono il 25% dell’esito dei giudizi.
La tutela umanitaria, infatti, pur essendo stata introdotta nell’ordinamento interno quale forma
di protezione complementare e residuale – da utilizzare in ipotesi di eccezionale e temporanea gravità
– rappresenta, di fatto, il beneficio maggiormente riconosciuto nel sistema nazionale.
L’ampio ricorso a tale forma di tutela si fonda principalmente su una definizione legislativa
dell’istituto dai contorni incerti, che lascia ampi margini ad una interpretazione estensiva in contrasto
con il fine di tutela temporanea di esigenze di carattere umanitario per il quale l’istituto è stato
introdotto nell’ordinamento. Si ritiene pertanto necessario delimitare l’ambito di esercizio di tale
discrezionalità alla individuazione e valutazione della sussistenza di ipotesi predeterminate nella
norma, analogamente a quanto accade in altri Paesi europei che individuano specifici casi di
protezione complementare.
Più in dettaglio, il quadro normativo vigente prevede un doppio binario: il canale principale
del riconoscimento della protezione da parte delle Commissioni territoriali – in sede di esame
dell’istanza di asilo – in presenza di gravi motivi di carattere umanitario, con conseguente
trasmissione degli atti al Questore ai fini del rilascio del permesso di soggiorno (art. 32, comma 3,
del testo unico in materia di immigrazione di cui al decreto legislativo 25/2008), e il canale residuale
dell’attribuzione del medesimo beneficio da parte del Questore in presenza dei “seri motivi” di cui
all’articolo 5, comma 6, del citato decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Per ovviare a tali criticità, il presente decreto elimina la possibilità per le Commissioni
territoriali e per il Questore di valutare, rispettivamente, la sussistenza dei “gravi motivi di carattere
umanitario” e dei “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi
costituzionali o internazionali dello Stato italiano”, abrogando, di fatto, l’istituto del rilascio del
permesso di soggiorno per motivi umanitari e introducendo una tipizzazione delle tipologie di tutela
complementare.
Si fa salvo, innanzitutto, il potere-dovere delle Commissioni territoriali di valutare l’eventuale
sussistenza dei presupposti del principio di non refoulement, in coerenza con il quadro ordinamentale
vigente, che demanda alle citate Commissioni il compito di esaminare le singole situazioni dei
richiedenti asilo, prendendo in considerazione ogni aspetto della posizione individuale del
richiedente, e individuando i profili di rischio in cui il medesimo incorrerebbe in caso di esecuzione
del provvedimento di espulsione.
L’abrogazione dell’istituto del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari
determina inoltre l’esigenza di individuare e dotare di apposita copertura normativa ipotesi
eccezionali di tutela dello straniero che, pur non rientrando, ai sensi della vigente normativa, nelle
ipotesi di protezione internazionale come disciplinata dalle norme europee di riferimento (nella
duplice tipologia dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria) , non consentirebbero di
eseguire il provvedimento di espulsione senza determinare una violazione dei principi fondamentali
32
dell’ordinamento italiano e internazionale. Tali esigenze sono individuate nelle condizioni di salute
di eccezionale gravità e nelle situazioni contingenti di calamità naturale nel Paese di origine che
impediscono temporaneamente il rientro dello straniero in condizioni di sicurezza.
A tali casi si aggiunge una ipotesi con finalità premiale per il cittadino straniero che abbia
compiuto atti di particolare valore civile.
Il ricorso giurisdizionale in materia di rifiuto o revoca del permesso di soggiorno nelle nuove
ipotesi di tutela per esigenze di carattere umanitario individuate specificamente dal decreto,
unitamente a quelle già previste dal testo unico in materia di immigrazione (vittime di tratta, vittime
di violenza domestica, vittime di sfruttamento lavorativo) sono attribuite alla competenza delle
sezioni specializzate istituite con il decreto-legge n. 13/2017, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 46/2017, attesa la riconducibilià delle nuove ipotesi ad obblighi internazionali o
costituzionali.
Al contempo, l’intervento normativo prevede misure necessarie ed urgenti per assicurare
l’effettività dei provvedimenti di rimpatrio di coloro che non hanno titolo a soggiornare nel territorio
nazionale, con nuove disposizioni in materia di trattenimento. Tra le misure rivolte a tal fine, è
prevista la possibilità di procedere per l’esecuzione dei lavori di costruzione o ristrutturazione dei
Centri per i rimpatri attraverso procedure negoziate, per lavori di importo inferiore alle soglie
comunitarie in un arco temporale di tre anni.
Si introduce poi una nuova ipotesi di trattenimento dei richiedenti asilo per un tempo limitato
strumentale all’accertamento dell’identità o della cittadinanza del richiedente. L’ipotesi è
espressamente prevista dalla direttiva Ue 2013/33 sull’accoglienza dei richiedenti asilo (art. 8,
paragrafo 3, lettera a).
In materia di protezione internazionale, si interviene anche per ampliare il catalogo di reati
che, in caso di condanna definitiva, comportano il diniego o la revoca della protezione internazionale,
inserendovi ipotesi delittuose di particolare gravità che destano allarme sociale.
Per assicurare una efficace e più rapida gestione delle procedure per il riconoscimento della
protezione internazionale, si introducono alcune disposizioni intese a contrastare il ricorso
strumentale alla domanda di protezione, intervenendo, nel rispetto delle norme europee, sulle
domande reiterate al solo scopo di impedire l’esecuzione imminente di un provvedimento di
allontanamento o comunque reiterate più volte, pur dopo una decisione definitiva di inammissibilità
o di rigetto nel merito. Si introduce poi una procedura di frontiera per le domande presentate in
frontiera dopo che il cittadino straniero è stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i controlli
di frontiera.
Sempre al fine di ottimizzare e velocizzare le procedure, si prevede la possibilità di istituire,
presso alcune prefetture, articolazioni territoriali dell’“Unità Dublino” già operante presso il
Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, deputata ad individuare
lo Stato UE competente all’esame della domanda ai sensi del regolamento UE n. 604/2013.
Al fine di razionalizzare le risorse impiegate per l’integrazione, si riservano esclusivamente
ai titolari di protezione internazionale nonché ai minori stranieri non accompagnati i progetti di
integrazione ed inclusione sociale attivati nell’ambito del Sistema di protezione previsto dall’articolo
1-sexies del decreto-legge n. 416/1989, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39/1990. I
richiedenti asilo troveranno invece accoglienza esclusivamente nei centri di accoglienza ad essi
dedicati ed attivati ai sensi degli articoli 9 e 11 del decreto legislativo 142/2015. In conseguenza delle
disposizioni del presente decreto in materia di permesso per motivi umanitari, si provvede ad
espungere dalla individuazione dei destinatari dello SPRAR anche i titolari di permesso per motivi
umanitari, anche in considerazione della circostanza che la destinazione del Sistema all’accoglienza
dei titolari di permesso per motivi umanitari risale ad un momento storico in cui non esisteva lo status
di protezione sussidiaria introdotto dalla direttiva europea 2004/83/CE, recepita nell’ordinamento
nazionale, con il decreto legislativo n. 251/2007, e agli stranieri a cui oggi è attribuita la protezione
sussidiaria veniva rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
33
Il decreto reca inoltre disposizioni in materia di cittadinanza necessarie ed urgenti per
assicurare l’accurato svolgimento delle istanze di riconoscimento e concessione della cittadinanza in
costante incremento in conseguenza della crescita della popolazione straniera: attualmente sono in
istruttoria presso il Ministero dell’interno circa 300 mila richieste di cittadinanza. Tali richieste sono
sottoposte a uno screening divenuto via via più stringente e accurato, in quanto basato sul contributo
informativo, tra l’altro, delle autorità di pubblica sicurezza, degli organismi di sicurezza e del
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale .
Un’istruttoria così delicata e articolata richiede la massima accuratezza anche in ragione
dell’accresciuta minaccia terroristica internazionale e dei preoccupanti fenomeni di contraffazione
dei documenti dei Paesi d’origine prodotti dai richiedenti. Ne sono riprova il costante aumento del
numero dei dinieghi, che nel primo semestre del 2018 hanno già raggiunto il 60 % del totale dello
scorso anno e l’ enorme mole di contenzioso (oltre 4500 ricorsi pendenti). Appare quindi opportuno
garantire il corretto ed efficace svolgimento delle procedure anche a tutela dei richiedenti che hanno
effettivamente titolo all’inserimento nella comunità nazionale. A tal fine, si prevede un allungamento
dei termini per la definizione dei procedimenti, non più adeguati alle mutate dimensioni e
caratteristiche del fenomeno, tanto per la concessione della cittadinanza per naturalizzazione quanto
per l’attribuzione della cittadinanza iure matrimonii. In considerazione della rilevanza sottesa alla
valutazione della sussistenza di motivi di sicurezza della Repubblica, si abroga la disposizione che,
in caso di decorso infruttuoso del termine per la conclusione del procedimento, comporta la
formazione di silenzio-assenso sulla richiesta di cittadinanza iure matrimonii.
Sempre in tema di cittadinanza, si introduce l’istituto della revoca della cittadinanza italiana
concessa ai cittadini stranieri che rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale, avendo
riportato condanne per gravi reati commessi con finalità di terrorismo o eversione. L’intervento
normativo che mira a consentirne l’allontanamento dal territorio nazionale, altrimenti precluso
dall’acquisizione dello status di cittadino italiano, si rende necessario ed urgente nell’ambito delle
politiche di prevenzione della minaccia terroristica anche connessa al fenomeno dei cc.dd. foreign
fighters.
Si disciplina poi una ulteriore ipotesi di revoca della cittadinanza ottenuta a seguito della
produzione di atti falsi o di false dichiarazioni.
Infine, il decreto reca disposizioni in materia di spese di giustizia. In particolare, si allinea la
disciplina prevista per il processo civile a quella già in vigore per il processo penale escludendo che
il difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio abbia diritto all’anticipazione di spese ed
onorari a carico dell’erario quando l’impugnazione è dichiarata inammissibile. Lo stesso principio
(già in vigore per il processo penale) viene esteso alle spese per consulenze tecniche irrilevanti o
superflue. Viene colmata in tal modo una lacuna nella disciplina normativa concernente le
controversie civili nei casi in cui non si ritiene giustificabile il costo a carico della collettività.
Il Titolo I del provvedimento si compone di 16 articoli suddivisi in cinque Capi. I primi
tre Capi sono dedicati rispettivamente alle norme in materia di immigrazione, a quelle in materia di
protezione internazionale e alla cittadinanza. Il quarto Capo contiene le disposizioni in materia di
spese di giustizia applicabili alle controversie civili. Il quinto Capo reca le disposizioni finanziarie.
Si illustrano di seguito gli articoli del provvedimento.
L’articolo 1 reca le disposizioni intese, nel rispetto degli obblighi costituzionali o
internazionali dello Stato italiano, ad abrogare i riferimenti di carattere generale al permesso di
soggiorno per motivi umanitari contenuti nel testo unico in materia di immigrazione di cui al decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (comma 1, lett. b), n. 2)). E’ poi riscritta autonomamente la
disciplina di quei permessi di soggiorno (per vittime di violenza domestica e di grave sfruttamento
lavorativo) che oggi sono regolamentati con il rinvio alla disciplina del permesso per motivi
umanitari, conservando in questi due casi le facoltà già riconosciute dalla disciplina vigente (comma
1, lettere f) e i)).
Sono infine tipizzate le ulteriori ipotesi meritevoli di eccezionale tutela per motivi di carattere
umanitario con la previsione di speciali permessi di soggiorno.
Si tratta del permesso di soggiorno per cure mediche quando lo straniero versi in condizioni
di salute di eccezionale gravità tali arrecare un irreparabile pregiudizio alla sua salute in caso di rientro
nel paese di origine. Nell’ambito di tale ipotesi rientra anche il caso di colui che, affetto da gravi
patologie, non possa essere adeguatamente curato nel Paese di origine o di provenienza. Il permesso
è rilasciato per il tempo attestato mediante idonea certificazione sanitaria. L’ipotesi (comma 1, lettera
g) è inserita tra i divieti di espulsione previsti dall’articolo 19, del citato testo unico in materia di
immigrazione.
La lettera h) del medesimo comma 1 prevede uno speciale permesso di soggiorno per lo
straniero che dovrebbe fare ritorno in un Paese che versa in una situazione di contingente ed
eccezionale calamità che non gli consente il rientro in condizioni di sicurezza. In considerazione della
natura dell’impedimento all’esecuzione dell’espulsione – calamità eccezionale e contingente – il
permesso di soggiorno in parola ha una durata di sei mesi e, pur consentendo lo svolgimento di attività
lavorativa, non è prorogabile né convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Resta fermo quanto disposto dall’art. 20 del d.lgs. 286/1998, che prevede le misure di
protezione temporanea in occasione di conflitti, disastri naturali e altri eventi di particolare gravità.
La lettera q) del comma 1, prevede, con finalità premiale e di integrazione sociale, il rilascio
di un permesso di soggiorno per lo straniero che compie atti di particolare valore civile, mutuando
l’espressione dall’art. 3 della legge 2 gennaio 1958, n. 13, recante norme per la concessione di
ricompense al valore civile.
Per esigenze di equa e uniforme valutazione degli atti compiuti, ed in considerazione della
vasta eco a livello nazionale che tali episodi possono produrre, si è ritenuto di demandare al Ministro
dell’interno, su proposta del prefetto competente per territorio, la potestà di autorizzare il rilascio del
permesso di soggiorno per valore civile, fatte salve controindicazioni soggettive derivanti dalla
sussistenza della pericolosità dello straniero per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato, valutata
ai sensi dell’articolo 5, comma 5 bis del testo unico in materia di immigrazione. Detto permesso di
soggiorno, rilasciato dal Questore, ha durata biennale ed è convertibile in permesso per motivi di
lavoro.
Le ulteriori disposizioni del comma 1 (lettere a) b), nn 1 e 3), c), d), l), m), n), o) e p) recano
disposizioni di coordinamento con l’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari
come istituto di carattere generale e adeguano la disciplina del testo unico in materia di immigrazione
alle nuove ipotesi di permessi speciali, con particolare riguardo alla disciplina dell’accordo di
integrazione, del reato di immigrazione illegale e del permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo.
Le lettere e), f) e i) intervengono sulla disciplina dei permessi di soggiorno già previsti dal testo unico
in materia di immigrazione per le vittime di tratta, di violenza domestica e di sfruttamento lavorativo
per dettare le necessarie disposizioni di coordinamento con la nuova disciplina, conservando a queste
ipotesi, derivanti da norme europee o internazionali, le facoltà già assicurate dalla disciplina vigente.
Il comma 2 dell’articolo 1, alla lettera a), elimina la possibilità per le Commissioni territoriali
di valutare la sussistenza dei “gravi motivi di carattere umanitario”, circoscrivendo l’attività delle
Commissioni al riconoscimento della protezione internazionale. Si fa salvo, tuttavia, il potere-dovere
delle Commissioni territoriali di valutare l’eventuale sussistenza dei presupposti del principio di non
refoulement, in coerenza con il quadro ordinamentale vigente, che demanda alle citate Commissioni
il compito di esaminare le singole situazioni dei richiedenti asilo, prendendo in considerazione ogni
aspetto della posizione individuale del richiedente, e individuando i profili di rischio in cui il
medesimo incorrerebbe in caso di esecuzione del provvedimento di espulsione.
La lettera b) del medesimo comma 2 dell’articolo 1, specifica che il rito individuato
dall’articolo 35-bis del decreto legislativo n. 25/2008 – come modificato dal dl n. 13/2017, convertito
dalla legge n. 46/2017- per le controversie avverso i provvedimenti adottati dalle Commissioni
territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale si applica anche nei casi di mancato
riconoscimento della protezione speciale di cui alla precedente lettera a).
Il comma 3 dell’articolo modifica il decreto- legge n. 13/2017, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 46/2017, sulla competenza delle sezioni giudiziarie specializzate in materia di
35
protezione internazionale, anche in questo caso al fine di coordinare le relative disposizioni con
l’abrogazione intervenuta al comma 1 e con la nuova tipizzazione dei casi speciali di permesso di
soggiorno riconducibili ad esigenze di carattere umanitario.
In particolare, la lettera a), numero 1), reca una disposizione di coordinamento con quella di
cui alla lettera b) del precedente comma 2.
La lettera a), numero 2), attribuisce alla competenza delle sezioni specializzate le controversie
in materia di diniego della “protezione speciale” proposta dalle Commissioni territoriali quando
valutano la sussistenza del divieto di refoulement ai sensi degli articoli 32, comma 3, del decreto
legislativo n. 25/2008 sul riconoscimento della protezione internazionale e dell’articolo 19, commi 1
e 1.1 del testo unico in materia di immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286/1998.
La lettera a), numero 3), attribuisce alla competenza delle medesime sezioni specializzate le
nuove ipotesi tipizzate di casi speciali di permesso di soggiorno (per calamità, per cure mediche) e le
ipotesi, già previste dal testo unico in materia di immigrazione, di permesso di soggiorno per vittime
di tratta, di violenza domestica e di grave sfruttamento lavorativo, riconducibili ad esigenze
umanitarie e discendenti da obblighi europei o internazionali.
La lettera b) del comma 3, reca una disposizione di coordinamento con quella di cui alla lettera
b) del comma 2.
Il comma 4 individua nel rito sommario di cognizione il rito applicale innanzi alle sezioni
specializzate per le controversie in materia di diniego o revoca dei permessi di soggiorno. Il ricorso
può essere proposto entro trenta giorni dalla notificazione, ovvero sessanta, se il ricorrente risiede
all’estero. Quando è presentata istanza di sospensiva, il giudice decide entro cinque giorni..
L’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile. Il termine per proporre ricorso in Cassazione
è fissato in trenta giorni. La Cassazione decide sull’impugnazione entro sei mesi dal deposito del
ricorso. Sono mutuate dal rito previsto specificamente per le controversie in materia di protezione
internazionale le disposizioni sulla trattazione di queste controversie in via di urgenza e sulla non
applicabilità della sospensione feriale dei termini processuali.
Il comma 5 abroga i riferimenti al permesso di soggiorno per motivi umanitari dal regolamento
di attuazione del testo unico in materia di immigrazione di cui al d.P.R. n. 394/1999.
Il comma 6 sopprime ogni riferimento al permesso di soggiorno per motivi umanitari dal
regolamento di attuazione del d. lgs m. 25/2008 sulle procedure per il riconoscimento della protezione
internazionale.
I commi 7 e 8 prevedono una disciplina transitoria
In particolare, il comma 7 reca una disposizione transitoria relativa ai permessi di soggiorno
per motivi umanitari in corso di validità al momento dell’entrata in vigore del decreto che alla
scadenza potranno essere rinnovati, previa valutazione delle Commissioni competenti, purchè
sussistano i presupposti previsti dalle nuove norme.
Il comma 8 contiene una disposizione transitoria relativa ai permessi di soggiorno per motivi
umanitari già riconosciuti dalle Commissioni ma non ancora rilasciati: saranno rilasciati alle
condizioni previste dalla legge al momento in cui le relative decisioni sono state adottate, con le stesse
caratteristiche, in termini di durata e convertibilità, del permesso per motivi umanitari. Alla scadenza
tali permessi saranno rinnovati alle condizioni previste dal comma 7 per i permessi già rilasciati.
L’articolo 2 mira a prolungare il periodo massimo di trattenimento dello straniero nei centri
di permanenza per i rimpatri dagli attuali 90 giorni fino a 180 giorni. La norma è necessaria in quanto
le procedure finalizzate all’accertamento dell’identità e della nazionalità ovvero all’acquisizione di
documenti per il viaggio dello straniero richiedono mediamente cinque mesi per il loro
completamento. La disposizione è in linea con l’articolo 15 della direttiva europea 2008/115/CE sui
“rimpatri”.
Il comma 2 dell’articolo 2 consente, con efficacia circoscritta ad un periodo di tre anni, il
ricorso alla procedura negoziata per l’esecuzione dei lavori di realizzazione di nuovi centri di
permanenza per il rimpatrio e ristrutturazione o adeguamento di quelli già esistenti, al fine di ottenere
36
un rapido ampliamento dei posti nei centri e facilitare l’esecuzione di provvedimenti di rimpatrio
degli stranieri irregolarmente presenti nel territorio nazionale.
L’articolo 3 prevede la possibilità di trattenere, per il tempo strettamente necessario e
comunque non superiore a trenta giorni, il richiedente presso appositi locali all’interno delle strutture
già individuate come Hot Spot ai sensi dell’articolo 10-ter del testo unico in materia di immigrazione
di cui al d. lgs. n. 286/1998, allo scopo di accertarne l’identità o la cittadinanza. Il trattenimento in
queste strutture, in cui sono già effettuate le procedure di identificazione e di rilevamento
fotodattiloscopico, è limitato al tempo strettamente necessario alla determinazione dell’identità o la
cittadinanza. Ove non sia stato possibile determinarne l’identità il trattenimento potrà poi essere
effettuato nei centri di permanenza per il rimpatrio fino ad un massimo di 180 giorni. La previsione
è conforme all’articolo 8, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 2013/32 sull’accoglienza dei
richiedenti asilo.
Al trattenimento disposto a tal fine, si applicano le disposizioni dell’articolo 6 del decreto
legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (in cui la disposizione è inserita) in materia di convalida del
provvedimento di trattenimento adottato dal questore.
L’articolo 4 prevede che, in attesa della definizione del procedimento di convalida del
provvedimento di espulsione disposta con accompagnamento alla frontiera, in mancanza di
disponibilità di posti nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio di cui all’articolo 14 del decreto
legislativo 286 del 1998, o straniero possa permanere in altre strutture idonee, nella disponibilità
dell’Autorità di pubblica sicurezza, integrando, quindi, la vigente previsione che già prevede che il
procedimento di convalida possa definirsi nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di
allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili. Permanendo tali
condizioni. Il giudice di pace può autorizzare la temporanea permanenza dello straniero, anche dopo
l’udienza di convalida, presso locali idonei dell’Ufficio di frontiera, per un tempo, in ogni caso, non
superiore alle quarantotto ore successive all’udienza.
La norma è in linea con la direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008 in materia di rimpatri
che non esclude che il trattenimento dei cittadini di Paesi terzi possa essere disposto in luoghi diversi
da quelli all’uopo destinati, atteso che il considerando n. 17 e l’articolo 16 della citata Direttiva
prevedono che il trattenimento debba avvenire “di norma” presso gli appositi centri di permanenza
temporanea, non escludendo pertanto possibili luoghi idonei alternativi. La disposizione è analoga a
quella di cui all’articolo 558, comma 4-bis, del codice di procedura penale, con riferimento all’ipotesi
ivi prevista della convalida dell’arresto e giudizio direttissimo.
L’intervento normativo introduce, quindi, un’ulteriore misura di legittima temporanea
permanenza in luoghi diversi dai Centri di Permanenza per il Rimpatrio, finalizzata a migliorare il
sistema di rimpatrio nazionale, garantendo in ultima istanza una più efficiente gestione ed esecuzione
delle operazioni di rimpatrio.
L’articolo 5 reca una disposizione integrativa dell’articolo 13, comma 14-bis del citato testo
unico in materia di immigrazione, finalizzata a specificare che il divieto di reingresso nei confronti
dello straniero destinatario di un provvedimento di espulsione ha efficacia nell’intero spazio
Schengen.
La disposizione è complementare rispetto a quella già contenuta nel medesimo comma 14 bis,
dell’art. 13 del citato testo unico, che prevede l’obbligo per l’ autorità di pubblica sicurezza di inserire
e registrare il divieto di ingresso previsto dal precedente comma 13 nel sistema di informazione
Schengen, di cui al Regolamento CE n. 1987/2006.
L’articolo 6 sostituisce il comma 1122 della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018) che ha
istituito fino a un massimo di 30 sportelli comunali che forniscono attività informative, di supporto e
assistenza agli stranieri che intendono accedere ai programmi di rimpatrio volontario assistito,
disponendo che la relativa copertura (di euro 500 mila per l’anno 2018 e di euro 1.500.000 per
ciascuno degli anni 2019 e 2020) sia destinata al Fondo rimpatri istituito presso il Ministero
dell’interno dall’articolo 14-bis del testo unico in materia di immigrazione.
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Infatti le attività di informazione e supporto ai migranti che intendono accedere ai rimpatri
volontari e assistiti sono già svolte dalle organizzazioni internazionali della cui collaborazione si
avvale il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, anche
attraverso le progettazioni avviate sui fondi FAMI.
L’articolo 7 reca disposizioni in materia di diniego e revoca della protezione internazionale.
In particolare, le lettere a) e b) del comma unico dell’articolo ampliano il catalogo di reati che,
in caso di condanna definitiva, costituiscono motivo di diniego o di revoca rispettivamente dello status
di rifugiato e di quello di beneficiario di protezione sussidiaria, includendovi fattispecie delittuose
che destano particolare allarme sociale come le fattispecie base dei reati di violenza sessuale e dei
reati di produzione, traffico e detenzione ad uso non personale di stupefacenti, nonché di rapina ed
estorsione, che, attualmente sono rilevanti solo nelle fattispecie aggravate. Sono inseriti altresì in tale
catalogo di reati, quelli di violenza o minaccia a pubblico ufficiale, le lesioni personali gravi e
gravissime, il reato di mutilazione degli organi genitali femminili nonché i reati di furto e furto in
abitazione aggravati dal porto di armi o narcotici.
L’articolo 8 reca due disposizione in materia di cessazione dello status di rifugiato e di protezione
sussidiaria. In particolare, si specifica che il rientro del titolare dello status di rifugiato o del titolare
di protezione sussidiaria nel Paese di origine è indice, salvo la valutazione del caso concreto, della
volontà del rifugiato di ristabilirsi in tale Paese o del mutamento delle circostanze che hanno
determinato il riconoscimento della protezione sussidiaria .
L’articolo 9 reca disposizioni in materia di domanda reiterata e di domanda presentata alla
frontiera.
In particolare, le disposizioni di cui alla lettera a) sono finalizzate a prevedere ulteriori deroghe
al diritto di permanere nel territorio nazionale durante l’esame della domanda di protezione
internazionale, qualora lo straniero presenti una prima domanda reiterata al solo scopo di ritardare o
impedire l’esecuzione di una decisione che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal
territorio nazionale, nonché nel caso in cui manifesti la volontà di presentare una seconda domanda
reiterata a seguito di una decisione definitiva che considera inammissibile una prima domanda
reiterata o dopo una decisione definitiva che rigetta nel merito tale domanda.
Tale previsione appare in linea con la facoltà concessa dalla direttiva n. 2013/32/UE sulle
procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, che, all’articolo 9, prevede la
possibilità per gli Stati membri di derogare al diritto di permanenza dello straniero nel territorio dello
Stato durante l’esame della domanda di protezione internazionale nei casi di domanda reiterata ai
sensi dell’articolo 41 della medesima direttiva. La norma è necessaria al fine di garantire l’efficacia
delle procedure di rimpatrio che ad oggi vengono ostacolate dalla reiterazione di domande presentate
al solo scopo di intralciare o vanificare le operazioni di allontanamento dello straniero dal territorio
nazionale.
La disposizione di cui alla lettera b), numero 1), capoverso comma 1-bis, abbrevia da diciotto
a cinque giorni i termini per l’adozione della decisione sulla domanda reiterata. È inoltre introdotta
una procedura accelerata e di frontiera per chi presenta domanda di protezione alla frontiera o nelle
zone di transito, dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera
(lettera b), n. 1, capoverso commi 1-ter e 1-quater)) . In tali casi, la domanda sarà esaminata con una
procedura di frontiera. A tal fine, un successivo decreto del Ministro dell’interno individuerà le
frontiere presso cui potrà essere svolta tale procedura e potrà istituire allo scopo fino a cinque ulteriori
sezioni delle Commissioni territoriali.
La previsione è in linea con la citata direttiva n. 2013/32/UE che, all’articolo 31, paragrafo 8,
lettera g), che consente agli Stati membri di prevedere una procedura accelerata e svolta in frontiera
quando il richiedente “presenta la domanda al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una
decisione anteriore o imminente che ne comporterebbe l’allontanamento”.
Le disposizioni di cui ai numeri 2) e 3) della lettera b) abrogano le previsioni relative alle
domande reiterate nonché alle domande presentate dopo che il richiedente è stato fermato per avere
eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera contenute nelle lettere b) e c) del comma 2 del vigente
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articolo 28-bis del decreto legislativo28 gennaio 2008, n. 25. Tali ipotesi sono infatti ricomprese nei
nuovi commi 1-bis e 1-ter del medesimo articolo.
La lettera c) abroga la previsione che concede tre giorni al richiedente per presentare
osservazioni sulla valutazione di inammissibilità della domanda reiterata prima che la Commissione
adotti la decisione.
La lettera d) prevede che la domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di
allontanamento dal territorio nazionale si presume presentata allo scopo di impedire l’esecuzione di
tale provvedimento e pertanto non è esaminata conformemente alla previsione di cui all’articolo 41,
par. 1, lettera a) della citata direttiva 2013/32/UE.
La lettera e) esclude l’effetto sospensivo del ricorso giurisdizionale avverso la decisione di
inammissibilità di una domanda reiterata. Attualmente tale effetto è prodotto solo dalla seconda
reiterazione.
L’articolo 10 prevede per i richiedenti che hanno in corso un procedimento penale per uno
dei reati che in caso di condanna definitiva comporterebbero diniego della protezione internazionale,
la sospensione dell’esame della domanda di protezione e l’obbligo di lasciare il territorio nazionale.
Entro dodici mesi dalla sentenza definitiva di assoluzione, il richiedente potrà chiedere la riapertura
del procedimento sospeso. Trascorso tale termine, senza richiesta di riapertura, la Commissione
competente dichiara l’estinzione del procedimento.
L’articolo 11 prevede, al comma 1, che l’Unità Dublino, deputata ad individuare lo Stato Ue
competente all’esame delle domande di protezione, attualmente operante presso il Ministero
dell’interno solo a livello centrale si avvalga anche di articolazioni territoriali nel limite massimo di
tre unità che operano presso alcune prefetture individuate con decreto del Ministro dell’interno.
Le relative competenze e funzioni, nei limiti delle dotazioni organiche previste a legislazione
vigente, saranno disciplinate con successivo decreto ministeriale a parziale modifica della
declaratoria contenuta nel D.M. 13 maggio 2014, con il quale sono stati da ultimo individuati i posti
di funzione dirigenziali di livello non generale da attribuire, nell’ambito delle Prefetture –UTG, ai
funzionari della carriera prefettizia.
Il comma 2 integra le disposizioni del decreto-legge n. 13/2017, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 46/2017, sulla competenza delle sezioni specializzate con riferimento alle istituende
articolazioni territoriali dell’Unità Dublino.
L’articolo 12 reca al comma 1, disposizioni intese a riservare l’accoglienza nel Sistema di
protezione di cui all’articolo 1-sexies del decreto-legge n. 416/1989, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 39/1990 ai titolari di protezione internazionale ed ai minori stranieri non accompagnati.
Conseguentemente, sono apportate tutte le occorrenti modifiche di coordinamento al decreto
legislativo n. 142/2015 (comma 2), in materia di accoglienza dei richiedenti asilo che sarà prestata
esclusivamente nei centri a ciò deputati, ovvero i centri governativi di prima accoglienza istituiti con
decreto del Ministro dell’interno nonchè le strutture attivate dal prefetto ai sensi, rispettivamente,
degli articoli 9 e 11 del sopra citato decreto legislativo. Sono apportate modifiche di coordinamento
anche al decreto legislativo n. 25/2008 in materia di procedure per il riconoscimento della protezione
(comma 3).
Il comma 4 reca una disposizione di aggiornamento lessicale.
I commi 5 e 6 dell’articolo recano due disposizioni transitorie secondo cui i richiedenti asilo
e i titolari di protezione umanitaria già presenti nel Sistema di protezione alla data di entrata in vigore
del presente decreto rimangono in accoglienza nel medesimo Sistema di protezione fino alla scadenza
del progetto di accoglienza in corso. Ove si tratti di titolari di protezione umanitaria, tale accoglienza
non potrà essere protratta oltre i limiti temporali previsti dalle disposizioni attuative del citato Sistema
di protezione.
L’articolo 13 prevede che il permesso di soggiorno per richiesta asilo non consente
l’iscrizione all’anagrafe dei residenti, fermo restando che esso costituisce documento di
riconoscimento. L’esclusione dall’iscrizione all’anagrafe non pregiudica l’accesso ai servizi
riconosciuti dalla legislazione vigente ai richiedenti asilo (iscrizione al servizio sanitario, accesso al
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lavoro, iscrizione scolastica dei figli, misure di accoglienza) che si fondano sulla titolarità del
permesso di soggiorno.
L’esclusione dall’iscrizione anagrafica si giustifica per la precarietà del permesso per richiesta
asilo e risponde alla necessità di definire preventivamente la condizione giuridica del richiedente.
L’articolo 14 reca varie disposizioni in materia di cittadinanza, modificando la legge n.
91/1992 (Nuove norme sulla cittadinanza).
In particolare la lettera a) del comma 1 abroga la disposizione della legge n. 91/1992 che
preclude il rigetto della domanda di cittadinanza iure matrimonii, determinando una ipotesi di
silenzio-assenso che inibisce anche il successivo rigetto per motivi di sicurezza della Repubblica.
La disposizione di cui alla lettera b) aumenta da 200 a 250 euro l’importo del contributo
richiesto per le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della
cittadinanza.
L’articolo aggiuntivo (art. 9-ter) introdotto nella legge n. 91/1992 con la lettera c) prolunga
da 24 a 48 mesi il termine per la conclusione dei procedimenti sia di concessione della cittadinanza
per residenza sia di quelli di attribuzione per matrimonio. Il medesimo termine si applicherà ai
procedimenti di riconoscimento della cittadinanza avviati dall’autorità diplomatica o consolare o
dall’ufficiale di stato civile per le istanze che si fondano su fatti accaduti prima del 1 gennaio 1948.
La lettera d) dell’articolo 14 introduce nella legge sulla cittadinanza un articolo 10-bis che, al
comma 1, prevede la revoca della cittadinanza per coloro che abbiano riportato condanne definitive,
per delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale per i
quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo
a dieci anni, nonché per i reati di assistenza ad appartenenti ad associazioni sovversive e con finalità
di terrorismo e di sottrazione di beni sottoposti a sequestro per prevenire il finanziamento di condotte
con finalità di terrorismo (articoli 270-ter e 270-quinquies.2, c.p.).
La revoca viene adottata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro
dell’Interno, entro tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati elencati.
Pertanto, il comma 3 dell’articolo provvede ad integrare l’articolo 1, comma 1, della legge 12 gennaio
1991, n. 13 che elenca gli atti adottabili nella forma del decreto del Presidente della Repubblica,
aggiungendo il provvedimento di revoca della cittadinanza.
L’ipotesi di revoca della cittadinanza si pone in linea con il vigente quadro normativo
nazionale. Infatti, nell’ambito del procedimento di concessione dello status civitatis, la valutazione
della condotta del richiedente è elemento determinante per accertare l’effettiva integrazione dello
straniero nel tessuto sociale e civile dello Stato cui ambisce di appartenere e del quale condivide i
principi fondanti dell’ordinamento. A tale proposito, l’articolo 6 della vigente legge n. 91 del 1992
prevede che è di ostacolo alla concessione della cittadinanza la commissione di gravi reati e la
sussistenza di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.
Appare ragionevole che le medesime valutazioni che portano al diniego della concessione
della cittadinanza siano poste a fondamento della previsione della revoca del predetto status nei
confronti dello straniero che anche se nato in Italia si sia rivelato pericoloso per la sicurezza dello
Stato per aver compiuto atti terroristici.
Del resto, anche nel quadro giuridico internazionale non si rileva alcuna norma che privi gli
Stati nazionali della competenza a decidere in merito ai criteri di appartenenza alla comunità
nazionale, ferma restando la necessità di garantire un adeguato bilanciamento tra gli interessi dello
Stato e quelli dell’individuo. Tale principio, secondo il quale rientra nelle attribuzioni degli Stati
nazionali il potere di determinare i criteri di acquisizione e conservazione dello status civitatis, appare
dispiegare i propri effetti anche nei confronti dell’apolide. In relazione a tale ipotesi, infatti, viene
all’attenzione la previsione contenuta nell’art. 8, comma terzo, della Convenzione delle Nazioni Unite
sulla riduzione dei casi di apolidia fatta a New York il 30 agosto 1961, in virtù del quale lo Stato
aderente “mantiene il diritto di privare una persona della sua cittadinanza” al ricorrere di specifici
presupposti e ove al momento della firma, della ratifica o dell’adesione sia stata manifestata
l’intenzione di conservare tale diritto”. Con la legge 29 settembre 2015, n. 162, di ratifica della citata
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Convenzione, lo Stato italiano, all’articolo 2, si è avvalso della citata facoltà. Tra i motivi che
consentono l’esercizio di tale facoltà è espressamente elencata l’ipotesi del grave pregiudizio agli
interessi vitali dello Stato, fattispecie che può certamente ritenersi integrata da condotte di stampo
terroristico, che ledono nel profondo quel principio di lealtà che lega un cittadino al proprio Stato di
appartenenza.
La revoca non opera nei più ampi casi di preclusione all’acquisto della cittadinanza previsti
dal citato art. 6 della legge n. 91/1992, ma si fonda sul presupposto della condanna in primo grado,
confermata in appello, per delitti commessi con finalità di terrorismo. In tal modo sono soddisfatte le
sopra citate esigenze di ragionevolezza e proporzionalità della previsione sanzionatoria rispetto alla
effettività e alla gravità della violazione degli interessi dello Stato determinata dall’illecito
individuale.
Il comma 2 dell’articolo 14 prevede che le disposizioni sull’allungamento dei termini per la
conclusione dei procedimenti si applicano anche ai procedimenti in corso.
Il comma 3 dell’articolo 14 integra la previsione normativa di cui all’articolo 1, comma 1,
comma 1, della legge n. 13/1991 che elenca gli atti adottabili nella forma di decreto del Presidente
della Repubblica.
L’articolo 15 reca disposizioni in materia di giustizia
La disposizione mira a colmare una lacuna normativa, allineando la disciplina prevista per il
processo civile a quella dettata per il processo penale dall’art. 106 del d.P.R. n.115/2002 recante il
testo unico in materia di spese di giustizia..
In particolare, il comma 1 responsabilizza il difensore della parte ammessa al patrocinio a
spese dello Stato, escludendo che questi abbia diritto all’anticipazione prevista dall’art. 131, comma
4, lettera a), del citato testo unico nei casi in cui l’impugnazione -proposta o coltivata- sia dichiarata
inammissibile. In tali casi, si ritiene non giustificato un costo a carico della collettività, poiché una
valutazione ponderata delle ragioni dell’impugnazione o una maggiore attenzione nella redazione del
reclamo, dell’appello o del ricorso per cassazione, avrebbero dovuto sconsigliare la proposizione del
gravame. La previsione completa sia la disciplina già dettata dall’art. 120 del citato testo unico che,
secondo l’interpretazione più attenta alla salvaguardia del diritto di difesa, impone, per i giudizi
impugnatori, di rinnovare il provvedimento di ammissione al beneficio in deroga all’art. 75 del
medesimo testo unico, sia la disciplina della revoca prevista dal successivo art. 136 per i casi in cui
l’ammissione sia stata pronunciata in difetto dei suoi presupposti o in presenza di mala fede o colpa
grave della parte.
Il comma 2 estende al processo civile una disposizione vigente per il processo penale,
coerentemente con il principio stabilito dall’art. 92 c.p.c., che consente al giudice di escludere la parte
vittoriosa dalla ripetizione delle spese superflue.
L’articolo 16 reca le disposizioni finanziarie
Nel Titolo II è prevista l’introduzione di norme finalizzate a rafforzare i dispositivi a garanzia della
sicurezza pubblica, con particolare riferimento alla minaccia del terrorismo e al contrasto delle
infiltrazioni criminali negli appalti pubblici, nonché al miglioramento del circuito informativo tra
le Forze di polizia e l’Autorità giudiziaria e alla prevenzione e al contrasto delle infiltrazioni
criminali negli enti locali. Al riguardo, sono previste disposizioni in materia di accesso al CED
interforze da parte del personale della polizia locale. Si prevede, altresì, un’apposita disposizione
finalizzata a consentire anche alla Polizia municipale di utilizzare in via sperimentale armi comuni
ad impulso elettrico, in analogia a quanto disposto per l’Amministrazione della pubblica sicurezza.
Tali disposizioni concretizzano specifici interventi nell’ambito della prevenzione di reati connotati
da profili di rilevante allarme sociale, in considerazione anche della frequenza degli stessi in questo
momento storico. Si pensi, in tale contesto, alla estensione dei controlli attraverso dispositivi
elettronici per particolari fattispecie di reato (maltrattamenti e stalking), alle prescrizioni in materia
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di contratti di noleggio per la prevenzione di atti di terrorismo, alla estensione dell’ambito di
applicazione del DASPO urbano, nonché per quello relativo alle manifestazioni sportive, per coloro
che siano indiziati per reati di terrorismo.
Proprio in quest’ultimo ambito, la prevenzione nella lotta al terrorismo, esaminate le peculiari
modalità di esecuzione di diversi attentati terroristici, si è ritenuta la necessità di intervenire con
mirate disposizioni finalizzate ad incidere (eliminando o quantomeno attenuando) i rischi di
possibili analoghe iniziative nel nostro Paese. Pertanto, gli interventi proposti sono relativi al
potenziamento dei sistemi informativi per il contrasto al terrorismo internazionale, nonché
all’introduzione di modalità operative che consentano una ancor più rapida ed efficace circolarità
dei flussi informativi tra CED e Forze di polizia.
L’obiettivo di una più efficace circolarità delle informazioni tra i diversi interlocutori istituzionali
coinvolti in materia è stato perseguito, nell’ambito del provvedimento in esame, anche attraverso
alcune disposizioni in materia di prevenzione e contrasto alla criminalità mafiosa, con particolare
riferimento all’ambito degli appalti e dell’attività di monitoraggio dei cantieri. Sono state previste,
al riguardo, disposizioni volte a consentire un monitoraggio aggiornato dei soggetti destinatari di
indagini patrimoniali, con particolare attenzione alla trasmissione dei flussi informativi tra uffici
giudiziari e le altre autorità che intervengono nelle diverse fasi procedimentali, connesse alle
proposte di misure di prevenzione patrimoniali.
Nell’ottica di una più incisiva attività di prevenzione e controllo sull’attività degli enti locali, è stata
introdotta una particolare ipotesi di controllo, da parte del prefetto, su uno o più settori amministrativi
dell’ente locale, qualora emergano situazioni anomale tali da determinare un’alterazione delle
procedure, così compromettendo il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni comunali
e provinciali. Il prefetto, al fine di ripristinare la legalità e il buon andamento dell’azione
amministrativa, individua i prioritari interventi di risanamento indicando gli atti da assumere, con la
fissazione di un termine per l’adozione degli stessi e fornisce ogni utile supporto tecnicoamministrativo
a mezzo dei propri uffici.
Decorso inutilmente il termine fissato, il prefetto assegna all’ente un ulteriore termine, non superiore
a 20 giorni, per la loro adozione, scaduto il quale si sostituisce, mediante commissario ad acta,
all’amministrazione inadempiente.
Sono state predisposte, inoltre, misure finalizzate al contrasto del fenomeno delle occupazioni
arbitrarie di immobili, attraverso l’inasprimento delle pene fissate nei confronti di promotori o
organizzatori dell’invasione, nonché con la possibilità, nei confronti degli stessi, di disporre
intercettazioni.
Il titolo III del provvedimento, suddiviso in due Capi, reca, nel primo, talune disposizioni
finalizzate a migliorare la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno ed a consentire il
mantenimento in bilancio di somme occorrenti alla compiuta attuazione della normativa in tema di
riordino del personale e delle carriere delle Forze armate e di polizia. Il Capo II contiene, invece,
disposizioni volte a migliorare l’efficienza e la funzionalità dell’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata,
attraverso il rafforzamento della sua organizzazione, con l’obiettivo di potenziare le attività di
contrasto alle organizzazioni criminali.
In tal senso, si è ritenuto necessario il rafforzamento dell’autonomia organizzativa dell’Agenzia, in
primo luogo attraverso un’implementazione della dotazione organica con la possibilità di istituire
fino a 4 sedi secondarie, in relazione a particolari esigenze, in regioni nelle quali sono presenti in
quantità significativa beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Sono infatti emerse,
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nel concreto svolgimento delle molteplici funzioni attribuite all’Agenzia – di analisi, consulenza,
supporto, monitoraggio e, soprattutto, di gestione diretta degli immobili e dei complessi aziendali
– alcune carenze strutturali, nonché la mancanza di personale specializzato, che hanno spesso
provocato rallentamenti nello svolgimento dell’azione amministrativa, impedendo all’Agenzia di
operare in modo rapido ed efficace.
Peraltro, i ritardi accumulati nelle diverse fasi procedimentali hanno causato, in molti casi, la
consistente perdita di valore patrimoniale dei beni confiscati, nonché l’impossibilità di esatta
quantificazione degli stessi. A fronte di tali criticità, si è ritenuto necessario intervenire al fine di
garantire – anche attraverso l’incremento del personale in servizio, nonché con la previsione di
modalità di reclutamento che consentano di acquisire specifiche professionalità e competenze –
un’accelerazione ed una maggiore funzionalità nelle diverse fasi dell’attività di gestione dei beni a
cura dell’Agenzia.
Al riguardo, uno dei problemi principali è stato rappresentato dalla lunghezza dei procedimenti e
dei processi (di prevenzione e penali) e, di conseguenza, dal tempo trascorso tra il sequestro del
bene, la sua confisca, la destinazione e la consegna ad un soggetto gestore finale per l’avvio di un
progetto di riutilizzo.
Nell’ambito dei procedimenti di vendita dei beni confiscati, con l’obiettivo di realizzare una più
proficua gestione degli stessi, accelerando le relative procedure e inserendo meccanismi per la messa
a reddito dei beni confiscati, sono stati introdotti meccanismi di semplificazione degli obblighi di
pubblicazione degli avvisi di vendita, nonché l’ampliamento della platea dei possibili acquirenti,
parallelamente alla previsione di rigorose preclusioni che consentano controlli efficaci, al fine di
evitare che i beni venduti possano tornare, in qualsiasi modo, nella disponibilità di soggetti mafiosi.
Nel dettaglio, si illustrano di seguito gli articoli inseriti nei Titoli II e III.
Art. 17 (Controllo, anche attraverso dispositivi elettronici, dell’ottemperanza al provvedimento di
allontanamento dalla casa familiare). L’intervento normativo estende le ipotesi di reato che
consentono al giudice di adottare il provvedimento di allontanamento dalla casa familiare anche al
di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280 ed amplia, parallelamente, le possibilità di
eseguire il medesimo provvedimento con mezzi elettronici o altri strumenti tecnici di cui
all’articolo 275-bis del codice di procedura penale. Più in dettaglio, la disposizione in esame
introduce la facoltà di utilizzare il braccialetto elettronico come strumento di controllo
dell’esecuzione del provvedimento di allontanamento dalla casa familiare nelle delicate ipotesi in
cui si proceda per i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e stalking, ossia in
situazioni caratterizzate da peculiari profili di pericolosità per l’incolumità personale della persona
offesa e destanti particolare allarme sociale.
Art. 18. (Disposizioni in materia di esecuzione di pene).
Si interviene sul decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, recante le norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del decreto legislativo che disciplina il processo penale minorile.
L’intervento recato dalla lettera a) del comma 1, lascia ferma ogni disposizione che consente
l’esecuzione penale nel circuito penitenziario minorile dei giovani adulti, tuttavia, autorizza
l’espulsione dal circuito penitenziario minorile, previo parere del magistrato di sorveglianza
competente, di coloro che abbiano recato problemi di sicurezza all’interno degli istituti ovvero
rifiutino il trattamento minorile. Allo stato la previsione riguarda solo i soggetti che abbiano
compiuto il ventunesimo anno di età; in contrario si stabilisce che ogni violazione comportamentale
grave e che costituisca rifiuto del trattamento minorile, possa dare luogo alla prosecuzione
dell’esecuzione in un istituto penitenziario per maggiorenni già al compimento del diciottesimo
anno.
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Alla lettera b) si dispone in materia di cumulo di titoli esecutivi, prevedendo di regola la
continuazione del trattamento, ove in corso, se sopraggiunge un titolo esecutivo per reato
commesso da adulto e sempre che non si sia compiuto il venticinquesimo anno di età. Tuttavia se
il condannato è già entrato nel circuito penitenziario adulto, a qualsiasi titolo e dunque per
espiazione anche parziale della pena o in esecuzione di custodia cautelare, la pena è destinata ad
essere eseguita nel medesimo circuito penitenziario, senza che possa prevedersi il reingresso in
istituto minorile, se per ipotesi nelle more debba essere posta in esecuzione una pena per reato
commesso da minorenne. In altri termini si impedisce che chi sia transitato nel circuito
penitenziario ordinario possa espiare la pena per un fatto commesso quando era minorenne in
istituto penitenziario minorile.
Art. 19 (Prescrizioni in materia di contratto di noleggio di autoveicoli per finalità di prevenzione del
terrorismo). La presente disposizione mira a perfezionare il sistema di prevenzione degli attacchi
perpetrati da organizzazioni e soggetti legati ad ambienti terroristici.
Gli attentati verificatisi nello scorso anno in diverse città europee hanno evidenziato come una delle
tattiche preferite dai predetti gruppi o anche da soggetti che operano in maniera autonoma sia quella
di utilizzare veicoli per colpire indiscriminatamente pedoni in luoghi affollati.
Le indagini svolte dai competenti Organi di polizia dei Paesi interessati hanno documentato come gli
autori di questi efferati attacchi abbiano impiegato veicoli presi a noleggio, riuscendo a passare più
facilmente inosservati.
Al fine di completare il quadro delle misure volte a scongiurare che tale tipologia di minaccia si
presenti anche nel nostro Paese, la disposizione prevede che gli esercenti l’attività di autonoleggio di
veicoli senza conducente comunichino i dati identificativi dei clienti al CED Interforze di cui
all’articolo 8 della legge n. 121/1981, al fine di verificare se a loro carico risultino specifici precedenti
o segnalazioni delle Forze di polizia relativi a fatti o situazioni rilevanti per la prevenzione del
terrorismo.
Tale comunicazione deve essere effettuata prima della stipula del contratto o comunque con almeno
un’ora di anticipo rispetto al momento della consegna dei veicolo.
La norma prevede che i dati oggetto della cennata segnalazione formino oggetto di un raffronto
automatico con i pertinenti dati inseriti nel CED per finalità di terrorismo. Nel caso in cui
dall’operazione di confronto emergano situazioni potenzialmente rilevanti ai fini della prevenzione
del terrorismo, il centro elaborazione dati provvede ad inviare all’Ufficio o al Comando delle Forze
di polizia territorialmente competente per il luogo in cui è ubicato l’autonoleggio, un segnale di
“alert” per i conseguenti controlli anche a norma dell’art. 4, primo comma, TULPS.
Art. 20 (Disposizioni in materia di accesso al CED interforze da parte del personale della polizia
municipale). La proposta normativa prevede un ampliamento dell’accesso da parte dei Corpi e servizi
della polizia municipale, nei Comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti, a specifici
archivi presenti nella banca dati del CED interforze.
Attualmente il collegamento telematico della polizia municipale al CED interforze di cui all’articolo
8 della legge 1° aprile 1981, n. 121 è regolato dal decreto del Ministro dell’interno 29 maggio 2001,
avente al oggetto il «Collegamento dei sistemi informativi a disposizione del personale della polizia
municipale addetto ai servici di polizia stradale con lo schedario dei veicoli rubati del centro
elaborazione dati del Dipartimento della pubblica sicurezza». Tale decreto ministeriale ha dato
attuazione all’art. 16-quater del d.l. 18 gennaio 1993, n. 8 (convertito, con modificazioni, dalla legge
19 marzo 1993, n. 68), il quale, nella formulazione originaria, prevedeva che il personale della polizia
municipale addetto ai servizi di polizia stradale, in deroga all’art. 9 della legge n. 121 del 1981, qualora
in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, potesse accedere «… allo schedario dei
veicoli rubati operante presso il Centro elaborazione dati di cui all’articolo 8 della predetta legge n.
121… ».
Allo stato, quindi, il CED interforze mette già a disposizione della polizia municipale i dati relativi ai
veicoli oggetto di furto, veicoli oggetto di appropriazione indebita, veicoli da sequestrare o da
confiscare per ordine dell’autorità giudiziaria, veicoli da fermare per comunicazioni al conducente.
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L’articolo all’art. 16-quater del d.l. 18 gennaio 1993, n. 8, è stato successivamente modificato dalla
lettera a) del comma 1 dell’art. 8, del d.l. 23 maggio 2008, n. 92, come sostituita dalla legge di
conversione 24 luglio 2008, n. 125. Nella nuova formulazione, accanto allo «schedario dei veicoli
rubati» sono stati aggiunti quello dei «documenti d’identità rubati o smarriti» e dei «premessi di
soggiorno rilasciati e rinnovati», con l’ulteriore previsione della possibilità di abilitare la polizia
municipale all’inserimento nel CED interforze dei «dati relativi ai veicoli rubati e ai documenti rubati
o smarriti … acquisiti autonomamente». È in corso di adozione lo specifico decreto ministeriale
destinato a definire le particolari modalità di realizzazione di tale collegamento.
Alla luce del quadro normativo vigente la proposta mira ad allargare il bacino dei dati cui può aver
accesso personale della polizia locale specificamente abilitato prevedendo che oltre alle ipotesi
previste dall’articolo 16-quater del decreto legge 18 gennaio 1993, n.8, convertito con modificazioni,
dalla legge 19 marzo 1993, n.68 il personale della polizia locale addetto ai servizi di polizia stradale,
in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, quando procede al controllo ed
all’identificazione delle persone, possa accedere alle informazioni relative ai provvedimenti dì ricerca
o di rintraccio delle persone fisiche, contenuti nel CED, in deroga a quanto previsto dal successivo
articolo 9 della legge 1° aprile 1981, n. 121.
La consultazione dei dati avviene per il tramite di un sistema/applicazione di risposta semaforica del
tipo hit/no hit, che consente in caso positivo di evidenziare l’eventuale sussistenza, in capo ai soggetti
controllati, di provvedimenti “attivi” nel citato sistema informativo i quali richiedono un seguito
operativo quali i provvedimenti restrittivi della libertà personale, i rintracci per notifica gli scomparsi,
i provvedimenti Schengen e provvedimenti inerenti la patente di guida.
La norma rinvia, quindi, ad un Decreto del Ministro dell’interno, da emanarsi entro 90 giorni dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentita la Conferenza Statocittà
ed autonomie locali, nonché il Garante per la protezione dei dati personali, la definizione delle
modalità di collegamento al Centro elaborazione dati e i relativi standard di sicurezza, nonché il
numero dei soggetti che ciascun comune può abilitare alla consultazione dei dati.
Art. 21 (Sperimentazione di armi ad impulsi elettrici da parte delle Polizie municipali).
Viene introdotta la proposta normativa finalizzata a consentire ai Corpi di polizia municipale, previa
adozione di un apposito regolamento comunale, emanato nel rispetto dei principi, concernenti anche
la formazione del personale, stabiliti in conformità alle linee generali adottate in materia di
formazione del personale e di tutela della salute, con accordo sancito in sede di Conferenza Unificata,
di utilizzare in via sperimentale armi comuni ad impulso elettrico in analogia a quanto disposto per
l’Amministrazione della pubblica sicurezza. In particolare, il comma 1 della disposizione fissa alcuni
criteri di applicabilità della sperimentazione, riservata ai Comuni superiori a 100.000 abitanti, nonché
ulteriori parametri per la durata della sperimentazione e l’individuazione del personale che può essere
a tale sperimentazione destinato.
Con riguardo alle possibili implicazioni di natura sanitaria, derivanti dall’attività di sperimentazione
dell’arma ad impulsi elettrici, è previsto che il predetto regolamento comunale, d’intesa per questo
aspetto con le aziende sanitarie locali competenti per territorio, preveda forme di coordinamento tra
queste ultime e i Corpi e Servizi di polizia municipale.
Per quanto riguarda gli oneri, i Comuni e le Regioni, ciascuno per i profili di competenza, provvedono
all’attuazione della disposizione nei limiti delle risorse disponibili nei propri bilanci.
Art. 22 (Estensione dell’ambito di applicazione del DASPO per le manifestazioni sportive).
La disposizione amplia la platea dei destinatari del cd. DASPO per le manifestazioni sportive, di cui
all’articolo 6 della legge 3 dicembre 1989 n. 401. È noto che le manifestazioni sportive, costituendo
momento di aggregazione di persone, possano rappresentare un obbiettivo sensibile per potenziali
attacchi terroristici. La disposizione in parola, pertanto, per evidenti esigenze di prevenzione,
consente l’adozione del divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive anche
nei confronti di coloro che siano indiziati di uno dei reati previsti dall’articolo 51, comma 3-quater,
del codice di procedura penale e a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere
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atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti a sovvertire l’ordinamento dello
Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I del titolo VI del libro II del codice penale
o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice, nonché alla commissione
dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in
territorio estero a sostegno di un’organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all’articolo
270-sexies del codice penale.
Art. 23 (Estensione dell’ambito di applicazione del DASPO urbano). La disposizione reca la
modifica all’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, ed inserisce i presidi
sanitari e le aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati e pubblici spettacoli nell’elenco dei luoghi
che possono essere individuati dai regolamenti di polizia urbana ai fini dell’applicazione delle misure
a tutela del decoro di particolari luoghi.
Ciò determina, quindi, la possibilità di applicare, tra l’altro, la misura del provvedimento di
allontanamento del Questore (DASPO urbano) nei confronti dei soggetti che pongono in essere
condotte che impediscono l’accessibilità e la fruizione dei suddetti presidi dei citati eventi.
Art. 24 (Potenziamento di apparati tecnico-logistici del Ministero dell’interno). La proposta è
finalizzata a corrispondere alle contingenti e straordinarie esigenze della Polizia di Stato e del Corpo
Nazionale dei Vigili del Fuoco, ivi compreso il rafforzamento dei nuclei N.B.C.R. del predetto Corpo,
per l’acquisto ed il potenziamento dei sistemi informativi per il contrasto del terrorismo internazionale
nonché per il finanziamento di interventi diversi di manutenzione straordinaria e adattamento di
strutture ed impianti.
A tal fine, con l’intervento di cui al comma 1, si provvede ad autorizzare, a favore del Ministero
dell’interno, una spesa complessiva di 15.000.000 per l’anno 2018 e di euro 49.150.000 per ciascuno
degli anni dal 2019 al 2025.
Con il comma 2, infine, si prevede la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1.
Art. 25 (Disposizioni in materia di blocco stradale). Il comma 1 del presente intervento normativo è
finalizzato ad irrobustire l’attuale sistema sanzionatorio in materia di “blocco” alla libera circolazione
sulle strade, prevedendo che le condotte di ostruzione o ingombro della circolazione su strada
ordinaria e ferrata e di deposizione o abbandono di congegni o altri oggetti su strada ordinaria – oggi
depenalizzate – siano riconfigurate come delitto e punite con la pena della reclusione da uno a sei
anni, in analogia a quanto attualmente previsto per l’impedimento della circolazione sulle linee
ferrate attraverso la deposizione di congegni o altri oggetti. La norma si rende necessaria al fine di
fronteggiare i sempre più frequenti episodi di blocco stradale, posti in essere anche nella forma di
assembramento, suscettibili di colpire una pluralità di beni giuridici che comprendono non solo la
sicurezza dei trasporti, ma anche la libertà di circolazione. Conseguentemente viene disposta
l’abrogazione dell’articolo 1-bis del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, che configurava le
predette condotte quali mere ipotesi di illecito amministrativo. Il successivo comma interviene sul
Testo Unico in materia di immigrazione, prevedendo che la condanna con sentenza definitiva per uno
dei reati di cui all’ articolo 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, costituisca causa ostativa
all’ingresso dello straniero nel territorio dello Stato e conseguentemente determini il rifiuto o la
revoca del permesso di soggiorno ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del citato Testo Unico.
Art. 26.(Modifiche al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159).
La legge n.161 del 2017 ha introdotto all’articolo 7 del codice antimafia il comma 10-quinquies: «Il
decreto di accoglimento, anche parziale, della proposta pone a carico del proposto il pagamento delle
spese processuali».
Nell’originario disegno di legge era prevista analoga disposizione in materia di appello. In particolare
era introdotto un comma 2-quater all’articolo 27 in materia di impugnazioni avverso il decreto di
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confisca che disponeva: «In caso di conferma anche parziale del decreto impugnato, la corte di appello
pone a carico della parte che ha proposto l’impugnazione il pagamento delle spese processuali.».
All’esito dell’iter di approvazione il testo dell’art.27, espunto ogni riferimento alla condanna alle
spese, stabilisce: «Per le impugnazioni contro detti provvedimenti si applicano le disposizioni previste
dall’articolo 10», rinviando cioè alle norme in materia di impugnazione dei provvedimenti applicativi
delle misure personali.
Allo stato delle vigente disciplina è dunque prevista la condanna del proposto solo all’esito del
giudizio di primo grado anche in relazione all’applicazione delle misure patrimoniali; l’art.24
stabilisce infatti: «al procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dettate dal titolo I, capo II, sezione I», ivi compreso
pertanto l’art.7.
La previsione inserita nel corpo dell’art. 10, cui rinvia l’art. 27 in materia di appello avvero i decreti
di confisca, consentirebbe dunque in caso di soccombenza la condanna del proposto alle spese, in
maniera coerente con gli intenti originariamente perseguiti con la riforma del codice antimafia e
riallinea la disciplina in materia con quanto previsto per il giudizio di primo grado.
Con riferimento alla modifica dell’articolo 17, esso è stato interamente riscritto dalla L. 17 ottobre
2017 n. 161. Il comma 3-bis, in particolare, al fine di consentire al procuratore della Repubblica
distrettuale di verificare che non si arrechi pregiudizio alle attività di indagine condotte anche in altri
procedimenti, ha introdotto alcuni obblighi in capo al questore e al direttore della Direzione
investigativa antimafia. Tuttavia tali innovazioni sono intervenute incidendo, nella sostanza, sugli
equilibri previsti nel nostro Ordinamento nell’esercizio di autonome funzioni, ancorché concorrenti,
riservate rispettivamente all’Autorità giudiziaria e all’Autorità di pubblica sicurezza. Ed invero nel
sistema delle misure di prevenzione i titolari del potere di proposta sono collocati in posizione
paritetica. Lo stesso Codice antimafia, infatti, nel delineare un percorso differenziato per
l’applicazione delle varie misure di prevenzione, non solo conferma la competenza del questore ma
recepisce le novità introdotte in passato con i “pacchetti sicurezza” del 2008 e 2009, riconoscendo un
ruolo di primo piano al direttore della Direzione investigativa antimafia. Peraltro non sfugge che ai
fini dell’esercizio della funzione general-preventiva di tutela della sicurezza pubblica, le predette
misure rappresentino un prezioso strumento per l’Autorità di pubblica sicurezza, la cui azione in tale
ambito è connotata da discrezionalità, come, fermo restando il necessario coordinamento tra i soggetti
istituzionali coinvolti, si evince dalla formulazione dell’articolo 5 del “Codice Antimafia”, laddove
stabilisce che il potere di proposta “può” essere esercitato dai titolari. L’esistenza di una sfera di
discrezionalità dell’organo che detiene la titolarità della proposta è suffragata dalla considerazione
che nella proposta di applicazione della misura devono essere esplicitate in modo chiaro le ragioni
che la sorreggono e che consentono di giustificare l’avvio della procedura di prevenzione, in ordine
alle quali il giudice non ha alcun potere di integrazione. In ciò sostanzia il carattere non officioso
della procedura per cui, come riconosciuto da concorde opinione giurisprudenziale, il petitum
dell’istanza delimita la conoscenza del giudice e i suoi poteri di intervento. Alla luce di tali premesse,
appare ingiustificata la previsione di cui al punto c) del proposto art. 3 bis – sopra citato – che stabilisce
l’inammissibilità della proposta non comunicata nei termini anzidetti, non appare funzionale e
congrua rispetto all’esigenza di garantire il raccordo informativo. Nello stesso senso, appare critica
l’introduzione, al medesimo articolo della nuova lettera d), recante l’obbligo – posto in capo alle
Autorità amministrative – di adottare un “provvedimento motivato” ove non sussistano i presupposti
per l’attivazione della misura. Tale ultima disposizione presuppone, infatti, la codificazione
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normativa di un provvedimento formale di inizio del procedimento cui non può equipararsi la
comunicazione attualmente prevista dall’articolo 81 del Codice antimafia. Al fine di eliminare le
criticità suesposte la disposizione proposta reca le opportune modifiche soppressive al già richiamato
art. 17, comma 3-bis del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
La modifica dell’articolo 19, comma 4, è necessaria a soddisfare l’esigenza, rimarcata anche
dall’Agenzia delle entrate, di definire nel dettaglio la natura dei dati a cui le Autorità proponenti
possono accedere, atteso che il Sistema per l’interscambio di flussi dati (SID) non rappresenta un
contenitore di informazioni predeterminate, ma esclusivamente un canale utilizzato per il transito di
dati concernenti diversi settori. Nella fattispecie appare opportuno consentire l’accesso per le finalità
connesse all’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali esclusivamente alle notizie
afferenti ai conti correnti, in particolare: saldi iniziali e finali dei rapporti bancari e movimentazione
media. Resta ovviamente ferma la possibilità da parte delle Autorità proponenti di richiedere con
proprio decreto ulteriori informazioni di dettaglio direttamente agli istituti di credito.
Si evidenzia, altresì, con riguardo all’accesso all’Anagrafe tributaria, che la modalità convenzionale
appare lo strumento più idoneo a disciplinare tempistica, modalità di accesso, gestione degli utenti,
specifiche caratteristiche dei servizi disponibili, nonché misure necessarie ad assicurare la protezione
dei dati personali e la sicurezza informatica, come, peraltro, sperimentato da alcune delle
amministrazioni interessate per analoghe finalità.
Si segnala, inoltre, che l’articolo 47 del decreto legislativo n. 51 del 2018 già prevede il ricorso a
convenzioni volte ad agevolare la consultazione telematica per l’accesso a banche dati da parte
dell’Autorità di pubblica sicurezza e delle Forze di polizia sulla base di convenzioni-tipo adottate dal
Ministero dell’interno su conforme parere del Garante per la protezione dei dati personali.
La disposizione che modifica il comma 8 dell’articolo 67, è finalizzata ad estendere gli effetti dei
divieti e delle decadenze previsti dai commi 1, 2 e 4 del citato articolo derivanti dall’applicazione di
misure di prevenzione nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non
definitiva, confermata in grado di appello, anche per i reati di truffa ai danni dello Stato o altro ente
pubblico di cui all’articolo 640, comma 2, punto 1, c.p., e per quello di truffa aggravata per il
conseguimento di erogazioni pubbliche, di cui all’art. 640-bis c.p. A seguito di tale intervento,
conseguentemente, si applicano ai predetti soggetti le fattispecie ostative che impediscono il rilascio
della documentazione antimafia, delle comunicazioni antimafia di cui all’articolo 84 e delle verifiche
antimafia di cui all’articolo 85 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice Antimafia).
Ed invero i reati di truffa ai danni dello Stato o altro ente pubblico di cui all’articolo 640 c.p., comma
2, punto 1, 640-bis e quello di sub-appalto di cui all’articolo 21 della legge 13 settembre 1982, n.646,
nonostante siano nella prassi le attività delittuose poste in essere più frequentemente per ottenere il
controllo illecito degli appalti, non figurano, nel quadro normativo attuale, tra le ipotesi rilevanti al
fine del diniego del rilascio della documentazione antimafia. A tale lacuna pone rimedio la
disposizione in commento che modifica il comma 8 dell’articolo 67 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n.
159 (Codice antimafia).
Art. 27 (Sanzioni in materia di subappalti illeciti). La disposizione mira ad inasprire il trattamento
sanzionatorio per le condotte degli appaltatori che facciano ricorso, illecitamente, a meccanismi di
subappalto. L’intervento prevede, in primo luogo, la trasformazione in delitto del reato
contravvenzionale in parola e, secondariamente, l’equiparazione della sanzione personale a quella
prevista per il reato di frode nelle pubbliche forniture.
Art. 28 (Monitoraggio dei cantieri). La disposizione è volta a garantire una maggiore circolarità delle
informazioni per un più puntuale monitoraggio dei cantieri. A tal fine viene ampliata la platea dei
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destinatari della segnalazione di inizio attività dei cantieri in una provincia, includendo il prefetto,
quale autorità di Governo che presiede il gruppo di accesso nei cantieri stessi.
Art. 29 (Disposizioni per migliorare la circolarità informativa). L’intervento è finalizzato a
consentire anche alle Autorità proponenti di richiedere la collaborazione dell’Unità di Informazione
Finanziaria (UIF) per ottenere le informazioni in possesso della predetta Unità, tra cui segnalazioni
di operazioni sospette e i dati in possesso delle omologhi organismi esteri, sui soggetti destinatari di
proposte di misure di prevenzione patrimoniali.
La disposizione, al comma 2, aggiorna l’obbligo di trasmissione delle sentenze di condanne
irrevocabili a pene detentive, già esistente per le cancellerie degli uffici giudiziari aggiungendovi
anche i provvedimenti ablativi o restrittivi. Tale aggiornamento consentirà una maggiore circolarità
delle informazioni anche al fine di un monitoraggio aggiornato dei soggetti meritevoli di indagini
patrimoniali.
Art. 30 (Modifiche all’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267). Con la
disposizione in esame viene individuato un “nuovo” istituto che consente di adottare interventi
straordinari nel caso in cui, all’esito dell’accesso, pur non rinvenendosi gli elementi concreti,
univoci e rilevanti per disporre lo scioglimento dell’ente locale, tuttavia siano stati riscontrate, in
relazione ad uno o più settori amministrativi, anomalie o illiceità tali da determinare uno sviamento
dell’attività dell’ente.
La proposta normativa prevede dunque che, qualora dalla relazione del Prefetto emergano, in
relazione ad uno o più settori amministrativi, situazioni anomale o comunque sintomatiche di
condotte illecite o di eventi criminali tali da determinare un’alterazione delle procedure e da
compromettere il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, lo
stesso , al fine di far cessare le anomalie o illegalità riscontrate con l’accesso e di ricondurre alla
normalità l’attività amministrativa dell’ente, individua i prioritari interventi di risanamento indicando
gli atti da assumere, con la fissazione di un termine per l’adozione degli stessi e fornisce ogni utile
supporto tecnico-amministrativo a mezzo dei propri uffici.
Decorso inutilmente il termine fissato, il prefetto assegna all’ente un ulteriore termine, non superiore
a 20 giorni, per la loro adozione, scaduto il quale si sostituisce, mediante commissario ad acta,
all’amministrazione inadempiente.
Art. 31 (Modifiche in materia di attività svolte negli enti locali dal personale sovraordinato ai
sensi dell’art. 145 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267)
La proposta mira ad attualizzare il valore, fermo all’anno 2007, dello stanziamento massimo per la
copertura finanziaria degli oneri connessi alle attività svolte, ai sensi dell’articolo 145 del TUEL n.
267/2000, dal personale sovraordinato presso le Commissioni governative deputate a gestire i comuni
e le province i cui Consigli vengano sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo
mafioso o similare.
In tal senso, si consideri che nell’ultimo decennio l’attività delle Commissioni straordinarie è
aumentata in modo esponenziale, in relazione al crescente numero di enti sciolti per infiltrazione, in
questo momento nel numero di 48, compresi i comuni di Vittoria e Lametia terme di notevole
dimensione. Pertanto, al fine di adeguare l’intervento all’evoluzione storica del fenomeno e per
garantire la qualità dell’azione amministrativa presso gli enti locali, si rende necessario incrementare,
fino a un massimo di cinque milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2018, le apposite risorse
individuate dall’articolo 1, comma 706, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. A tal fine è previsto
l’utilizzo delle risorse che si rendono disponibili durante l’anno, relative alle assegnazioni a
qualunque titolo spettanti all’ente corrisposte dal Ministero dell’interno.
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Art. 32 (Modifiche all’articolo 633 del Codice penale) la disposizione introduce, nei confronti dei
promotori ed organizzatori delle occupazioni, un’ipotesi aggravata del reato di invasione di terreni ed
edifici ex art. 633 c.p., con pena aumentata fino a 4 anni.
Art. 33 (Modifiche all’articolo 266 del Codice di procedura penale). Allo scopo di potenziare le
risorse investigative e ampliare le opzioni giudiziarie nei confronti delle “menti” – spesso speculative
od espressive di interessi occulti, di matrice non solo politico-ideologica ma anche criminale – delle
occupazioni abusive, vengono incrementati gli strumenti del contrasto con norme che consentono
anche il ricorso alle intercettazioni telefoniche.
Con il Titolo III, composto di due Capi, si introducono disposizioni per la funzionalità del Ministero
dell’interno con riferimento sia al disegno complessivo di riorganizzazione dell’Amministrazione
civile che a specifiche norme concernenti il personale delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco e si prevedono interventi anch’essi volti a potenziare l’organizzazione e il
funzionamento dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati. Nel dettaglio, il Capo I si
compone di quattro articoli, dal 34 al 37, che di seguito si illustrano:
Art. 34 (Disposizioni per la riorganizzazione dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno).
La disposizione di cui all’articolo 33 si inserisce nel processo di razionalizzazione della Pubblica
Amministrazione, fondato su criteri di economicità e revisione della spesa, nel cui contesto sono state
previste anche riduzioni delle dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato e la conseguente
adozione dei regolamenti di riorganizzazione. La norma in esame presenta carattere di necessità e
urgenza in quanto il 31 dicembre del 2018 scadranno i termini per l’adozione, da parte del Ministero
dell’interno, del proprio regolamento di organizzazione.
Infatti, il decreto legge n. 95 del 2012 aveva previsto, all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b), comma
10 e comma 11:
 la riduzione, entro il 31 dicembre 2012, degli uffici dirigenziali, pari alla misura del 20 per
cento, per quelli di livello generale e non generale e delle relative dotazioni organiche, e per
il personale non dirigenziale in misura non inferiore al 10 per cento della complessiva spesa
relativa al numero dei posti di organico di tale personale;
 l’adozione, entro sei mesi dall’assunzione dei provvedimenti di riduzione delle dotazioni
organiche, dei conseguenti provvedimenti di riorganizzazione, da attuare secondo principi di
concentrazione, riordino delle competenze;
 l’avvio di procedure di riassorbimento del personale in esubero cui provvedere mediante
pensionamento, mobilità, anche intercompartimentale o part-time, la cui compatibilità doveva
essere verificata attraverso la predisposizione da parte delle Amministrazioni, entro un
termine specificamente indicato (31 dicembre 2013), di un piano previsionale delle cessazioni
di personale in servizio, salvo, in caso contrario, la dichiarazione di esubero del dipendente ai
fini dall’avvio della procedura di cui all’articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Per il personale dell’Amministrazione civile del Ministero dell’interno, in deroga alla disciplina
generale, è stato sin da subito disposto dallo stesso articolo 2 del provvedimento di spending review,
che tali riduzioni dovessero essere applicate solamente all’esito della procedura di soppressione e
razionalizzazione delle province. Il suddetto termine è stato poi più volte differito in ragione della
necessità di garantire la piena funzionalità dell’Amministrazione, impegnata in delicate missioni,
come quella di tutela della sicurezza pubblica, senza soluzione di continuità rispetto alla sua
organizzazione amministrativa ed operativa. L’art. 12, comma 1-bis, del decreto-legge 17 febbraio
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2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46, ha da ultimo fissato il
termine per l’adozione del regolamento di organizzazione del Ministero dell’interno al 31 dicembre
2018. Ad oggi, dunque, la prospettiva di riorganizzazione del Ministero dell’interno resta ancorata
all’adozione, entro il 31 dicembre 2018, del regolamento di riorganizzazione che renda effettivo
anche quanto previsto, nel frattempo, con il D.P.C.M. 22 maggio 2015, la cui efficacia continua a
rimanere sospesa proprio in attesa dell’adozione del citato provvedimento di riorganizzazione.
L’approssimarsi della scadenza per l’adozione della nuova organizzazione del Ministero dell’interno,
unitamente alla considerazione che occorre adottare, nell’immediato, meccanismi che consentano
comunque di mantenere la piena funzionalità dell’Amministrazione, da sempre impegnato sui temi
primari degli affari interni dello Stato, soprattutto in riferimento alla propria rete territoriale, rendono
necessario e urgente definire nuovi criteri in base ai quali coniugare tali esigenze, individuando
soluzioni, anche sotto il profilo organizzativo, che consentano di corrispondere pienamente e
concretamente all’assolvimento dei delicati compiti istituzionali, in un contesto assai delicato per la
contestuale presenza di minacce alla sicurezza, come quelle del terrorismo e della criminalità
organizzata, nonché per la necessità di gestire problematiche complesse come quelle legate al
fenomeno migratorio.
In particolare, la disposizione introduce, con il comma 1, lettere a) e b) nuovi criteri e modalità di
computo, in base ai quali è previsto che il Ministero dell’interno, calcolata la percentuale del 20 per
cento degli uffici dirigenziali di livello generale prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135,
nella misura complessiva di ventinove posti di livello dirigenziale generale provvederà:
 alla riduzione di otto posti di livello dirigenziale generale assegnati ai prefetti nell’ambito
degli uffici centrali del Ministero dell’interno di cui al vigente regolamento di organizzazione,
con conseguente rideterminazione della dotazione organica dei prefetti di cui alla Tabella 1,
allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 maggio 2015, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale dell’8 settembre 2015, n. 217. Ai fini del computo degli otto posti si terrà
conto della soppressione della Direzione centrale per gli affari generali della Polizia di Stato
del Dipartimento della Pubblica sicurezza già previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica 2 agosto 2018, in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, che riscrivendo
taluni assetti organizzativi nell’ambito del Dipartimento della Pubblica sicurezza, ha
anticipato, limitatamente alla suddetta struttura di livello dirigenziale generale, il più
complessivo processo di riorganizzazione cui il Ministero dell’interno dovrà provvedere entro
il 31 dicembre 2018, ai sensi dell’art. 12, comma 1-bis, del decreto-legge 17 febbraio 2017,
n. 13.
 alla soppressione di ventuno posti di prefetto fra quelli collocati a disposizione per specifiche
esigenze in base alla normativa vigente, con conseguentemente rideterminazione delle
quantificazioni e delle percentuali a tal fine autorizzate dalle disposizioni di cui all’articolo
237 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 (che, per i prefetti, non
potranno eccedere il numero di due unità oltre quelli dei posti del ruolo organico), all’articolo
3-bis del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
dicembre 1991, n. 410 (che passano dal 15 al 5 per cento della dotazione organica) e
all’articolo 12, comma 2-bis del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139 (che per i prefetti
prevedrà il collocamento in disponibilità entro l’aliquota dell’1 per cento della dotazione
organica).
51
Il comma 2 dispone che restano ferme le dotazioni organiche dei viceprefetti e dei viceprefetti
aggiunti, del personale appartenente alle qualifiche dirigenziali di prima e di seconda fascia, nonché
del personale non dirigenziale appartenente alle aree prima, seconda e terza dell’Amministrazione
civile dell’Interno di cui alla Tabella 1 allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22
maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 settembre 2015, n. 217.
Con il comma 3, in considerazione della riduzione declinata dai precedenti commi, viene modificata
in senso riduttivo – da 17 a 14 unità – l’aliquota riservata, ai sensi dell’articolo 42, comma 1, della
legge 1 aprile 1981, n. 121, ai dirigenti generali di pubblica sicurezza, nell’ambito della dotazione
organica di cui alla tabella B allegata al decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139.
Il comma 4 mantiene fermo il termine del 31 dicembre 2018, per l’adozione da parte del Ministero
dell’interno del proprio regolamento di organizzazione, come già disciplinato dall’articolo 12, comma
1-bis, primo periodo, del decreto-legge 17 febbraio 2018, n. 13, convertito, in legge, con
modificazioni. E’ previsto inoltre che entro il medesimo termine si provvede a dare attuazione alle
disposizioni di cui all’articolo 2, comma 11, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per la predisposizione di un piano
previsionale delle cessazioni del personale in servizio, con conseguente riassorbimento, entro il
biennio successivo, degli effetti derivanti dalle riduzioni di cui ai commi 1 e 2 .
Art. 35 (Norme in materia di pagamento di indennità accessorie delle Forze di polizia). La norma
consente il superamento del limite massimo di spesa per il trattamento accessorio del personale, anche
di livello dirigenziale, delle Forze di polizia, imposto dall’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017,
attuativo della riforma c.d. Madia di cui alla legge n. 124 del 2015. Infatti, pur a fronte di debita e
sufficiente copertura finanziaria, tale vincolo, presente nella vigente normativa, non autorizzerebbe il
pagamento delle predette indennità.
Art. 36 (Incremento richiami personale volontario del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Il
recente decreto legislativo del 2 gennaio 2018, n. 1, “Codice di protezione civile”, accentua la centralità
del ruolo dei vigili del fuoco all’interno del Servizio nazionale di protezione civile, non solo riaffermando
la sua funzione di componente fondamentale di tale Servizio, ma disegnando un sistema fortemente
interconnesso tra strutture delle amministrazioni centrali dello Stato, Enti locali ed organizzazioni di
volontariato che sia in grado di prevenire e contrastare i danni derivanti da eventi naturali o dall’attività
dell’uomo sull’intero territorio nazionale. Già in precedenza, il legislatore aveva inteso ampliare la sfera
di competenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco assegnando ad esso, con il decreto legislativo n.
177 del 2016, delicati compiti in materia di lotta attiva agli incendi di bosco.
I comandi provinciali dei vigili del fuoco, come è noto, per completare la propria capacità di risposta
operativa, ricorrono quotidianamente alle prestazioni della componente volontaria, sia richiamando in
servizio personale “discontinuo” per sopperire alla mancanza di personale di ruolo (esigenza fortemente
diminuita per effetto dei ripetuti interventi normativi di potenziamento d’organico e di riduzione delle
carenze esistenti, in parte realizzate mediante procedure di stabilizzazione del personale in parola) sia,
soprattutto, avvalendosi dell’attività dei distaccamenti volontari che operano, in maggior misura, in zone
del Paese di particolare fragilità ambientale (si pensi all’arco alpino e alla dorsale appenninica).
Con la presente disposizione si mira ad integrare l’attuale dotazione finanziaria, fissata dall’articolo 6-bis
del decreto-legge n. 113 del 2016 in euro 15.052.678 annui, dell’importo di euro 5,9 milioni per l’anno
2019 e di euro 5 milioni a decorrere dall’anno 2020.
Tali somme aggiuntive consentirebbero di effettuare ulteriori richiami annuali di personale “discontinuo”
(consistenti in periodi lavorativi di 14 giorni) nella misura di circa 3890 per l’anno 2019 e di circa 3300
per gli anni successivi).
Art. 37 (Ulteriori disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle
Forze di polizia e delle Forze armate)
52
La disposizione è volta a consentire la cristallizzazione nonché l’integrazione delle risorse finanziarie
dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24
dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, destinandole espressamente alla revisione dei
ruoli delle Forze di polizia prevista in attuazione dell’articolo 8, commi 1, lettera a), n. 1), e 6, della
legge 7 agosto 2017, n. 124, e al riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate
previsto in attuazione dell’articolo 1, comma 5, secondo periodo, della legge 31 dicembre 2012, n.
244. L’intervento si rende necessario in quanto lo schema di decreto legislativo recante disposizioni
integrative e correttive al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, concernente disposizioni in
materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, approvato in via preliminare dal Consiglio dei
Ministri il 6 luglio 2018, attualmente all’esame delle Commissioni riunite I e IV della Camera dei
Deputati e del Senato (A.G. n. 35), contiene disposizioni di carattere prevalentemente tecnico ed
impiega poco più di 700.000 euro a regime delle risorse già disponibili di oltre 15 milioni di euro a
decorrere dal 2018. Il contenuto necessariamente circoscritto del predetto schema di decreto è stato
determinato dalla mancanza di una corrispondente delega per adottare disposizioni integrative e
correttive anche allo speculare decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, recante il riordino dei ruoli
e delle carriere del personale delle Forze armate, previsto in attuazione dell’articolo 1, comma 5,
secondo periodo, della legge 31 dicembre 2012, n. 244.
Con specifico riferimento al riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, si
prevede che all’onere derivante per l’integrazione delle risorse della citata autorizzazione di spesa
quantificato in 5 milioni di euro strutturali decorrenti dal 2018, si provveda mediante l’utilizzo di
corrispondenti quote dei risparmi di spesa di parte corrente di natura permanente, di cui all’articolo 4,
comma 1, lettere c) e d), della legge 31 dicembre 2012, n. 244.
L’intervento si rende, pertanto, necessario e urgente anche in relazione all’esigenza di confermare –
prima dell’approvazione in via definitiva del decreto legislativo correttivo per le sole Forze di polizia
previsto entro il prossimo 5 ottobre – l’intendimento del Governo ad attuare compiutamente la
revisione dei ruoli per il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, attraverso i previsti
successivi provvedimenti “correttivi” ad entrambi i decreti legislativi nn. 94 e 95.
Il Capo II si compone, a sua volta, di tre articoli, dal 38 al 40, che di seguito si illustrano:
Art. 38 (Razionalizzazione delle procedure di gestione e destinazione dei beni confiscati).
L’art. 35, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, prevede che al momento del
conferimento dell’incarico, onde monitorare il numero massimo di tre gestioni aziendali che ciascun
professionista può assumere, l’amministratore giudiziario è tenuto a comunicare al tribunale gli
incarichi in corso anche se conferiti dall’Agenzia. Pertanto, sussistendo detto limite, il professionista
non potrà assumere ulteriori incarichi e sarà costretto a scegliere l’ente committente, Autorità
giudiziaria o Agenzia, per il quale svolgere l’incarico, con plausibile prevalenza della prima sulla
seconda per motivazioni di ordine economico.
Con la presente disposizione si vuole pertanto evitare una stasi gestionale originata dalla norma in
esame, consentendo al professionista di poter acquisire, se del caso, tre incarichi dall’autorità
giudiziaria, mantenendo le gestioni già in essere quale coadiutore dell’Agenzia. In questo modo, si
garantirebbe quella continuità gestionale che nell’ambito dell’amministrazione aziendale assicura,
oltre alla conoscenza della specifica realtà economico-produttiva, stabilità di piani e programmazioni.
La disposizione, al comma 2, modifica l’articolo 38, comma 3 del Codice antimafia. Più in
particolare, la suddetta modifica consente all’Agenzia di individuare il coadiutore – di cui l’ente si
avvale per la gestione dei beni confiscati fino all’emissione del provvedimento di destinazione –
53
anche tra soggetti diversi da quello nominato amministratore giudiziario dal tribunale; la disposizione
precisa, inoltre, che, se diverso dall’amministratore giudiziario, il soggetto individuato debba essere
comunque in possesso della specifica professionalità, rispettivamente, delineata ai commi 2 e 2-bis
dell’articolo 35.
Infine, la disposizione in esame, introduce alcune modifiche all’art. 48 del decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 159 e, in particolare:
al comma 3, corregge un refuso contenuto nella disciplina in vigore, prodottosi nel corso dell’iter
parlamentare della L. 161/2017, a causa di un insufficiente coordinamento delle varie proposte di
legge da cui la riforma è scaturita: infatti, in una prima fase dell’iter la vigilanza sull’Agenzia veniva
attribuita al Presidente del Consiglio dei ministri, con conseguente modifica di tutti i richiami
all’autorità di vigilanza; nella versione definitiva, ripristinata la vigilanza in capo al Ministro
dell’interno, è stata omessa, verosimilmente per una svista, la modifica del comma indicato, che
contempla un’autorizzazione all’utilizzo da parte dell’Agenzia per finalità economiche dei beni
immobili confiscati mantenuti al patrimonio dello Stato. Di fatto, allo stato attuale, l’attribuzione di
tale competenza al Presidente del Consiglio dei Ministri appare singolare e incoerente dal punto di
vista sistematico.
La disposizione di cui al comma 3, sub 2) estende alle città metropolitane il novero degli enti
territoriali cui possono essere trasferiti i beni immobili confiscati, con la precisazione che essi
confluiscono nel relativo patrimonio ‘indisponibile’, con ciò rendendo esplicito il vincolo che ne
preclude il distoglimento dal fine pubblico assegnato.
La disposizione di cui comma 3, sub 3) supera l’attuale automaticità del trasferimento al Comune dei
beni nel caso di confisca conseguente al reato di cui all’articolo 74 del Testo unico in materia di
stupefacenti (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope) per la
loro destinazione a centri di cura e recupero di tossicodipendenti ovvero a centri e case di lavoro per
i riabilitati. La modifica tiene conto della circostanza che non tutti i beni confiscati per tale reato
possono prestarsi a tali usi e che gli enti coinvolti potrebbero comunque non essere in grado di
utilizzarli. L’emendamento subordina, perciò, in primo luogo, il trasferimento ai Comuni ad una loro
richiesta che, se avanzata, prevale su manifestazioni d’interesse formulate per altre finalità ed
introduce la possibilità di una richiesta, ai medesimi scopi, anche da parte delle Regioni. D’altra parte,
la riformulazione armonizza la disposizione con l’art. 129 T.U. Stupefacenti che prevede la possibilità
di utilizzo degli immobili confiscati, per i fini anzidetti, anche da parte di pubbliche Amministrazioni
diverse dai Comuni.
La disposizione di cui al comma 4 mira ad incentivare l’efficacia e l’efficienza dell’azione
dell’Agenzia attraverso la disponibilità di risorse aggiuntive a favore del personale; a questo scopo è
previsto un incremento dei fondi per la contrattazione integrativa grazie ad una quota non superiore
al 30% dei proventi, e comunque non oltre il 15% del trattamento accessorio in godimento al predetto
personale, definita con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze su proposta dell’Agenzia, derivante dall’utilizzo dei beni immobili confiscati utilizzati
dall’Agenzia per finalità economiche.
La lettera c) inserisce un comma aggiuntivo all’articolo 48, riconoscendo la possibilità per gli enti
territoriali di richiedere gli immobili confiscati anche allo scopo di incrementare l’offerta sul loro
territorio di alloggi da assegnare in locazione a soggetti in particolare condizione di disagio
economico e/o sociale; ciò anche in considerazione delle periodiche cartolarizzazioni che investono
tale tipologia di immobili ed al fine di evitare che i beni confiscati destinati per tale finalità possano
54
essere alienati a privati, restando fermi i vincoli connessi alla qualificazione di tali immobili come
beni del patrimonio indisponibile.
La riformulazione del comma 5 ne riordina le previsioni secondo una più coerente sequenza
cronologica ed introduce talune novità, intese a favorire l’esito positivo della procedura di vendita,
superando le criticità finora riscontrate. In particolare, si tratta:
– della semplificazione degli obblighi di pubblicazione relativi all’avviso di vendita all’asta,
dovendosi ritenere sufficienti le pubblicazioni sui siti dell’Agenzia stessa e dell’agenzia del Demanio,
superando l’obbligo di pubblicazione pure sul sito della Prefettura, che rischia di costituire un
possibile fattore di ritardo e/o irregolarità della procedura concorsuale a fronte di ridotti vantaggi in
termini di pubblicità dell’asta;
– dell’ampliamento della platea dei possibili acquirenti, ora circoscritti a determinati enti pubblici,
associazioni di categoria e fondazioni bancarie. Viene invece prevista la possibilità di aggiudicazione,
semplicemente, al miglior offerente, con il bilanciamento di rigorose preclusioni e dei conseguenti
controlli, allo scopo di assicurare che comunque il bene non torni, all’esito dell’asta, nella
disponibilità di ambienti mafiosi, anche attraverso prestanome. A tal fine viene anche previsto il
rilascio dell’informazione antimafia. L’ampliamento dei possibili beneficiari è reso necessario dal
fatto che ormai da alcuni anni si è notevolmente ridotta l’attività di investimento di alcuni dei soggetti
ora elencati al comma 5, registrandosi semmai un aumento delle campagne di vendita di beni
precedentemente acquisiti; d’altra parte, appare scarsamente plausibile che, come previsto dal comma
7, un ente territoriale impegni risorse finanziarie per l’acquisto di un bene di cui avrebbe potuto
chiedere la destinazione a titolo gratuito. Inoltre, i beni vendibili sono quelli per i quali sono fallite
tutte le altre opzioni di destinazione e quindi, per lo più, fabbricati diruti o in pessime condizioni o
con criticità urbanistiche ovvero terreni sperduti e difficilmente utilizzabili; per giunta,
frequentemente la confisca e, quindi, la vendita riguardano quote non totalitarie, anche minoritarie,
della proprietà;
– della previsione di una procedura di regolarizzazione dell’immobile nei frequenti casi di irregolarità
urbanistiche sanabili; infatti, allo stato, non è possibile per l’ANBSC applicare la deroga prevista per
le procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali ex articolo 46, comma 5, del DPR n.
380/2001, in base alla quale se l’immobile si trova nelle condizioni previste per il rilascio del
permesso di costruire in sanatoria, l’aggiudicatario può presentare domanda di permesso in sanatoria
entro centoventi giorni dal trasferimento del bene. Tale mancanza – che si intende colmare con una
previsione analoga al cennato art. 46 comma 5 – comporta che attualmente, in caso di sanabilità
dell’opera, l’onere di proporre la relativa istanza al Comune e, poi, di provvedere in concreto alla
sanatoria ricade sull’ANBSC prima della vendita, dunque in assenza della certezza della destinazione
dei beni interessati, con un onere obiettivamente ingente.
La riformulazione dei commi 6 e 7 amplia il novero dei soggetti cui è riconosciuta la prelazione
all’acquisto, ricomprendendovi anche determinati enti pubblici, associazioni di categoria e fondazioni
bancarie, chiarendo altresì le modalità per il suo esercizio, con l’intento di non protrarre ulteriormente
le procedure di vendita.
La lettera e) inserisce nell’articolo 48 il comma 7-ter, inteso a dettare una più compiuta disciplina per
dirimere le frequenti criticità in tema di destinazione dei beni confiscati indivisi.
La lettera f), nell’intento di dare maggiore concretezza all’autonomia riconosciuta dalla legge
all’Agenzia, attraverso la disponibilità di risorse certe e aggiuntive, prevede una specifica fonte di
entrata finalizzata a sostenere le esigenze di potenziamento dell’attività istituzionale (comma 10
55
dell’art. 48). Con riguardo a tale ulteriore forma di finanziamento del Fondo Unico Giustizia, viene
prevista una differente ripartizione dei proventi derivanti dalla vendita dei beni confiscati, tra i
Ministeri di interno e giustizia, a ciascuno dei quali viene attribuito il 40% di tali somme, mentre il
residuo 20% viene destinato all’Agenzia per assicurare lo sviluppo delle proprie attività istituzionali.
La lettera g) introduce il comma 12-ter, che prevede la possibilità di destinare alla vendita ovvero di
assegnare gratuitamente, in questo caso con divieto di cessione per almeno 5 anni, ovvero infine di
distruggere i beni mobili confiscati, anche iscritti in pubblici registri, non utilizzabili dalla stessa
Agenzia o dagli altri enti indicati al comma 12, né dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco per
esigenze del soccorso pubblico.
La lettera h) dispone l’affidamento all’Agenzia del demanio della gestione dei beni rimasti invenduti
e mantenuti al patrimonio dello Stato, decorsi tre anni dall’inizio della relativa procedura,
coerentemente sia con i principi generali in materia contabile sia con quelli specifici che individuano
la missione istituzionale dell’Agenzia. Essa, infatti, non consiste nella mera gestione dei medesimi,
bensì nella restituzione alla collettività delle ricchezze sottratte dalla criminalità. Una lettura sistemica
del codice nel contesto dell’ordinamento conferma che la gestione del bene da parte dell’Agenzia è
prodromica all’obiettivo specifico della restituzione, posto che, altrimenti, non vi sarebbe alcun
motivo per porre tale gestione in capo ad un soggetto diverso da quello ordinariamente competente a
gestire tutti i beni che fanno parte del patrimonio dello Stato, quale l’Agenzia del demanio. Tale
interpretazione trova conferme anche nella relazione illustrativa della legge n. 50/2010, di
conversione del decreto-legge n. 4/2010, che chiarisce la “straordinarietà” dell’Agenzia quale organo
che, intervenendo nell’amministrazione di un bene prima rimessa all’A.G., può meglio
programmarne la successiva destinazione, altrimenti di competenza del Demanio.
E’ evidente che una tale funzionalità viene meno in presenza di beni di accertata ‘indestinabilità’,
rispetto ai quali il proseguimento della gestione da parte dell’Agenzia, non solo contrasta con la
mission di quest’ultima, appena cennata, ma finisce per distogliere dalla medesima le già limitate
risorse disponibili, nonostante lo Stato disponga dell’Agenzia del demanio con specifica competenza
nella gestione dei beni facenti parte del proprio patrimonio. Per di più, un eventuale mantenimento
della gestione di detti beni in capo all’Agenzia finirebbe per instaurare un confuso sistema nel quale
la gestione del patrimonio pubblico farebbe capo a due differenti agenzie a seconda del titolo di
acquisto della proprietà da parte dello Stato.
Art. 39 (Disposizioni in materia di organizzazione e di organico dell’Agenzia). La disposizione
interviene sull’articolo 110, comma 1, del Codice antimafia, con l’intento di migliorare la gestione
delle procedure operative e l’effettiva capacità di intervento dell’Agenzia. In particolare, si prevede
che L’Agenzia è posta sotto la vigilanza del Ministro dell’interno, ha personalità giuridica di diritto
pubblico ed è dotata di autonomia organizzativa e contabile, ha la sede principale in Roma e fino a 4
sedi secondarie istituite con le modalità di cui all’articolo 112 del Codice antimafia nei limiti delle
risorse ordinarie iscritte nel bilancio dell’Agenzia. Con il comma 2, in stretta e consequenziale
aderenza a quanto previsto dal precedente comma 1, viene attribuita al Comitato direttivo
dell’Agenzia la competenza ad istituire, in relazione a particolari esigenze, sedi secondarie, in numero
non superiore a 4, in regioni ove sono presenti in quantità significativa beni sequestrati e confiscati
alla criminalità organizzata.
La disposizione, con il comma 3, interviene sull’articolo 113-bis del Codice antimafia, che reca
disposizioni in materia di organico dell’Agenzia. In particolare, con la lettera a) si provvede a limitare
a 100 – su un totale di 170 previste – le unità di personale da reclutare per il potenziamento
dell’organico dell’Agenzia attraverso procedure ordinarie di mobilità, disponendosi, con la lettera b),
che le restanti 70 unità possano essere reclutate mediante procedure selettive pubbliche, con oneri a
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carico dell’Agenzia, mentre per quanto riguarda la spesa “a regime” si provvede ai sensi dell’articolo
41 che detta disposizioni per la copertura finanziaria dei Titoli II e III del provvedimento. La
successiva lettera c) integra l’articolo 113-bis del Codice con un nuovo comma 4-bis, inteso ad
ovviare alla circostanza che – non essendo mai stata definita l’indennità di amministrazione
dell’Agenzia e attesa la rilevanza per il personale di tale voce retributiva, fissa e pensionabile – detta
lacuna normativa, ove non tempestivamente e adeguatamente colmata, con l’introduzione di una
specifica ed autonoma indennità di amministrazione per il personale di ruolo dell’Agenzia, in misura
pari a quella corrisposta al personale di pari qualifica del Ministero della giustizia – potrebbe minare
significativamente gli esiti dell’attività di reclutamento sin dalle procedure di inquadramento e
mobilità. A completare l’architettura dell’articolo 113-bis, sempre la lettera c) dell’articolo 30
inserisce un nuovo comma 4-ter, grazie al quale l’Agenzia può continuare ad avvalersi del contingente
di personale in posizione di comando, distacco e fuori ruolo che l’art. 1, comma 291, della legge
205/2011 autorizza solo fino all’adeguamento della dotazione organica.
Art. 40 (Deroga alle regole sul contenimento della spesa degli enti pubblici e disposizioni
abrogative). L’articolo reca disposizioni finanziarie, integrando l’articolo 118 del Codice antimafia.
La norma mira a risolvere la peculiare criticità indotta dalla circostanza che alcune norme di
spending review abbiano, negli anni scorsi, operato tagli lineari su alcuni capitoli di particolare
rilievo (formazione del personale, manutenzioni straordinarie ed ordinarie, collaborazioni,
consulenze, missioni), prendendo a riferimento le somme in bilancio o le spese a carico di
determinati capitoli negli anni 2009/2011.
Benché l’Agenzia in quegli anni muovesse i suoi primi passi e nonostante il fatto che per un ente di
recente istituzione tale operazione dovesse tener conto dei costi di crescita e sviluppo, i tagli sono
stati applicati in maniera drastica, incidendo su capitoli che nell’anno di riferimento non esistevano o
su cui non era stata ancora appostata o spesa alcuna somma, con il risultato che, operando i tagli su
valori pari a zero, è stata cristallizzata per il futuro una possibilità di spesa nulla. Questa è, a tutt’oggi,
la capacità di spesa su quei capitoli, nonostante le norme impegnino o autorizzino l’Agenzia a svolgere
attività che su quei capitoli sarebbero finanziabili. Peculiare è poi la situazione di un ente che deve
preferenzialmente stabilire le sue sedi in beni confiscati ma al quale – pur disponendo di immobili
gratuitamente impiegabili e delle risorse necessarie per renderli funzionali allo scopo – è preclusa la
possibilità di provvedere agli occorrenti adeguamenti stante il limite di spesa fissato all’1% del valore
del bene sia per le manutenzioni ordinarie che per quelle straordinarie. L’esigenza è quella di
prevedere una disciplina derogatoria nel senso di consentire che, fino al terzo esercizio finanziario
successivo all’adeguamento della dotazione organica di cui all’articolo 113-bis, comma 1. Allo
scadere di tale deroga, entro 90 giorni, con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze su proposta dell’Agenzia vengono stabiliti i criteri specifici
per l’applicazione delle norme derogate sulla base delle spese sostenute nel triennio.
Con i commi 2 e 3 si provvede all’abrogazione dei commi 7 e 8 dell’art. 52 del Codice, resa necessaria
dall’introduzione nell’art. 48 dello medesimo Codice di un nuovo comma 7 ter che disciplina la
materia precedentemente disciplinata nei suddetti commi, mentre l’abrogazione del comma 291
dell’articolo 1 della legge n. 205/2017 è consequenziale alle disposizioni recate dall’articolo 30, lett.
c), del provvedimento in esame.
Al Capo III si introduce l’articolo 41 recante disposizioni in materia di giustizia sportiva e regolare
svolgimento delle competizioni sportive………………..
Il Capo IV (articoli 42 e 43), reca, infine, le disposizioni finali concernenti la copertura finanziaria
del provvedimento e la sua entrata in vigore.

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