Dal momento in cui l’ufficio elettorale di Varsavia ha comunicato il risultato definitivo delle elezioni in Polonia è cominciata, seppur in maniera ancora non ufficiale, la coabitazione. Da un lato il presidente della Repubblica in carica, Andrzej Duda del Pis, dall’altra il premier in pectore, ma per il momento neppure incaricato, Donald Tusk. Correrà lungo questa faglia sensibile il confronto politico dei prossimi giorni, settimane, forse anni.
ABBASSARE LE ASPETTATIVE SU TUSK
Tutti gli osservatori più addentro alle vicende polacche consigliano di attenuare aspettative troppo alte di un rapido cambio di rotta del probabile governo Tusk. Almeno fino al 2025, quando i polacchi andranno alle urne per eleggere il successore di Duda. Nel sistema presidenziale polacco, il capo dello Stato ha potere di veto in quasi tutti i settori della legislazione del parlamento, con esclusione delle questioni di budget. E non è affatto scontato, avvertono ad esempio gli analisti del think tank liberal Visegrad Inside, che la nuova maggioranza metta subito mano alle riforme sulla giustizia, smantellando il progetto del Pis di stendere sul sistema giudiziario polacco la spessa coperta della politica.
Questo è probabilmente il tema più controverso con Bruxelles, che ha ripetutamente richiamato il governo di Mateusz Morawiecki fino a bloccare rate miliardarie di finanziamenti comunitari. Ma bisognerà capire che atteggiamento sceglierà di adottare Duda, che pure in diversi passaggi delle leggi sulla magistratura ha mostrato autonomia di giudizio rispetto al Pis, utilizzando il potere di veto e suggerendo soluzioni di compromesso: se quello di uomo di partito, forzando il suo ruolo fondamentalmente rappresentativo, o di garante istituzionale, votato a garantire un percorso non accidentato al governo scelto dagli elettori. Dopo i due mandati conquistati nel 2015 e nel 2020, Duda non potrà più candidarsi e potrebbe anche decidere di non passare alla storia come un presidente di parte.
I PROSSIMI PASSI DI DUDA
Lo si capirà presto. Duda dovrà affidare l’incarico e ha già annunciato che la prossima settimana incontrerà gli esponenti di tutti i partiti che hanno ottenuto seggi in parlamento per sondare le opinioni. Un passo non scontato, giacché si pensava che il presidente avrebbe subito affidato l’incarico a un uomo del Pis, il suo partito, che pur non avendo quasi alcun margine di manovra è pur sempre la forza che ha raccolto più voti. Può darsi che ciò accada comunque, ma aver deciso di instradare il percorso sulla via del dialogo piuttosto che dello scontro è un segnale chiaro dopo una campagna elettorale velenosa e polarizzata.
LA PRIORITÀ DELLA POLONIA DI TUSK
Anche per Piotr Buras, responsabile dell’ufficio di Varsavia dell’European Council on Foreign Relations, la priorità di un eventuale governo Tusk sarà lo spoil system: esautorare il Pis, neutralizzare i suoi uomini dalle aziende di proprietà dello Stato, dalla burocrazia ministeriale, dalla televisione pubblica. In altre parole – sostiene Buras – “all’inizio non si porteranno avanti grandi riforme, ma semplicemente i cambiamenti istituzionali necessari”. Molto potrebbe cambiare dal 2025, anno in cui si voterà per il nuovo presidente. ma fino ad allora sarà piuttosto una navigazione a vista.
LA LEGGE SULL’ABORTO
Ma c’è un altro tema sensibile sul quale una inversione a U del probabile futuro governo è difficile (e potrebbe anche essere motivo di complicate trattative in sede di formazione del governo): la legge sull’aborto. Piattaforma civica, il partito di Tusk, e Nuova sinistra sono favorevoli a cancellare le restrizioni introdotte nell’ultima legislatura da Pis, Terza Via no. Questo partito, che ha ottenuto un lusinghiero 14% risultando così la seconda forza dell’eventuale futura coalizione, esprime un orientamento cattolico e ha assorbito un importante flusso di elettori in uscita dal Pis. È anche la forza su cui il partito di Kaczynski e Morawiecki forse punterà per tentare di proseguire la propria azione di governo, prima di esser costretto passare la mano a Tusk. Terza Via avrà dunque un importante peso specifico nelle trattative ed è assai probabile che lo faccia valere su questo tema.
I cambiamenti più evidenti e immediati saranno invece sulla politica estera. Non tanto nelle questioni di fondo – Russia, Ucraina, politica di riarmo – quanto nel rapporto con l’Unione europea e con le capitali occidentali più vicine, come Berlino e probabilmente Parigi.
COME CAMBIERANNO I RAPPORTI DELLA POLONIA CON GERMANIA E FRANCIA
Certo, con la Germania anche Tusk, che è stato fatto passare dal Pis come un traditore al servizio dei tedeschi, qualche problema negli ultimi anni lo ha avuto, quando da presidente del Consiglio europeo ha inutilmente cercato di far cambiare idea ad Angela Merkel sul Nord Stream 2. Ma il rapporto dovrebbe rasserenarsi, così come con Parigi. Ed è possibile immaginare un rilancio del cosiddetto Triangolo di Weimar, il coordinamento tra Francia, Germania e Polonia che può essere per Varsavia un utile bilanciamento allo sfilacciato Gruppo di Visegrad (nel quale prevarrà l’asse con Praga, mentre potrà solo accentuarsi il grande freddo con Viktor Orban) e alle teorie geopolitiche del Trimarium.
MAGGIORE COLLABORAZIONE CON L’UE?
Le frizioni con l’Unione europea dovrebbero infine lasciare il campo a forme di maggiore collaborazione. “Il risultato offre la speranza che, dopo otto anni di attriti permanenti tra Varsavia e i partner e le istituzioni dell’Ue, la Polonia possa tornare nel mainstream europeo”, spiega Adam Jasser, del pensatoio Visegrad Inside, “in un momento in cui il blocco ha bisogno di unità per affrontare sfide come la guerra in Ucraina, l’immigrazione, la sicurezza e riprogrammare le politiche economiche”.
Quanto a Kiev, il tira e molla sul grano lascerà il posto a una sorta di compromesso, come d’altronde avevano già fatto gli altri paesi che erano andati sulle barricate. Ma questo sarebbe probabilmente avvenuto lo stesso, anche con un nuovo governo Pis.