Al contrario di quanto si ritiene superficialmente, provare a fare le rivoluzioni, o almeno annunciarle, è più semplice che portare a termine le riforme. Vale specialmente in democrazia, dove i decisori hanno il fiato corto e sentono sul collo quello del consenso e dei sondaggi: migliorare le cose solidamente ma progressivamente richiede troppo tempo e fatica, troppo più che buttare giù qualcosa (o dire di farlo).
Ed ecco Trump e Netanyahu. Ecco gli Usa contro la Groenlandia e il Canada, Israele contro Gaza e Yemen, Hamas e Houthi, l’India contro il Pakistan, la Cina contro Taiwan, la Russia contro l’Ucraina. Per aprire un fronte di guerra, verbale o reale, ci vuole poco; costruire una società liberale e coesa è una mission impossibile. Vedi il triste record di Merz, primo cancelliere tedesco a cadere vittima dei franchi tiratori il giorno della designazione, la Germania è ormai una grande nazione con una piccola coalizione, che si fa difendere dalla minaccia di mettere AFD fuori legge. Ma vedi anche i para-golpisti o, per non usare termini forti, i piedi d’argilla dei leader al potere in UE, Spagna, UK, Francia (si noti l’entusiastico messaggio di fratellanza che Macron ha inviato al tremolante neo-cancelliere).
Poi non lamentiamoci se vincono e reggono Donald e Bibi. Alle minacce di occupazioni, deportazioni, fuoco e fiamme di Tel Aviv risponde un coro sdegnato ormai quasi ufficiale, aspettiamoci a breve un pronunciamento europeo, la condanna per la durezza bellica, per le ambulanze, gli ospedali, gli aiuti umanitari colpiti come fossero tutti, solo e sempre covi di terroristi. Ragionevolissima lamentela, purtroppo non compensata da altrettanta durezza (o almeno chiarezza) contro i terroristi di Hamas, Houthi e Yemen, palestinesi vari (nel frattempo valuteremo l’annuncio di capitolazione proferito col solito tono stentoreo da Trump).
Il Medio Oriente ricorda il nostro Sud della lotta alla mafia: il problema non è tanto arrestare ed eliminare i boss conclamati, ma sradicare la zona grigia della paura, della sottomissione e della collusione con la criminalità. Mica tutti usano coltelli, armi da fuoco, ordigni e droni, per carità, ma moltissimi usano i soldi sporchi e prestano complicità attive e silenti, ed è questo humus il vero problema. Israele sta usando il diserbante: terribile ma “rivoluzionario”, per una nazione che ritiene di non potersi permettere la “riforma” di bonificare, distinguere e mediare. La situazione è orribile, ma se non se ne prende atto non si esce nemmeno dallo stucchevole, ozioso giochetto dei distinguo tra antisemita e antisionista, ebrei e Israele (vedi querelle social sulla lite napoletana tra la ristoratrice pro-pal e gli avventori “perfidi giudei”).
Serve meno energia per un cambiamento di stato relativamente repentino, al quale basta un enzima catalizzatore, che per uno capace di resistere all’entropia che gli si oppone. Quella che ha portato il debito globale all’ennesimo record di 324mila miliardi (fonte Institute of International Finance). Ce ne accorgiamo drammaticamente anche sul piano personale, psicologico e relazionale: si uccide la compagna, l’avventore del bar, il malcapitato. Trovare la forza dell’atto estremo è meno complicato che gestire la rabbia, l’insoddisfazione, la frustrazione.
Ecco perché piace il deus ex machina che risolve. Ecco perché aspettiamo con tanta hype la nomina del Papa (forse già oggi?!). Intanto, i cardinali hanno pregato tutti assieme per la pace senza condizioni in Ucraina e Medio Oriente, che nel caso sarebbe solo un’interruzione delle ostilità: una rivoluzione piccola piccola, ma già ci contenteremmo.
Ecco, inciso in finale, perché qualcuno dei nuovi leader populisti indica Giorgia Meloni come modello: perché la nostra premier sta portando avanti un esperimento di cambiamento soft, che ora potrebbe passare per un intricato risiko istituzionale tra premierato, presidenza della Repubblica e referendum. Chiave di svolta, un proporzionale con premio di maggioranza per la prima coalizione già stigmatizzato come “Porcellum bis” dalle anime belle. Se le dovesse riuscire, la sua riforma dalla destra verso il centro sarebbe ancor più rivoluzionaria.