La flottiglia -lasciatemela chiamare in italiano- decisa a forzare il blocco della navigazione verso Gaza è stata scontatamente abbordata dagli israeliani con 20 battelli e 5 gommoni senza effetti “letali”, come promesso dal presidente di Israele all’ambasciatore d’Italia ricevuto in previsione dell’evento.
I crocieristi sono stati destinati all’espatrio e i loro sostenitori in Italia si sono mobilitati politicamente e socialmente dichiarando e praticando a loro modo la guerra, tra piazze e scioperi, a cominciare da quello generale di domani, non ad Israele, non avendone i mezzi, o non ancora, ma al governo di Giorgia Meloni. Che, pur avendone denunciato la “irresponsabilità”, per quanto contraddetta o mitigata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, aveva fatto tutto il possibile per proteggerli in navigazione nelle acque internazionali.
Il proposito dichiarato nelle proteste è quello di “bloccare” l’Italia e i suoi incolpevoli cittadini. Alcuni dei quali applaudono contenti e solidali, come si è vantata in televisione l’ex sindaco di Roma Virginia Raggi. Ma molti di più, credo, non applaudendo per niente, incavolatissimi per pagarne le spese.
A Gaza intanto tutto procede tragicamente come prima. E se qualcosa dovesse davvero cambiare, accadrebbe non per la flottiglia, non per le proteste di piazza, in Italia e altrove, ma per il piano di pace concordato fra Trump e Netanyahu alla Casa Bianca e proposto ai paesi dell’area mediorientale. E persino ad Hamas, l’organizzazione terroristica che ha provocato la tragedia in corso prima facendo dei palestinesi i loro ostaggi, costruendo sotto le loro case, scuole, ospedali, chiese, piazze e strade gli arsenali di guerra contro Israele e poi eseguendo il pogrom del 7 ottobre di due anni fa.
Questa non credo che sia una storia o cronaca provocatrice. Non lo è almeno nella percezione e nella volontà di chi l’ha così riassunta. E chi vi dovesse vedere invece della provocazione lo farebbe provocando ancora di più.