Un secolo fa la popolazione mondiale era di circa 1,9 miliardi di persone. Oggi tutte le fonti di rilevazione statistica dei dati – a cominciare dall’Onu – stimano come tale cifra abbia ampiamente superato gli 8 miliardi, con una crescita vertiginosa, pari a + 106 % nel solo ultimo mezzo secolo.
Basterebbero questi dati significativi per accreditare la demografia come scienza al servizio dell’uomo e come studio delle coordinate spazio-temporali dei flussi stanziali e migratori anche nella dimensione analitica e di approfondimento dei fattori di sostenibilità generazionale, considerando tre fondamentali fenomeni dell’esistenza: la natalità, la mortalità e la mobilità, quest’ultima intesa sia in termini territoriali che di status sociale (cambiamento di professione, stato civile, cittadinanza, di religione e livello di istruzione). Gian Carlo Blangiardo – illustre demografo e professore emerito nonché Presidente dell’ISTAT dal 2019 al 2023, ci consegna – edito da Il Mulino – un compendio aggiornato (‘Elementi di demografia’) su questi temi, utile sia per la formazione a livello universitario che come strumento prezioso per quanti sono chiamati ad affrontare – in campi diversi – le principali questioni demografiche di cogente attualità. Competenza professionale e rigore scientifico sono alla base di questa pubblicazione che considera i pregressi storici, la dimensione analitica del presente e quelle di tipo deterministico e probabilistico delle previsioni demografiche: un valore aggiunto che la politica e la ricerca sociale dovrebbero perseguire, sottraendo dalle proprie valutazioni ricorrenti le tentazioni demagogiche e strumentali che troppo spesso condizionano gli orientamenti e le opinioni dell’immaginario collettivo. Affermava Blangiardo in una intervista che mi aveva concesso nel 2020: “Se si vuole definire un nuovo ordine mondiale è chiaro che non si deve prescindere da conoscenze demografiche. Le persone, i popoli sono i protagonisti e i destinatari del cambiamento. Oggi sappiamo quali sono le tendenze più probabili e le problematiche che si portano dietro, ma non disponiamo ancora di una proposta convincente sul piano dei nuovi equilibri che dovrebbero dare benessere, equità e rispetto. Serve una visione che ha come riferimento precisi obiettivi di investimento al fine ultimo di eliminare – o almeno ridurre ai minimi termini – le diseguaglianze”.
Quanto sia utile e dirimente l’analisi demografica – anche in una proiezione futura – lo si riscontra ad esempio nello studio statistico e sociologico dei dati relativi alla fecondità e alle nascite in Italia dal secondo dopoguerra ai giorni nostri, evidenziando come le macro tendenze siano inevitabilmente legate alla considerazione dei dati economici temporalmente tendenziali: dagli anni del baby-boom a quelli dell’inverno demografico nel libro di Blangiardo sono infatti ricorrenti i temi della de-natalità e delle cd. “culle vuote” da tempo oggetto di rilevazioni dell’ISTAT ma anche della retorica fantasiosa degli opinionisti, deprivata da elementi scientifici ed oggettivi. Il bilancio demografico del 2024 ha evidenziato – per il dodicesimo anno consecutivo – un nuovo superamento al ribasso del record di nascite mai registrato in oltre 160 anni di unità nazionale, con una riduzione nell’ultimo decennio di circa un terzo dei nati. Eppure – scrive Blangiardo – la deriva numericamente negativa in atto non sembra sufficiente a suffragare l’ipotesi che si sia radicato nel tempo – e poi accentuato nel presente – un fenomeno di disaffezione alla genitorialità. Il basso livello di fecondità non dipende soltanto dalle scelte di chi non ha avuto figli: l’ISTAT ha infatti stimato che siano oltre 2 milioni e 600 mila le persone con figli che ne vorrebbero altri. Si tratta dell’11.6% della popolazione tra i 18 e i 49 anni, percentuale che sale al 22.8% infra 30-34 anni e si riposiziona al 18.3% tra i 35-39enni.
Altro fenomeno rilevante e attuale è quello delle migrazioni, inteso come cambiamento di dimora e visto nella duplice dimensione della distanza/direzione dei flussi e della struttura della popolazione migrante secondo caratteristiche biodemografiche, socioeconomiche e culturali. Si tratta di una deriva in atto con un potenziale incrementale largamente previsto che introdurrà mutamenti significativi nei contesti territoriali e antropici di partenza e di destinazione.
Già nella citata intervista del 2020 il Prof. Blangiardo affermava: “La demografia di paesi emergenti come Cina e India è segnata da dinamiche espansive partite anni fa, ma destinate ad esaurire gli effetti di crescita, specie per la Cina. Quest’ultima dovrebbe fermarsi attorno a 1,4 miliardi già dai prossimi anni, mentre l’India dovrebbe assestarsi attorno a 1,6 miliardi attorno alla metà del secolo. Quanto alla Nigeria, gli attuali 200 milioni di abitanti saliranno a 300 milioni tra meno di vent’anni e a 400 milioni alla metà del secolo. D’altra parte negli scenari mondiali la vera incognita resta l’Africa, in particolare quella sub sahariana, dove i segnali di rallentamento della fecondità e della crescita sono ancora modesti. È evidente che tutto ciò impone una revisione di alcuni equilibri sul piano della produzione, del consumo e della distribuzione delle risorse e delle persone nel panorama mondiale.
Penso che i flussi migratori siano un contributo per la società ospite e un vantaggio per i migranti solo se si realizzano forme di convivenza rispettose di regole e valori. Perché ciò accada è importante che vi sia chiarezza sulle norme e che siano altresì condivisi i principi che definiscono diritti e doveri del vivere sociale. Il percorso di integrazione deve essere reso possibile a tutti gli immigrati, ma questo naturalmente richiede un dispendio di risorse che difficilmente sono compatibili con flussi di entità particolarmente rilevante. I numeri, ancora una volta, hanno una grande importanza.
Mi piacerebbe che il dibattito, qualunque sia la posizione assunta, partisse da una base di conoscenze oggettive che spesso non vedo”. Il vulnus più marcato oggi, tra enfasi possibiliste e previsioni nefaste, sembra proprio questo.