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antisemitismo

Perché serve una strategia nazionale contro l’antisemitismo

Il contrasto all'antisemitismo non va inteso come un “privilegio” accordato agli ebrei rispetto ad altri gruppi etnici e religiosi. L'intervento di Alessandra Servidori.

La mia città, Bologna, sempre tra le prime a definirsi accogliente e democratica, deve affrontare un fenomeno disgustoso che si sta espandendo dietro alla rivolta dei centri sociali, anarchici e di estrema sinistra contro il popolo ebreo al punto tale che alcuni storici negozi non hanno più il coraggio – meglio dire la forza – di esporre, pur essendo di tradizione ebraica, la stella di David come era sempre accaduto in tempo natalizio.

Noi abbiamo più che urgenza, a livello soprattutto nazionale, di una strategia per affrontare un fenomeno così complesso ed eterogeneo che si esprime in un ampio spettro di forme; strategia che deve essere concepita in modo olistico ed integrato, su diversi piani operativi, come richiesto dal Consiglio dell’Unione Europea nella Council Declaration on the fight against antisemitism and the development of a common security approach to better protect Jewish communities and institutions in Europe del 6.12.18 per agire sul piano preventivo (ora oggettivamente urgente), culturale e dei comportamenti collettivi, insieme al contrasto e alla repressione dei fenomeni discriminatori.

Persino la Certosa di Bologna ha chiuso dentro un recinto isolato il cimitero ebreo trascurato, lasciando gli alberi e le antiche tombe devastate dalla ruggine e dal tempo. Dobbiamo subito dare coordinamento e promozione di una concreta collaborazione tra le istituzioni interessate, le comunità ebraiche, il mondo della cultura, delle Università, della scuola, della formazione, del sociale, dello sport, dei media, della politica, per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.

Il contrasto all’antisemitismo – pregiudizio e/o odio verso gli ebrei in quanto ebrei – non va inteso, come alcuni credono, per errore o per pregiudizio, come un “privilegio” accordato agli ebrei rispetto ad altri gruppi sociali, etnici e religiosi. Per le sue peculiarità storiche, politiche, religiose e culturali rispetto ad altre forme di discriminazione, e per l’immane tragedia che ne è derivata, la lotta all’antisemitismo rappresenta una sfida nell’interesse generale di tutto il Paese e un compito indispensabile per la tenuta democratica, la coesione sociale e la convivenza pacifica della nostra società. Se, e dico se, riesco a parlare ai giovani mi accorgo che addirittura confondono l’antisemitismo con il sionismo, e l’ignoranza è padrona.

L’antisemitismo in Italia ha una storia plurisecolare che ha visto la segregazione nei ghetti, le umiliazioni quotidiane e il disprezzo conservatosi in alcune espressioni del linguaggio popolare (“rabbino” o “fariseo”) nonostante il diritto all’uguaglianza conquistato con l’emancipazione. Questo ha avuto conseguenze devastanti per la vita ebraica (esclusione, deportazione e poi sterminio), e per l’impoverimento umano, civile e morale che ne è derivato per tutta la società italiana. L’antisemitismo può assumere anche la forma del terrorismo politico e in quest’ottica le sedi delle istituzioni religiose e culturali ebraiche divengono potenziali obiettivi di attentati sanguinari (in Italia il più grave è stato l’attentato alla Sinagoga maggiore di Roma dell’Ottobre del 1982, per opera di un commando terroristico palestinese).

La crescita dell’ostilità antiebraica in ambito islamico è il risultato di una saldatura pericolosa tra pregiudizi religiosi più antichi e una lettura politica portata avanti dal radicalismo islamista imperniata sull’idea di uno scontro radicale con la cultura occidentale (implicante anche la demonizzazione degli Ebrei e di Israele). L’antisemitismo di stampo nazi-fascista riemerge nelle attuali formazioni di estrema destra che compiono crimini d’odio utilizzando elementi, simboli, gesti, immagini tipici della propaganda nazista e svolgono una diretta o indiretta apologia del fascismo, per ideologia o per fini commerciali. Le teorie razziste e ( anche recentemente coinvolgono Bologna) suprematiste di stampo nazifascista sono ancora presenti e pericolose, anche se spesso nascoste, nei gruppi di estrema destra attivi politicamente e socialmente come appunto abbiamo e viviamo ancora oggi in maniera ancora più intensa. Tra le forme di antisemitismo è diffuso l’odio contro Israele, la sua demonizzazione e l’equiparazione con il nazismo , specie da parte di alcune correnti arabo-musulmane o islamiste o filo-palestinesi o di estrema sinistra si nega legittimità allo Stato di Israele e il suo diritto di esistere e si manifesta ostilità verso l’ebreo in quanto tale. Permangono le spiegazioni che attribuiscono tutte le disgrazie dell’umanità ad un agente centrale: l'”ebreo” ieri, “Israele” oggi. L’incitamento al boicottaggio politico, economico, accademico o culturale viene utilizzato in chiave antisemita da queste correnti.

All’interno delle Università è tristissimo vedere dei giovani farsi strumentalizzare (consenzienti) da vecchi canuti infiltrati che raccontano una storia che fa orrore. Recentemente, poi, non è insolito incontrare antiche amicizie che decido di non frequentare più perché ossessionate da questo livore per cui non sanno o non vogliono ascoltare e non c’è amicizia nell’odio.

Sento che dobbiamo agire e subito: è vero che la simbologia serve, ma anche poche ore fa la presenza della Senatrice alla Scala Segre mi ha fatto rimpiangere di non poter ripercorrere i tempi in cui ancora molto giovane a Ferrara l’amarezza di casa Levi, il tormento di una famiglia amica sopraffatta dalla discriminazione, mi ha permesso di conoscere e amare questo popolo e cercare di proteggerlo in tutti i modi possibile. Ora c’è bisogno di uno scatto di onore da parte delle istituzioni senza paura per una vera alleanza italiana che sia di esempio anche in Europa per la vita e la storia di questo popolo: ricominciamo dall’Università dove la cultura è sovrana e regina della ragione.

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