Esiste un problema di antisemitismo nelle università italiane e segnatamente tra gli studenti? Una risposta, in parte positiva e in parte negativa, giunge da un’indagine sociologica compiuta a ridosso del pogrom di Hamas del 7 ottobre su un campione di studenti di tre Atenei del Nord Italia. Dei risultati della ricerca, che sono stati presentati in modo parziale in un rapporto dell’Istituto Cattaneo, abbiamo parlato con uno degli autori, il sociologo dell’Università di Bologna Asher Daniel Colombo, che li definisce addirittura “inquietanti”.
Ci può parlare degli obiettivi e della metodologia della vostra ricerca?
Cominciata prima del 7 ottobre, la nostra ricerca si prefiggeva di conoscere, all’interno degli studenti dei primi anni di tre Università del Nord Italia (Padova, Milano Bicocca, Bologna), gli atteggiamenti nei confronti di tutte le minoranze, compresa quella ebraica. Abbiamo realizzato 2.600 interviste ad altrettanti studenti di Facoltà sia umanistiche che scientifiche ai quali abbiamo chiesto di compilare un questionario elettronico a risposte chiuse. Nel rapporto diffuso dall’Istituto Cattaneo presentiamo i risultati relativi agli atteggiamenti verso gli ebrei e Israele, valutati attraverso le risposte a quindici domande.
Cosa è emerso?
I quindici item tendono ad aggregarsi tra di loro in tre grandi categorie che raccolgono affermazioni che sono simili dal punto di vista dei contenuti e tendono ad essere accettate o respinte insieme dagli intervistati. I tre gruppi di affermazioni riguardano anzitutto le accuse più classiche di tipo cospirazionista mosse agli ebrei che controllerebbero ad esempio la finanza mondiale e i media: qui i valori sono relativamente più bassi e variano da un minimo del 7% a un massimo del 17%. Il secondo gruppo di domande comprende affermazioni relative alla presunta doppia lealtà degli ebrei, e qui i valori variano dal 7 al 30%. L’ultimo gruppo include affermazioni circa gli ebrei che sfruttano la Shoah e Israele che si comporta come la Germania nazista.
E in questo caso che valori emergono?
In questo caso i valori sono molto più alti fino ad arrivare al massimo del 46% relativo all’affermazione secondo cui gli israeliani si comportano con i palestinesi come i nazisti nei confronti degli ebrei. Qui si sfiora la metà dell’intero campione.
Vi aspettavate questi risultati?
Noi siamo rimasti molto sorpresi dai risultati di questa indagine. Sebbene altre indagini condotte in Italia presentino valori simili, colpisce riscontrare risultati così marcati nel caso degli studenti universitari che teoricamente dovrebbero essere più informati e consapevoli. Ci sono dati davvero sorprendenti, ad esempio il 14% degli intervistati è convinto che gli ebrei non siano italiani fino in fondo, o il 17% che muove agli ebrei la vecchia accusa dei Protocolli dei Savi di Sion di controllare la finanza mondiale.
Cosa dice il confronto con altre realtà?
Le indagini internazionali danno risultati molto variabili e ci dicono che l’Italia non sembra avere livelli di antisemitismo più elevati di quelli che si registrano in altri Paesi. Se devo fare però un commento da cittadino piuttosto che da studioso, questi dati appaiono comunque inquietanti.
La percentuale di studenti che concorda con le affermazioni antisemite muta a seconda dei gruppi di riferimento. Pesa molto ad esempio l’appartenenza politica, vero?
Se consideriamo l’antisemitismo di tipo classico, che si misura in base all’accordo con le affermazioni del primo gruppo, quelle di tipo cospirazionista, e del secondo, quello delle accuse di doppia lealtà, scopriamo che gli atteggiamenti negativi nei confronti degli ebrei sono sistematicamente più diffusi tra coloro che si collocano a destra e a centrodestra, e le differenze con gli studenti di sinistra sono molto forti. Solo il 10% di questi ultimi, ad esempio, pensa che gli ebrei controllino la finanza mondiale contro il 22% degli studenti di centrodestra e il 35% di quelli di destra.
La situazione cambia invece nel caso del cosiddetto nazisionismo, vero?
Sì, a sinistra i valori sono altissimi e passano dalla media del 46% a ben il 60%. Ma c’è un altro fattore che influenza moltissimo i risultati.
Quale?
Il livello di preparazione. Tra chi legge di più libri non scolastici il radicamento di questi atteggiamenti pregiudizialmente negativi fa più fatica ad affermarsi. Avendo strumenti di comprensione più solidi, questi studenti tendono ad affidarsi meno a schemi ideologici preconfezionati applicati acriticamente. Chi legge di più in poche parole è meno influenzato da questi preconcetti.