Lo Stato islamico (Is) continua ad operare nelle aree remote della Libia meridionale e sud-occidentale, finanziandosi con il traffico di esseri umani e le miniere d’oro. Lo riferisce l’ultimo rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite sulle minacce poste da Daesh (acronimo arabo di Stato islamico dell’Iraq e del Levante) alla pace e alla sicurezza internazionali e sulla gamma di sforzi delle Nazioni Unite a sostegno di Stati membri nel contrastare la minaccia. Il documento, che si basa sul lavoro del Gruppo analitico di supporto e monitoraggio delle sanzioni, indica che “alcuni combattenti del gruppo si sono recati nelle aree minerarie aurifere in Libia e al confine tra Libia e Niger”.
COSA DICE IL RAPPORTO ONU SULLO STATO ISLAMICO IN LIBIA
Secondo la Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), “il traffico di esseri umani e il contrabbando costituiscono la principale fonte di reddito del gruppo terroristico”. Le due cose sono infatti collegate: spesso migranti e rifugiati sono trattenuti e costretti a lavorare nelle miniere illegali per pagare il “biglietto” del viaggio verso nord.
“I membri dell’Is – prosegue il rapporto Onu – appartenenti alle tribù Tebu e il loro leader, Abdul Salam Darak Allah, hanno strategicamente limitato i loro movimenti alle aree desertiche e montuose per impedire che venissero individuati”.
DA DOVE ARRIVANO I MILIZIANI DELL’IS
Le bandiere nere in Libia possono contare su circa 150-400 combattenti attivi, compresi quelli provenienti da Ciad, Nigeria e Sudan, aggiunge il documento, rilevando comunque che non sono stati compiuti attacchi terroristici di recente. In particolare, il gruppo terroristico è presente a Murzuk, Qatrun, Umm al Aranib, Ghudwa, Sebha e sui monti Haruj al Aswad. I combattenti dell’Is viaggiano soprattutto nelle regioni controllate dalla tribù Tebu, un gruppo etnico sahariano di ceppo etiope che avrebbe fornito loro protezione “fino alle montagne di Kalanga vicino al confine tra Ciad e Libia, nonché in nelle aree minerarie in Libia e lungo il confine Libia-Niger”.
LO STATO ISLAMICO È ANCORA UNA MINACCIA
Daesh rimane una seria minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, conclude il report. “Nonostante i costanti progressi degli Stati membri nel ridurre le capacità operative del gruppo – si legge nelle osservazioni finali – anche infliggendo perdite di leadership e limitandone le risorse finanziarie, Daesh e i suoi affiliati rimangono in grado di condurre attacchi con significative vittime civili e sofferenze umane”.
Lo scorso 5 gennaio 2024, il Servizio di deterrenza per la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata della Libia ha annunciato l’arresto a Tripoli di Hashim Bousidra, noto come “Khabib”, considerato il “leader” dello Stato islamico in Libia. Secondo le autorità di sicurezza libiche, Khabib era il principale responsabile dell’ingresso dei terroristi in Libia e dei loro spostamenti tra le città libiche, prima di essere promosso al rango di “emiro” della cosiddetta provincia libica dello Stato islamico.
I TRAFFICI VERSO IL SAHEL
Dopo la sconfitta militare, l’organizzazione terroristica non è più riuscita ad avere alcun controllo significativo nel Paese ed ha subito gravi battute d’arresto e attacchi nella Libia occidentale, centrale e meridionale. Eppure, dalle informazioni contenute nell’ultimo rapporto Onu emerge come i “soldati del califfo” siano ancora attivi in Libia, seppur a ranghi ridotti, e siano coinvolti nel traffico di esseri umani e nello sfruttamento illegale delle miniere d’oro.
Non solo. La situazione caotica in Libia ha facilitato un aumento del traffico di droga, armi e migranti verso la regione del Sahel. Sia lo Stato islamico che Al Qaeda, afferma il report, sono diventati sempre più coinvolti in queste reti illecite per finanziare le loro operazioni, in particolare nella regione libica del Fezzan.
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