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Sorpresa: Antonio Di Pietro punzecchia la Procura di Milano sull’urbanistica alla sbarra

Che cosa ha detto e che cosa ha fatto capire Antonio Di Pietro sull'inchiesta della Procura di Milano sulla politica urbanistica nel capoluogo lombardo. I Graffi di Damato

Antonio Di Pietro, che fu il magistrato simbolo delle “mani pulite” dell’epoca di Tangentopoli, 33 anni fa, continua a smarcarsi. Quegli anni, per carità, gli sono rimasti nel cuore, più ancora forse dell’avventura politica che ne derivò come ministro di Romano Prodi, che pure aveva strapazzato interrogandolo sulla partecipazione dell’Iri al sistema del finanziamento illegale dei partiti e affini. Ma di quello che ì accaduto dopo di lui nelle stanze della Procura di Milano dove lavorò non gli piace per nulla. “Non c’azzecca nulla”, dice ripetendo, ma all’incontrario, le grida in tribunale contro i suoi inquisiti e imputati.

Già delusi da lui per la difesa della separazione delle carriere di giudici e inquirenti, da cui i magistrati associati, diciamo così, si sentono minacciati, gli ex colleghi di Di Pietro lo vedono ora associato, a sua volta, alle critiche, perplessità e proteste contro la Milano minacciata, nel suo sviluppo, da un’inchiesta sull’urbanistica condotta col metodo dello “strascico”, buttando con “l’acqua sporca” anche il bambino.

Non si fa così, ha gridato Di Pietro, come lui e i colleghi di un tempo furono però accusati di fare più di trent’anni fa. No, noi – ha praticamente obbiettato Di Pietro parlandone al Foglio – buttavano le reti sui conti correnti bancari, cercavamo i soldi sporchi per risalire alle persone. Che tuttavia -andrebbe ricordato all’ex magistrato ed ex ministro- finirono in molte a torto nelle reti, arrestate magari all’alba, processate, e assolte. A volte neppure rinviate a giudizio.

Quello spettacolo degli arresti a grappolo, delle retate con preannuncio a fotografi e telecronisti stavolta non si ripete per fortuna solo perché nel frattempo Carlo Nordio è riuscito a fare modificare la legge, giustamente vantandosene e reclamando il ringraziamento da uomini e partiti interessati a questo turno giudiziario.

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ESTRATTO DELL’INTERVISTA DEL FOGLIO AD ANTONIO DI PIETRO:

”Non si può buttare via il bambino con l’acqua sporca”, dice Antonio Di Pietro, piegando appena in avanti la voce. “Perché in questo caso il bambino potrebbero anche essere dei reati veri, se ci sono. Ma l’acqua sporca rischia di diventare lo sviluppo di Milano, lo slancio urbanistico, l’efficienza amministrativa, l’attrattività economica. E a forza di criminalizzare tutto, fai un danno doppio”. Il tono è grave, ma non apocalittico. Realista, semmai. “Trovo inoltre spaventoso questo tifo mediatico e giornalistico, che sta costruendo in tv e sulle colonne dei giornali dei colpevoli che ancora non esistono”. L’ex pm, ed ex ministro delle Infrastrutture, parla dell’inchiesta che coinvolge il comune di Milano e che qualcuno paragona a Tangentopoli. “Non c’azzecca niente con Tangentopoli”, dice lui. Che tiene a chiarire un punto: “Io i magistrati li rispetto. Anche perché l’inchiesta non la conosco nei dettagli e non ho elementi per dire che sia infondata. Qualcuno può anche averci mangiato sopra ai piani urbanistici di Milano. E’ possibile. Quello che voglio dire è che è il metodo a lasciarmi perplesso. Mi pare l’ennesima inchiesta fondata sul metodo della pesca a strascico. Non si indaga su un reato, ma su un intero fenomeno”. E la differenza con Mani Pulite qual è? “All’epoca noi cercavamo chi prendeva i soldi, chi incassava vantaggi tangibili. La bustarella, il conto all’estero, il bonifico svizzero. Oggi in queste inchieste nuove è tutto più ‘sofisticato’. Le tangenti si sono ingegnerizzate, per così dire. Le utilità passano attraverso consulenze, incarichi, rapporti professionali. Diventa tutto più opaco, più difficile da dimostrare, più facile da sospettare. Ma anche più rischioso da interpretare”. Che vuol dire? “Che magari i magistrati pensano che una consulenza data a qualcuno sia in realtà uno scambio corruttivo, ma forse, più semplicemente, quella consulenza è invece una reale necessità. Perché per costruire i grattaciali di Milano non ti puoi affidare a un geometra di Canicattì. Ma a chi quel lavoro lo sa fare, perché l’ha già fatto e lo fa continuamente”.

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