Durante la sua visita in Israele il Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha illustrato a Benjamin Netanyahu, ai più alti esponenti del governo e al presidente Isaac Herzog gli sviluppi dei negoziati tra Washington e Riyad.
In una delle fasi più difficili della sua storia, gli accordi tra Stati Uniti e Arabia Saudita offrono una finestra di opportunità che Israele non può perdere. Rispetto alle ottuse resistenze della destra israeliana è d’obbligo ricordare che Riyad ha condiviso informazioni di intelligence per la difesa aerea di Israele prima e durante il massiccio attacco lanciato da Teheran il 13 aprile scorso con più di 300 missili e droni.
Non si tratta di un’indiscrezione riservata finita sui giornali. È una scelta politica che la monarchia saudita ha rivendicato pubblicamente sul proprio sito web.
Per Israele il coinvolgimento dell’Arabia Saudita – insieme a Stati Uniti e Unione europea – sul futuro post-bellico di Gaza riveste un’importanza fondamentale. Per Netanyahu è il momento della verità. Non tanto per la richiesta di arresto che la procura ha formulato al giudice del Tribunale internazionale dell’Aja, ma perché la Casa Bianca pretende risposte rapide e non evasive. Difficile prevedere il suo comportamento: continuerà a muoversi alla giornata senza indicare una strategia post-bellica? O darà ascolto ai suggerimenti di Washington?
L’amministrazione americana prospetta per Gaza una soluzione ragionevole che supera il principale limite degli accordi di Abramo, ovvero l’illusione che fosse possibile eludere la questione palestinese. Il tema del post-conflitto a Gaza non può essere ulteriormente posticipato. Le opzioni sono molteplici, ma un punto è determinante per la sicurezza di Israele: chiunque prenda in mano l’amministrazione civile di Gaza, il disarmo delle milizie armate di Hamas dovrà essere completo.
La Striscia di Gaza non è il sud del Libano dove la missione UNIFIL II dell’ONU “convive” da molti anni con le milizie armate di Hezbollah. La smilitarizzazione del territorio di Gaza è la condizione irrinunciabile per fermare il conflitto israelo-palestinese e riaprire la strada alla soluzione diplomatica dei due stati.