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Londra

Sir Keir, un anno tempestoso alla guida del Labour

Sir Keir Starmer compirà il 4 aprile il suo primo anno alla guida dell’opposizione e del Partito Laburista. Un anno travagliato. L'articolo di Daniele Meloni

 

Sir Keir Starmer compirà tra qualche giorno – per l’esattezza il 4 aprile prossimo – il suo primo anno alla guida dell’opposizione e del Partito Laburista. Un anno travagliato, che ha portato a un generale raffreddamento dei consensi nei confronti del Baronetto ex Procuratore della Corona. La volontà di andare oltre l’eredità corbyniana, che aveva condotto il Partito al minimo storico dal 1935, e la difficoltà stessa di superare un quinquennio altamente divisivo all’interno delle storiche fazioni che si combattono all’interno del Laburismo britannico, stanno determinando un crescente malcontento nel Labour e nei movimenti affiliati.

Se da un lato Starmer ha sospeso dal Partito Corbyn per la questione di alcuni suoi commenti ritenuti troppo accomodanti nei confronti dell’anti-semitismo, dall’altro si è trovato sotto il fuoco – più o meno amico – di Lord Mandelson, l’ideologo del New Labour e ora senior advisor della multinazionale del consulting, Global Counsel – che lo ha definito “troppo timido” nel rigettare le politiche corbyniane, così fallimentari di fronte all’elettorato britannico, e nell’avviare una revisione delle politiche del movimento.

Il leader Laburista ha iniziato lo scorso anno un percorso piuttosto chiaro per rendere il Labour eleggibile nel 2024: fine dell’europeismo, di cui lui stesso era l’alfiere principale, accettazione della Brexit, riposizionamento verso il nuovo centro patriottico del sistema politico britannico, recupero dei tradizionali pensatoi laburisti come Compass e la Fabian Society (da cui egli stesso proviene), opposizione responsabile. Proprio su quest’ultimo tema, Starmer è stato attaccato sulle colonne dell’anti-lockdownista Spectator, la rivista della destra conservatrice britannica, da James Forsyth che si è chiesto a cosa serve avere un’opposizione che sostiene il governo quando prende misure restrittive delle libertà individuali dei cittadini e che gli toglie le castagne dal fuoco quando anche nella sua maggioranza ci sono parlamentari contrari al lockdown. Così Starmer ha votato la scorsa settimana il rinnovo dei poteri emergenziali previsti nel Coronavirus Act, mentre oltre 30 MP Tories hanno detto no a Johnson.

In realtà la battaglia che sta combattendo Sir Keir si trova su un crinale davvero impervio. Durante la pandemia, nel bene e nel male, è stato Johnson a occupare tutti gli spazi mediatici. La sua elezione a leader laburista è avvenuta online senza la tradizionale acclamazione fatta di grida e applausi a un congresso come in tempi normali. Starmer ha provato a suggerire delle posizioni diverse (ma non troppo) da quelle del governo e si è trovato l’appellativo di Mr. Hindsight, il Signor Senno-Di-Poi appiccicatogli addosso dai Tories. Quando i dati sul crollo del suo gradimento sono arrivati alla Camera dei Comuni, Johnson ha affermato: “Io vaccino, lui vacilla”, con un gusto per l’allitterazione che solo un amante dei classici della letteratura come il premier poteva esibire. I Question Time in aula si sono così trasformate in vere e proprie Caporetto – anzi, trattandosi di UK, sarebbe meglio dire Gallipoli – per Starmer.

C’è poi la questione che più indebolisce la sua leadership. Quella interna. Certo, nel National Executive Committee – organo esecutivo del Partito – ormai i corbyniani sono ridotti al lumicino ma tra i sindacati affiliati le polemiche contro la nuova leadership non mancano mai. Il leader di Unite – uno dei maggiori sindacati UK, nonché maggiori finanziatori del Labour – Ken McKluskey, ha affermato in un’intervista all’Independent che “Starmer manca di autenticità” e che “non coinvolge abbastanza gli attivisti della base”. Il Partito è percepito come “noioso, senza presenza, senza convinzioni e troppo opportunista”.

Il primo test per il leader sarà il 6 maggio quando si rinnoveranno tantissimi local council, e verranno eletti i nuovi sindaci di città come Liverpool, Manchester e Londra. Tutti e tre in mano al Labour. Ma la prove più dure per Sir Keir saranno due: la suppletiva di Hartlepool e l’elezione del Parlamento scozzese. Se ad Hartlepool il Labour perderà il seggio che detiene da sempre (i sondaggi prevedono una corsa serrata) a favore del Governo, e se in Scozia continuerà l’emorragia che vede da 10 anni lo Scottish Labour perdere voti a vantaggio dei nazionalisti, per Starmer non è esclusa nemmeno l’ipotesi di dimissioni.

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