I miti sono racconti e la narrazione, come ha ben spiegato a “Che tempo che fa” Alessandro Baricco, che è stato uno dei migliori narratori televisivi, non possono essere distinti dalla realtà di cui fanno parte sostanziale e non aggiuntiva. Per questo sono indispensabili e per questo c’è sempre bisogno dei miti e dei loro protagonisti, eroi in primis. Non essendocene però grandissima disponibilità qualitativa, siamo costretti a ricorrere alla non sempre efficace forma narrativa della ripetizione – si veda il profluvio di commenti, saggi, articoli sull’intelligenza artificiale – e ad elevare al rango eroico i personaggi che la cronaca offre. In questo periodo, per esempio, si rincorrono i nomi di Jannik Sinner, Ilaria Salis e Giulia Cecchettin.
Per quello che riguarda la ragazza uccisa dal fidanzato che voleva lasciare, ci troviamo nell’onda lunga di una straordinaria botta emotiva, per la quale sono state conferite alla memoria a Giulia sia la laurea in ingegneria sia addirittura l’iscrizione all’ordine professionale, con due mosse comprensibili sul piano sentimentale ma che danno l’idea di quanto sia ormai vago e confuso l’esercizio della memoria e della solidarietà, valori oggigiorno richiamati con un’insistenza eccessiva. Si assegnano così i titoli non sulla base di un merito non riconosciuto ma a compensazione di un danno subito, si trasforma la vittima in martire, cioè in testimone, a prescindere dalla dinamica della sua vita e della sua morte. Una modalità, peraltro, spesso usata anche dalla Chiesa: proprio ieri, il presidente Meloni ha accostato il martirio della giovanissima Sant’Agata allo stupro di una ragazzina, avvenuto a Catania ad opera di un gruppo di egiziani, alcuni dei quali minori.
Un aspetto interessante è che il papà di Giulia, dopo aver assunto tra molte critiche una prestigiosa consulenza per la comunicazione, sembra avere abbassato il proprio volume, probabilmente avendo ricevuto il saggio consiglio di non sovraesporsi. Lo stesso suggerimento che propone ai mass media il padre di Ilaria Salis, del quale abbiamo saputo che coltiva idee politiche diverse dalla figlia e che chiede di non alimentare troppe polemiche, che ovviamente non faciliterebbero la soluzione del caso. Lo sta dicendo o lo dovrebbe dire, soprattutto, alle opposizioni che invece hanno deciso di eleggere la maestra detenuta in Ungheria a nuovo vessillo. Evidentemente immemori della figuraccia guadagnata con il caso dell’anarchico Alfredo Cospito, portato per molto tempo sugli scudi della politica e dell’informazione, ma al finale si è dimostrato un inaffidabile millantatore.
Sempre un invito al silenzio arriva da Jannik Sinner con il rifiuto di fare la Madonna Pellegrina e quindi – dopo avere accettato gli inviti istituzionali di Meloni e Mattarella e incassato persino l’endorsement del Papa – di mostrarsi sulla passerella a Sanremo. A differenza di Ilaria e forse più della stessa Giulia, il tennista non è però divisivo, anzi è un mito unificante e fondante, al punto che la sua unica ma non trascurabile macchia, la residenza a Montecarlo, viene evidenziata in modo molto garbato e addirittura, in taluni i commenti, giustificata per ragioni sportive o persino fiscali. Un po’ come i trattori in protesta, dei quali moltissimi si affannano a spiegare le ragioni, nonostante il disagio creato. Probabilmente, essendo di fatti entrati in campagna elettorale, si preferisce strizzare l’occhio a personaggi e categorie di cui può essere utile l’appoggio.