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Sea Watch, chi lavora anche in mare per far lievitare la Lega di Salvini nelle urne

Tutti sembrano incredibilmemente, e inconsapevolmente?, al servizio del leader leghista Matteo Salvini. I Graffi di Damato

 

Vorrei chiedere a Emilio Giannelli, che sulla prima pagina del Corriere delle Sera ha appena eretto sarcasticamente un monumento a Matteo Salvini, facendogli indossare gli indumenti e le parole di Cesare, ciò che ho già chiesto al mio amico Giampaolo Pansa, autore di un libro fresco di stampa contro Salvini, sempre lui, dandogli del “dittatore” nel titolo di una copertina naturalmente e rigorosamente nera, se sono davvero convinti di lavorare così contro il leader della Lega, nonché vice presidente del Consiglio, ministro dell’Interno, “Capitano”, “Truce” e via sfottendo o disprezzando.

A me non pare che così si lavori contro Salvini, specie dopo averlo visto crescere nelle urne, nel giro di un solo anno, tanto da doppiare il suo temporaneo alleato di governo e di salire al vertice della graduatoria elettorale d’Italia. Sono invece convinto che così si lavori indefessamente, e in tanti, a suo favore, commettendo un’autorete politica e psicologica di lunghissimo effetto. E lo dico pensando a tutti gli altri titoli, fotomontaggi, vignette che si vedono sfogliando una qualsiasi rassegna stampa: da Repubblica al Fatto, dal manifesto al Secolo XIX e ad altro ancora.

Tutti sembrano incredibilmemente, masochisticamente al lavoro, anzi al servizio del leader leghista nel momento in cui una improvvisata e politicamente assai sprovveduta ragazza tedesca, diciamo così, ha deciso di sfidare non tanto Salvini quanto un intero governo, per quanto malmesso, al comando di un mercantile in cui, francamente, non so dire se i 42 migranti soccorsi in mare siano alla fine diventati ostaggi più di lei che di quelli che li avevano messi in mare nell’esercizio del più turpe dei mercati o traffici.

Non è minimamente passata per la testa di questa “capitana” di avere sfidato il “capitano”, per stare ai giochi di parole dei giornali, degli editorialisti, dei vignettisti, dei politici, nel momento a lei più sfavorevole, dopo avere perduto ogni possibile appoggio o appiglio dei pur generosi organismi giudiziari, o simili, della imbelle Europa. Che da tempo, direi troppo tempo, sta letteralmente abusando della posizione geografica dell’Italia: la più vicina ed esposta al fenomeno biblico delle migrazioni dall’Africa e dallo stomachevole commercio che hanno deciso di farne i trafficanti di carne umana.

Fate, fate, signori dell’indignazione facile e delle allusioni. Tifate pure per la “capitana” Carola Rachete, e per i soldi suoi personali e della sua famiglia benestante, e per quello specialista delle provocazioni politiche e di piazza che le sta metaforicamente dietro, l’italiano Luca Casarini, già affacciatosi di persona sulla stessa scena marittima prima di andarsi a prendere un aperitivo nella buvette di Montecitorio. Continuate pure in questo gioco in cui Salvini ha tutto da guadagnare, specie se la situazione politica dovesse precipitare verso le elezioni anticipate, con una campagna elettorale infernale, per temperatura fisica, politica e sociale. Fate, fate. E poi correrete tutti a farvi consolare in qualche buon ritrovo dal mio amico Giulianone Ferrara. Che sul Foglio ha deciso di partecipare a suo modo a questa incredibile corsa verso l’abisso, lasciando tuttavia che ogni tanto si spenda per Salvini sullo stesso giornale, affidato alla direzione di Claudio Cerasa, la solitaria Annalisa Chirico, da lui chiamata – o sfottuta – Chirichessa. Che fa rima con baronessa, al minuscolo per favore.

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