skip to Main Content

Germania

Tutti i bisticci tra Scholz e Zelensky

Cosa succede tra il presidente ucraino Zelensky, il cancelliere tedesco Scholz e il leader dell'opposizione Merz. L'articolo di Pierluigi Mennitti da Berlino.

 

C’è un lato quasi comico (ed è inusuale) nelle vicende che accompagnano il faticoso approccio tedesco alla guerra russa in Ucraina. Si assiste in questi giorni a una curiosa partita a tre, al centro della quale si muovono il cancelliere Olaf Scholz, il leader dell’opposizione Friedrich Merz e, terzo incomodo, l’ambasciatore ucraino a Berlino, Andrij Melnyk. Divenuto quest’ultimo una vera e propria spina nel fianco dei politici tedeschi.

L’ultima diatriba in ordine di tempo riguarda il viaggio a Kiev, per parlare a quattr’occhi con l’asserragliato Volodymyr Zelensky. In sequenza: Scholz tentenna, Merz prende le valige, Melnyk insulta (poco diplomaticamente, ma ormai è un’abitudine) Scholz. Poi la giostra riprende: Scholz si offende, Melnyk non si scusa e Merz manda via social selfie dalla cuccetta di un treno per Kiev, annunciando di aver dormito bene e di aver incontrato “gentilissime guardie di frontiera ucraine”.

Così, mentre cancelliere e ambasciatore bisticciavano a Berlino, e il ministro dell’Economia Robert Habeck era seriosamente impegnato a Bruxelles a dare il via libera tedesco all’embargo petrolifero, Friedrich Merz si aggirava per le strade di Kiev, visitando rifugi, parlando con volontari e cittadini stremati, portando quella solidarietà tedesca che c’è, adesso anche in forma di armamenti, ma che Scholz fatica a capitalizzare, rinchiuso nel suo rigido aplomb anseatico.

Tra i collaboratori dei due politici è volata anche qualche accusa di strumentalizzazione. Domenica prossima si vota nel Land dello Schleswig-Holstein, ma obiettivamente il risultato appare talmente scontato a favore della Cdu, che viene difficile credere che Merz abbia bisogno di far campagna mediatica a Kiev per raccattare qualche voto in più nelle urne di Lubecca e Kiel. i sondaggi non potrebbero essere più chiari: vincerà la Cdu che con il 36% dei pronostici distanzia i socialdemocratici di 16 punti. Merito del presidente in carica (come spesso accade nei voti regionali), quel Daniel Günther che se fosse eletto direttamente dai cittadini totalizzerebbe addirittura il 49% dei consensi.

Semmai, dal punto di vista politico, Merz punta a incamerare un po’ di favori a futura memoria. Scholz resta in difficoltà e nonostante si sia mostrato nel comizio del primo maggio di nuovo combattivo come all’inizio della guerra (resta memorabile il suo discorso al Bundestag sulla Zeitwende), non riesce a scrollarsi di dosso l’immagine di governante prudente. La stampa lo critica, i consensi calano.

E poi ha sempre alle calcagna quell’implacabile Melnyk, qualche tempo fa incoronato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung come il vero oppositore del governo. La diatriba fra lui e Scholz comincia però a stufare gli stessi giornalisti e la stessa Frankfurter si chiede se i due non abbiano davvero null’altro di meglio da fare che rimbeccarsi ogni due per tre. L’ultimo scontro aveva per oggetto proprio un viaggio a Kiev del cancelliere. Ipotetico naturalmente.

Scholz ha detto (quasi come il Papa) chiaro e tondo che per ora non ci vuole andare, ma non perché prima vuole incontrare Putin: più concretamente perché il rifiuto opposto qualche settimana fa da Zelensky al presidente della Bundesrepublik Frank-Walter Steinmeier è ancora un macigno. Un’onta che il cancelliere non riesce a digerire. E Melnyk cosa ha fatto? Ha pensato che fosse suo dovere replicare e lo ha fatto a modo suo. Chiamando Scholz “una salsiccia di fegato offesa”. Una frase, diciamo, da diplomazia di guerra.

Insomma, ci sono molte questioni serie sui tavoli, cui il governo deve pensare. Assicurare il più velocemente possibile le sostituzioni alle forniture energetiche da Mosca, ieri per il carbone, oggi per il petrolio e domani per il gas. Definire la lista delle armi pesanti da inviare a Kiev, alcune delle quali richiederanno anche forme di addestramento. Ridefinire il quadro delle relazioni internazionali (più Occidente e meno Russia, più Giappone e meno Cina e così via) alla luce della proclamata Zeitwende, la svolta epocale. Preparare agenda e contenuti del G7 di fine giugno sulle Alpi bavaresi. Dettagliare le misure di politica interna per contrastare caro energia, inflazione e contraccolpi economici della guerra.

Su molti punti la maggioranza si sta muovendo con meno incertezza rispetto ai mesi di rodaggio iniziali, ma la prudenza del suo leader rischia di mettere in ombra tutti questi sforzi. Mentre Merz, che alla fine a Kiev ci è andato, ha forse raccolto il primo successo da quando si è insediato alla guida dei cristiano-democratici.

Back To Top