Tra le molte definizioni dette e lette dopo le elezioni europee una delle più efficaci è che ha vinto non Fratelli d’Italia ma Giorgia Meloni: frase senz’altro azzeccata e, peraltro, coerente con quanto la stessa presidente del consiglio aveva chiarito, indicando agli elettori di scrivere il suo nome di battesimo sulla scheda elettorale. Il trascinamento operato dalla premier sul piano emotivo e sostanziale è stato straordinario ed è valso a coprire, come già abbiamo osservato, alcune défaillance di governo e, in questo caso, del suo partito. Se per ipotesi Meloni dovesse decidere di interrompere la propria attività politica per fare un giro del mondo in barca a vela, è chiaro che un movimento affidato a Tommaso Foti e Francesco Lollobrigida non andrebbe lontano, anzi non andrebbe da nessuna parte.
Questa considerazione vale un po’ per tutti, perché viviamo in un’epoca politica segnata dalle leadership e dalla personalizzazione. Non fa eccezione neppure il Partito Democratico, che pure ha una tradizione molto più corale e assembleare ma che ha trovato in Elly Schlein una guida capace di trainare in modo inaspettato. La segretaria del Pd se ne è comprensibilmente vantata, felice della sorpresa ottenuta, ma omette di ricordare che gran parte del suo successo va attribuito proprio alla sua rivale. Il demiurgo del 24% democratico è infatti la stessa Meloni, che sin dalle dichiarazioni della conferenza stampa di inizio anno, quindi diversi mesi fa, ha chiaramente e continuativamente eletto a propria unica controparte la Schlein, affossando nell’immaginario pubblico la figura di Giuseppe Conte. Il capo dei Cinque stelle in alcune occasioni è addirittura sbottato, manifestando la propria rabbia per l’ostracismo di cui si ritiene vittima.
Per Meloni adesso si pone una nuova sfida. Questo primo biennio è stato condotto all’insegna dello stupore per il sempre maggiore riconoscimento ottenuto a livello internazionale e istituzionale. Quasi tutti i capi europei e non, in misure modi diversi, hanno stretto con il premier italiano rapporti di collaborazione e talvolta anche di amicizia personale. In particolare Rishi Sunak e poi Roberta Metsola, Ursula von der Leyen, Edi Rama, Narendra Modi e tanti altri: molti di questi leader adesso se la devono vedere con situazioni più o meno critiche, ma anche Meloni è chiamata a un salto di qualità. Finora questo clima positivo era dovuto anche alla sua relativa estraneità: dialogare con una maggioranza europea di cui non si fa parte è, paradossalmente, più facile. Nel momento in cui invece il voto porta Fratelli d’Italia a una rappresentatività così forte nel Parlamento europeo è ovvio che la richiesta implicita sia quella di entrare in maggioranza in modo strutturato. Sì, d’accordo, c’è il veto socialista ad accogliere i conservatori e riformisti nella “maggioranza Ursula” assieme con liberali, conservatori e socialisti stessi, ma queste sono dichiarazioni che in politica possono essere agevolmente superate con qualche escamotage. Vedremo cosa accadrà.