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Salvini, Open Arms e il garantismo di Renzi (solo pro domo sua)

Chi e come ha mandato Matteo Salvini a processo per la vicenda Open Arms. La nota di Paola Sacchi

Era la sera di giovedì 30 luglio 2020. Matteo Salvini era già partito per Milano Marittima, per il famigerato Papeete, sbeffeggiato dalla sinistra come luogo di perdizione, incurante di offendere così, pur di attaccare il capo leghista, anche un normale e grazioso luogo di vacanza per famiglie e bambini. Ma Salvini, allora a capo del principale partito di opposizione del centrodestra al governo Conte 2, andava attaccato, anche se aveva ragione, disse un magistrato in una celebre (e triste per la categoria) conversazione con un collega. Sì, andava attaccato e quella sera del 30 luglio da un gruppetto di persone che uscivano dal Senato si sentì dire a bassa voce: “Lo abbiamo sistemato”. Come se quel voto che lo aveva mandato a processo potesse tracciare un preciso confine tra il presente e il futuro di Salvini, che anche ieri ha ribadito nettamente che lui in ogni caso non mollerà.

Il leader della Lega, ex vicepremier ed ex ministro dell’Interno nel governo Conte 1, era stato da poche ore mandato a processo nell’aula di Palazzo Madama per lo “strano” caso Open Arms, di cui per oggi 20 dicembre 2024 è attesa la sentenza a Palermo, con l’accusa di sequestro di persona e omissione d’atti di ufficio, con 149 voti a favore e 141 contrari. Quindi per soli 8 voti di scarto. Decisivi furono i senatori di Iv di Matteo Renzi che disponevano di 18 voti. Ma, dopo essersi astenuta nel voto della Giunta per le elezioni allora presieduta dal senatore di FI Maurizio Gasparri, Italia Viva con Renzi in prima fila decise per il pollice verso, aggiungendosi così, in barba al suo cosiddetto garantismo, ai voti del Pd, della sinistra ancora più radicale e soprattutto di quegli stessi Cinque Stelle che erano stati al governo nel Conte 1 condividendo le scelte politiche di Salvini in qualità di ministro dell’Interno sulla linea di riduzione drastica degli sbarchi dei clandestini, come le cifre seccamente dimostrano. Si dissociò, unico nel centrosinistra, Pier Ferdinando Casini che pur non condividendo la linea di Salvini avvertì che si andava incontro così a un precedente gravissimo poiché veniva mandata a processo una decisione politica. Salvini lo ringraziò nel suo intervento.

Gelido e pungente invece fu con Renzi e il suo garantismo “a targhe alterne”. Si svolgevano contemporaneamente quel 30 di luglio del 2020 le operazioni per il rinnovo dei vertici delle commissioni parlamentari. Italia Viva ebbe assegnate importanti presidenze come quella Bilancio della Camera che era guidata con il Conte 1 dall’economista leghista Claudio Borghi. E d’altro canto Iv fu decisiva nei giochi politici di Palazzo dove Renzi, al minimo dei consensi nel Paese, eccelle, per far nascere il Conte 2.

Stiamo semplicemente descrivendo un fatto che si svolgeva contemporaneamente al pollice verso per Salvini senza fare  forzati collegamenti. Ma la cronaca della giornata in cui si mandò a processo Salvini per lo “strano” caso di una nave spagnola che, come ha ricordato ieri sera anche in un video e nel libro Controvento in ristampa, poteva attraccare in Spagna, in Tunisia, a Malta e anche in Francia, va descritta tutta anche nel suo contesto politico. Visto che si tratta di un precedente che giudicò grave lo stesso Casini.

Salvini quel 30 luglio attaccò il senatore di Scandicci così: “Renzi dalla lezione di De Gasperi è passato al comportamento di uno Scilipoti qualsiasi”. Ieri il leader della Lega, vicepremier e titolare del Mit si è felicitato con Renzi per il proscioglimento su “Open” insieme con Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Marco Carrai a conclusione di “una odissea giudiziaria” , ricordando però che “noi siamo sempre garantisti e a differenza di chi predica bene non mandiamo a processo i rivali politici”.  Salvini, quindi, ora si aspetta che Italia Viva voti con il centrodestra per la riforma della giustizia.

Renzi, come ricorda Giovanni Sallusti, direttore di “Radio Libertà” e editorialista di Libero Quotidiano, replica all’invito politico e non animoso del vicepremier in tv così: “Ora Salvini farà la vittima”. Sallusti attacca Renzi: “Quando il garantismo è paraculismo”.

Il garantismo solo per sé. Secondo l’altro Matteo. Non quello che oggi sarà a Palermo in attesa di giudizio, dopo che per lui sono stati chiesti 6 anni di carcere, per aver “difeso i confini nazionali, la Patria”, come rivendica. E, aggiungiamo, il primato della politica messo sotto scacco da certa magistratura e dall’uso politico della giustizia di una certa sinistra che fa da sponda dal 1992.

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