A oltre un anno dall’incidente della Saipem 12000, nulla è cambiato nel Mediterraneo orientale. Sempre più evidente è lo scontro per lo sfruttamento delle risorse marine: la Turchia si contrappone non solo a Grecia e Cipro, ma anche all’Ue e persino a Israele ed Egitto. Torna ad agitarsi, in concomitanza con il rinnovo delle istituzioni Ue, la questione dell’autoproclamata Repubblica turca Cipro del Nord (Rtcn) e dei diritti della sua comunità.
POSIZIONE UE
In un recente dibattito organizzato dal Forum Turchia-Ue, cui hanno anche partecipato esponenti dello IAI, si è discusso di riapertura del negoziato di adesione della Turchia all’Ue, del ruolo della Turchia in Siria e dei contenziosi marittimi.
Circa le tensioni del Mediterraneo orientale, è stato messo in chiaro che non giova certo alla distensione la posizione Ue sulla difesa della Zona economica esclusiva (Zee) di Cipro, considerata parte della più ampia Zee europea. Per l’Ue, i confini della Zee reclamata da Cipro e già spartita per accordo con Egitto (2003), Libano (2007) e Israele (2010). sono in sostanza intangibile frontiera marittima europea.
La partita si gioca anche sull’applicazione da parte della Turchia della Convenzione del diritto del mare (Cnudm), considerata dall’Ue posizione non discutibile. Ankara non intende divenirne parte (anche Usa, Israele e Libia ne sono fuori) , in modo da potere contestare il diritto della Grecia ad estendere a 12 miglia le proprie acque territoriali (ora sono di 6 miglia), in accordo con la stessa Convenzione.
INTRANSIGENZA TURCA
Il rifiuto di Ankara di sottoscrivere la Cnudm potrà difficilmente cambiare sino a quando il regime della Convenzione sarà percepito non come un insieme di regole che hanno acquisito valore consuetudinario ma come una minaccia ai propri interessi.
Questo vale sia per la spartizione della Zee dell’Egeo sia per l’allargamento delle acque territoriali greche che causerebbe l’interclusione delle coste turche. Se questo avvenisse, per salvaguardare il libero accesso della Turchia all’alto mare e per garantire il transito nelle vie di comunicazione con il Mar Nero, in teoria bisognerebbe stabilire corridoi internazionali di traffico.
Su tutta la questione aleggia il problema della posizione della Turchia nella Nato. L’Alleanza aveva imposto in passato a Grecia e Turchia di astenersi dall’aggravare la tensione: nell’Egeo, l’obiettivo era quello di preservare la libertà dell’alto mare e la connessa mobilità delle Forze aero-navali senza procedere a proclamazioni unilaterali.
Ora Ankara accusa la Nato di parteggiare per la Grecia eccependo persino che l’Alleanza violi con le proprie attività il regime di demilitarizzazione delle Isole dell’Egeo stabilito dagli Accordi di Losanna del 1923 e di Parigi del 1947. Anche gli Stati Uniti hanno preso posizione contro le pretese turche.
INTESA GRECO-CIPRIOTA
Oggettivamente, le posizioni greche contrarie alle pretese turche per un’estesa Zee che si spinga sino all’Egitto coincidono con quelle cipriote. Anzi, può dirsi che Cipro mette in atto quello che la Grecia indica solo come possibile. Appare evidente come la non appartenenza alla Nato e lo scudo dell’Ue, oltre che il sostegno britannico (Cipro è anche membro del Commonwealth), siano per Nicosia un vantaggio.
L’accorta politica marittima cipriota – che non dimentichiamolo è ai primi posti mondiali per tonnellaggio di mercantili di bandiera – trova continue conferme. Basti pensare all’attività di pubblica informazione volta a spiegare alla comunità internazionale le proprie posizioni in materia di frontiere dei mari adiacenti.
La ragione sembra quindi essere solo dalla parte cipriota. Questo potrebbe aver indotto Nicosia ad autorizzare attività offshore della Saipem 12000 in aree marittime disputate, quando invece cautela vuole che si evitino simili azzardi.
Tuttavia, la disputa riguarda oramai tutta la Zee attorno a Cipro: a sud e ad est sono in ballo i diritti della popolazione della Rtcn a ottenere vantaggi economici dalle attività offshore; a nord-ovest, si è aperto un nuovo fronte dopo che Ankara ha inviato una nave di ricerca scortata da fregate in un’area ricadente nella Zee cipriota, a ovest del meridiano 32°16′18” E, rivendicata come propria.
INTERESSI ITALIANI
L’affronto subito dall’Eni per essere finita in mezzo al fuoco incrociato della disputa turco-cipriota è rimasto sostanzialmente impunito. Forse bisognerebbe ripartire dall’episodio dello scorso anno per effettuare una concreta valutazione degli interessi marittimi italiani in relazione alla situazione del Mediterraneo orientale ed in particolare del Mar di Levante.
Tra l’altro, non risulta nemmeno che l’Italia abbia reagito adeguatamente all’ iniziativa dell’Algeria di estendere la propria Zee su zone della nostra piattaforma continentale, con il rischio di ritrovarsi presto a subire altri torti derivanti da attività offshore nel Mediterraneo.
Senza dimenticare che nell’ambito del G7 l’Italia ha assunto posizioni favorevoli alla libertà di navigazione che in teoria combaciano con l’aspirazione turca che non vengano ridotte le aree di alto mare dell’Egeo.
Sinora l’Ue, che è parte della Cnudm, ma che non ha competenze in materia di definizione dei confini marittimi, ha solo condannato le pretese turche. Se in futuro l’Italia si attivasse per la riapertura del negoziato di adesione della Turchia all’Ue, potrebbero porsi le condizioni per una riconsiderazione del contenzioso turco-greco-cipriota in termini meno ultimativi e stringenti per Ankara.
Articolo pubblicato su Affarinternazionali.it