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Un tranquillo sabato di guerriglia a Roma

Se a Roma si piange e si guerriglia, a Pontida non si ride. I Graffi di Damato.

Sarebbe sciocco archiviare la guerriglia di ieri a Roma, come purtroppo ho visto e sentire fare nella trasmissione televisiva condotta sulla 7 da Massimo Gramellini, dando per scontati i professionisti, ormai, dei disordini. Che si infiltrano nelle manifestazioni per devastare anch’esse, oltre alle forze dell’ordine ferendo una trentina di agenti, ai loro mezzi, ai beni privati, a inermi cittadini e a fotografi colpevoli solo di poterli o volerli riprendere nelle loro maschere. Sarebbe sciocco anche prendersela, sempre come ho visto e sentito fare nel salotto di Gramellini, col ministro dell’Interno – o “ministro di Polizia”, come l’ha chiamato Nichi Vendola – che avrebbe eccitato i criminali non autorizzando la manifestazione indetta a favore dei palestinesi alla vigilia del primo anniversario della mattanza di ebrei compiuta dai terroristi di Hamas e complici.

Sarebbe altrettanto sciocco, spostandosi da Roma a Pontida, archiviare gli insulti al vice presidente del Consiglio, ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia Antonio Tajani levatisi dai leghisti in corteo a Pontida, alla vigilia del tradizionale raduno annuale del loro partito, definendoli “quattro scemi”, come ha fatto Matteo Salvini, vice presidente del Consiglio pure lui e leader del Carroccio. Che, bontà sua, ha dato ha difeso l’”amico” a Tajani, pur avendolo qualche giorno fa accusato di avere “mangiato pesante”, e prevedibilmente anche bevuto troppo, per essersi preoccupato pubblicamente del successo elettorale appena conseguito in Austria dall’estrema destra, di linguaggio e atteggiamento nazisti.

I manifestanti di Pontida, in verità, hanno insultato e vaffanculato Tajani – scusate il termine sdoganato in politica quindici anni fa da Beppe Grillo – non per seguire Salvini nella difesa dell’estrema destra austriaca, ma solo perché il segretario forzista aveva appena annunciato una iniziativa legislativa di partito sulla cittadinanza italiana ai figli di immigrati che abbiano compiuto, con i nostri figli e nipoti, un ciclo decennale di studi. Per questo Tajani è anche finito su uno striscione leghista come “scafista”.

Vi sembrerò esagerato, ma sul piano politico considero ciò che è accaduto a Pontida alla vigilia – ripeto – del raduno nazionale della Lega più grave di quanto accaduto a Roma. Dove non è stata compromessa la serietà del governo. A Pontida sì. E ancora di più rischia di avvenire nel raduno di oggi per l’impostazione che ha voluto dargli lo stesso Salvini esibendo ospiti come il premier ungherese Viktor Orban.

“L’interesse di Salvini – ha scritto giustamente Stefano Folli ieri su Repubblica – è solo uno: creare una massa critica, della quale dichiararsi leader, per scagliarla contro Giorgia Meloni. Per metterla in difficoltà, impedirle di sviluppare il rapporto con l’Unione europea di Ursula von der Leyen, sottrarle voti a destra per quanto possibile”. E sottrarne naturalmente anche all’amico “scafista” Tajani.

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