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Che cosa succede di strano al Comune di Roma

Tensioni e fibrillazioni - a volte molto bizzarre - su city manager ed ex municipalizzate. Il caso Ranucci-Gualtieri

 

«Che ci sia ognun lo dice/Dove sia nessun lo sa». Così recitava nel 1731 un celebre verso del grande poeta romano Pietro Metastasio a proposito della “fede degli amanti”. Chissà se è quello che aveva in mente, a quasi 300 anni di distanza, l’ex senatore Pd Raffaele Ranucci quando ha detto a Mario Aiello che il sindaco Roberto Gualtieri dovrebbe nominare «un city manager», indicandogli pure come candidato ideale Carlo Fuortes. Sta di fatto che Aiello è andato a scriverlo sul Messaggero, senza dire che a Roma quella figura c’è già. Basta digitare in Google il ruolo – chiamandolo, autarchicamente, direttore generale – per trovarne nome, cognome, posta elettronica e persino posizione dell’ufficio: Paolo Aielli.

Cercando un po’, oltre se ne trova anche il curriculum, con le varie posizioni nelle aziende dell’allora Finmeccanica, fino al Poligrafico dello Stato. Insomma, il city manager sembrerebbe esistere davvero.

Intendiamoci: Ranucci, che insieme ad Alessandro Onorato mise insieme la lista civica “Gualtieri sindaco” nel 2021 giocò un ruolo importante nell’elezione, argomenta la proposta di nominare un city manager denunciando la situazione della raccolta rifiuti, la mancanza di taxi, la follia del tram a corso Vittorio e altri temi sui quali concordano molti romani senza tessera politica in tasca. Ma c’è di più.

Parlando con il Messaggero, Ranucci va oltre le questioni contingenti, attaccando l’amministrazione sulla mancanza di progettualità. Solo così si può leggere l’affermazione che Roma è «pensata in maniera vecchia», sciorinando una serie di iniziative quali l’apertura delle controllate ai privati (fino al 49%), la riqualificazione dello Stadio Flaminio (da inglobare in un’area che arriva fino a Villa Glori), la risistemazione del lungomare di Ostia, la ricucitura dei Fori « senza smantellare via dei Fori Imperiali né renderla un suk» come aveva immaginato Rutelli – e la citazione è una prima cattiveria, perché l’ex radicale lasciò l’incarico nel gennaio 2001. Come dire: se per innovare bisogna tornare a Rutelli, significa che si sono persi vent’anni.

Poiché questa progettualità non spetta al city manager, il senso politico sembra quello di portare Gualtieri su posizioni più pragmatiche e meno partitiche. È il caso delle partecipate, tra le quali ci sono AMA e ATAC, cioè rifiuti e trasporti, . «Parlavamo delle privatizzazioni, e mi chiedo: ma è mai possibile che questo sia ancora uno spauracchio, in un mercato che ha bisogno di più soggetti possibili e di più risorse possibili dall’Italia e dall’estero verso una Capitale che ha la necessità di fare un salto di qualità?».

Già, le partecipate. Anche qui, Ranucci sembra parlare a nuora perché suocera intenda. Il Dipartimento delle Partecipate è infatti retto ad interim dallo stesso city manager che secondo lui non ci sarebbe.

Quant’è probabile che Ranucci non lo sappia? L’ex senatore e tuttora imprenditore alberghiero non era candidato e non è dunque tra i cinque consiglieri che la sua lista ha portato all’Assemblea Capitolina, compreso Carmine Barbati, che ne è vicepresidente vicario. Non siedono nell’Assemblea né Onorato, che di “Gualtieri sindaco” è il coordinatore, né Monica Lucarelli, che ne era capolista. In compenso, i due sono rispettivamente assessore ai Grandi Eventi, Sport e Turismo e alla Attività Produttive e alle Pari opportunità. Ed è qui che le cose si fanno davvero interessanti. Sì, perché il 28 aprile l’assessora Lucarelli ha sposato proprio l’araba fenice, il city manager che non c’è, con la delega alle partecipate da privatizzare per farle funzionare. Quanto è probabile che l’ideatore della lista civica non lo sappia?

E in arrivo, nel giro di 3-5 mesi, c’è la prevista bocciatura della candidatura di Roma a Expo 2035. Che sia a causa della debolezza della proposta, del caos quotidiano in cui versa la città o delle distanze siderali tra i tempi annunciati dei programmi e quelli della loro effettiva realizzazione («chiamate Fuortes!»), Ranucci sembra smarcarsi dai suoi. Perché – l’avevamo già detto? – l’assessore ai Grandi Eventi è il suo Onorato.

Viste sotto questa luce, le confidenze alle quali Ranucci si è lasciato andare con il Messaggero potrebbero avere l’obbiettivo, non importa se principale o secondario, di rimettere in ordine le cose al proprio interno. Soprattutto se, come si sente mormorare, l’insoddisfazione per la giunta Gualtieri dovesse portare a una conclusione prematura della sua esperienza. Certo che se ci fosse un city manager in gamba, che manda avanti la macchina amministrativa mentre il sindaco inaugura soddisfatto larghi intitolati ai suoi predecessori del PCI, le cose starebbero diversamente. E invece, come dice Ranucci, «che ci sia ognun lo dice/Dove sia nessun lo sa».

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