Come rappresentante Usa al Commercio col rango di ambasciatore, Robert Lighthizer svolse un ruolo cruciale nel forgiare le politiche economiche più drastiche del tycoon dal 2017 al 2021. Il suo ritorno in campo in caso di vittoria repubblicana alle presidenziali viene dato per assodato. Ecco quali sono le ricette che uno dei più sinistri falchi del protezionismo Usa propone per aggredire e risolvere quello che viene considerato il male maggiore dell’America, ossia il megadeficit commerciale col mondo.
Il libro oracolo
In realtà non sono molte le notizie su Lighthizer in circolazione per ora, ma può essere anche una strategia di basso profilo per tenere in serbo la sorpresa di una nomina eclatante in caso di vittoria alle presidenziali di novembre.
È per questo motivo che il quotidiano Politico ha deciso di scrutinare per bene il libro pubblicato l’anno scorso da Lighthizer dal titolo emblematico “No Trade is Free” in cui delinea quali dovrebbero essere le priorità di una seconda amministrazione Trump.
Decoupling
Esattamente come molti di quei falchi che hanno attorniato il costruttore newyorkese durante la sua avventura presidenziale, Lighthizer vede nella Cina il principale nemico da sconfiggere.
“La priorità più urgente – scrive infatti nel suo saggio – dovrebbe essere il disaccoppiamento strategico dalla Cina”.
Riequilibrare tutta la torta
Ma lungi dall’essere selettivo, l’approccio di Lighthizer si allarga all’intero arco delle relazioni commerciali intrattenute dagli Usa.
E qui il suo principale cruccio sono i quattro Paesi membri Ue che vantano un ampio surplus commerciale con gli Usa: Germania, Irlanda, Francia e Italia.
A tal scopo l’Autore ricorda che il suo boss, benché genericamente preoccupato di mantenere buone relazioni con gli alleati, lo fosse ancora di più “di questo crescente squilibrio”.
Il problema deficit visto da Lighthizer
Da puro ortodosso trumpiano, Lighthizer non nasconde dunque che l’emergenza per l’America è il deficit commerciale e in particolare la sommatoria di quelli coi Paesi considerati amici.
Lighthizer indica anche le proporzioni del problema che sarà molto probabilmente al centro dell’agenda di un eventuale Trump 2: la crescita del deficit con l’Unione europea in vent’anni da appena 65 miliardi a 220.
La strategia
Per centrare il proprio obiettivo Lighthizer punta a ridurre non tanto il deficit commerciale complessivo con i 27 quanto con i quattro Paesi nominati prima – Germania, Irlanda, Francia e Italia – con cui lo squilibrio è più vistoso.
Primis Germania
Nel suo libro Lighthizer definisce la Germania come il Paese più problematico.
Lo dimostra, fra le altre cose, il fatto che il deficit commerciale con Berlino rappresenta da solo un terzo del deficit complessivo con l’Ue.
La Germania, scrive Lighthizer , approfitta grandemente di una relazione più che vantaggiosa, ad esempio beneficiando – scorrettamente, è l’implicazione – di un euro svalutato che rende più appetibili i suoi beni e più costosi i prezzi di quelli americani in Germania.
E come sempre la Nato
Recitando il manuale del perfetto trumpiano, Lighthizer critica anche gli insufficienti investimenti tedeschi nel campo della difesa, reiterando la teoria secondo cui, con parole sue, “la Germania sta mantenendo basso il suo livello di spesa facendo pagare a noi parte della loro difesa e questo mentre hanno un enorme surplus commerciale con noi”.
Francia e Italia
Nel mirino dell’ex rappresentante al commercio finiscono però anche i 40 miliardi di deficit di bilancia commerciale registrati con l’Italia nel 2021 e i 20 con la Francia nello stesso periodo.
Pur riconoscendo che gran parte di quelle importazioni è composta da beni di pregio come i vini, la moda e il cibo, Lighthizer punta il dito sul sostegno che quei Paesi ricevono dall’Ue in particolare con la politica agricola comune e coi sussidi al settore dell’aerospazio.
Il metodo Lighthizer
L’opera si conclude con tre possibili prescrizioni da seguire per tagliare il nodo gordiano di un deficit commerciale col resto del mondo che ormai supera il trilione l’anno.
Le ricette sono: chiedere a chiunque importi un prodotto negli Usa di fornire un certificato che mostra che c’è un prodotto dello stesso valore esportato dagli Usa; ridurre artificialmente il livello del dollaro magari con un prelievo sui fondi di investimento che operano negli Usa; e infine l’opzione nucleare di imporre dazi a tutti in quantità e misura sufficiente da raggiungere quanto prima il target del pareggio.