I sondaggi sembrano diventati accurati anche in Polonia e il risultato degli exit poll (quindi ancora del tutto provvisorio) del voto di ieri ricalca quasi perfettamente le previsioni degli ultimi giorni.
COSA DICONO GLI EXIT POLL SULLE ELEZIONI IN POLONIA
Il Pis (Giustizia e Diritto), il partito nazional-conservatore al governo, è confermato al primo posto, ma con 7 punti in meno rispetto alle elezioni precedenti perde la maggioranza assoluta e difficilmente riuscirà a formare un nuovo governo. La somma dei voti (e soprattutto dei seggi) conquistata dai tre partiti di opposizione consente invece la formazione di una maggioranza, e questa sarà la sfida che dovrà vincere Donald Tusk, il leader della coalizione liberal-conservatrice nata dall’allargamento di Piattaforma civica (Ko), piazzatosi al secondo posto.
Cinque punti percentuali dividono Pis da Ko: 36,8% il primo con 200 seggi, 31,6% il secondo con 163 seggi. Ma gli altri due partiti che seguono a distanza – i liberal moderati della Terza Via (13% e 55 seggi) e i liberal-socialisti della Nuova Sinistra (8,6% e 30 seggi) – hanno punti programmatici in comune con la formazione di Tusk e soprattutto lo stesso avversario nel mirino: il Pis. Entra nel Sejm, il parlamento polacco, anche l’estrema destra di Konfederacja, con il 6,2% e 12 seggi previsti.
COME CAMBIERANNO GLI EQUILIBRI POLITICI POLACCHI
In attesa che lo scrutinio confermi gli exit poll (i risultati ufficiali non arriveranno prima di martedì mattina, ma quattro anni fa gli exit poll condotti da Ipsos furono molto vicini al dato finale) si discute su numeri che sono provvisori. Da questi il quadro partitico risulta oggi molto più semplificato rispetto agli anni della frammentazione in parlamento e dunque i conti che i protagonisti dovranno fare sono piuttosto semplici. Pis paga la rigidità delle sue posizioni e la sottovalutazione verso una elastica politica delle alleanze, elemento che invece consentirà al rientrante Tusk di giocare la partita del governo con molte più carte in mano.
Lo ha riconosciuto lo stesso Jaroslaw Kaczynski, il padre padrone del Pis, nel suo discorso post elettorale ai suoi sostenitori. Il risultato ottenuto di quasi il 37% dei voti è stato un grande successo, ha detto parlando nella sede centrale del Pis, tuttavia il Pis potrà non essere in grado di mantenere il potere. “La domanda che ci poniamo è se questo successo possa essere tradotto in un altro mandato del nostro governo, e non lo sappiamo ancora”, ha ammesso, “ma dobbiamo avere speranza e dobbiamo anche sapere che, sia che saremo al potere o all’opposizione, realizzeremo il nostro progetto in modi diversi”.
Il Pis riceverà per primo dal presidente della Repubblica Andrzej Duda (dello stesso partito) il mandato per formare un nuovo esecutivo e avrà trenta giorni di tempo per trovare la soluzione o passare la mano. Ma numeri alla mano, anche un’eventuale alleanza con l’estrema destra (peraltro esclusa durante la campagna elettorale da entrambe le parti) non porterebbe alla maggioranza necessaria che richiede 231 mandati.
IL DIFFICILE CAMMINO DI TUSK
Tuttavia anche per Tusk il cammino non sarà semplice. I tre partiti di opposizione, che insieme possono contare su circa 284 seggi, avevano sì annunciato di voler lavorare dopo il voto all’eventuale formazione di un governo che ponesse fine alla stagione del Pis, ma poi avevano rinunciato a formare un listone unico, preferendo mantenere i differenti profili e candidarsi separatamente. Le differenze ci sono e verranno enfatizzate in sede di trattative: in fondo dovranno unirsi anche forze che un tempo erano l’un l’altre alternative, come la sinistra e i conservatori liberali di Po, anche se gli anni di opposizione al Pis hanno cementato sensibilità comuni.
Tusk può tornare al centro della scena, dopo aver governato la Polonia dal 2007 al 2014 e aver guidato una delle istituzioni europee negli anni successivi. Calatosi di nuovo nella dimensione nazionale, è stato però anche lui protagonista di una campagna elettorale deludente, nella quale sono prevalsi slogan e personalismi che hanno messo in ombra discussioni serie sui problemi che il paese dovrà affrontare nei prossimi anni. E tuttavia, nonostante non abbia dato l’impressione di portare qualcosa di nuovo nell’agone politico polacco, Tusk è riuscito a intercettare più di ogni altro quella forte voglia di cambiamento che arrivava soprattutto dall’elettorato più giovane e dalle grandi città. “Non sono mai stato così felice per un secondo posto”, ha detto ai suoi elettori festanti durante la notte elettorale, “ha vinto la Polonia, ha vinto la democrazia, è la fine del governo Pis”.
Se gli exit poll verranno confermati in giornata dallo spoglio elettorale, Tusk potrà finalmente uscire dal cono d’ombra delle polemiche e incarnare il desiderio della nuova maggioranza di un cambio di rotta.
Le prime analisi sugli spostamenti elettorali (serve ribadirlo, sempre basate su exit poll) indicano una massiccia chiamata alle urne dell’elettorato giovanile. Risiede lì la spinta al cambiamento. È la mobilitazione dei giovani delle città che ha prodotto la più alta partecipazione al voto di sempre (oltre il 70% degli aventi diritto) e la contestuale bocciatura dei referendum di accompagnamento (voluti dal Pis) che infatti non avrebbero raggiunto il quorum. Due segnali che gli exit poll dovrebbero essere a grandi linee confermati, magari con qualche punto percentuale di correzione, ma nulla di più.