skip to Main Content

Rinascita, palingenesi o lenta convalescenza dopo la pandemia?

Il Diario di Carla Falconi sulla ripartenza.

Nei giorni della quarantena, l’aggettivo più usato per descrivere la realtà era surreale mentre tutto quello che accadeva invece era reale, assolutamente reale. E anche potente, drammatico, vero, concreto, preciso, pratico, tangibile, evidente, definito e definitivo. Forse è più surreale quello che sta accadendo adesso e quest’aria calma, quest’atmosfera quieta e sospesa che nasconde tutta la nostra impotenza e preme sulle nostre città, entra nelle nostre case e nella nostra vita.

Quelli erano i giorni del Virus, i giorni in cui siamo entrati nel suo ordine, nelle sue regole, nella sua concreta pratica quotidiana. Ora ci siamo dentro e ci siamo abituati con una quasi ipnotica docilità a questo regime di semi-libertà. Le persone rispettano le regole anche perché è la sola cosa che possono fare. E lo fanno un po’ per paura del contagio, un po’ per senso di responsabilità, un po’ per proteggere se stessi, un po’ per proteggere gli altri. (Difficile stabilire in quali dosi).

O forse è solo per conformismo e per una naturale inclinazione all’obbedienza. Ma quelli che parlano in tv non hanno di questi dubbi e ci fanno i complimenti per la nostra disciplina e il nostro senso di responsabilità. La tv del resto deve sempre essere ottimista e rassicurante.

Sui media c’è posto anche per altre notizie, oltre al Virus, nei nostri discorsi per altre considerazioni, oltre al Virus, nella nostra vita anche per altri problemi, oltre al Virus ma lui resta, anche di nascosto, il pensiero dominante e si insinua in maniera inconscia nel sospetto che possa condizionare ogni nostra riflessione, ogni nostro desiderio, ogni nostro gesto anche quelli che non c’entrano niente con il Covid 19.

Per giorni non abbiamo fatto altro che confrontare il prima e il dopo, adesso questo gioco del “trova le differenze” è stato messo da messo da parte. E’ diventato inutile, ripetitivo, le differenze non ci interessano più, ci adattiamo e basta in maniera quieta e rassegnata, senza sperare niente. Neppure il ritorno alla normalità, anche perché questa parola è diventata una parola
complicata, con tante sfumature, tante interpretazioni, con un prima, un dopo e un presente che ci sfugge continuamente.

Alcuni si chiedono come sarà questa società a distanza, con il lavoro a distanza, la scuola a distanza e le persone a distanza, con le classi sociali destinate a trasformarsi rapidamente in vere e proprie caste. Altri si chiedono come sarà l’amore a chilometro zero, la libertà senza libertà di muoversi, la democrazia senza assemblee. Altri si chiedono semplicemente come sarà andare al mare quest’anno perché l’estate è alle porte. Tra mille difficoltà la nostra vita sta riprendendo, si sta adeguando, in maniera incerta e faticosa, senza niente di drammatico, almeno in apparenza. Forse perché, a parte i cambiamenti esterni, “dentro” è tutto uguale.

Soprattutto noi siamo uguali e le nostre giornate hanno lo stesso sapore anche se si svolgono in città un po’ più vuote e più lente, sullo sfondo di una primavera che sembra sfiorita in fretta creando un’atmosfera slabbrata e incompiuta che sa di rinuncia e di rassegnazione. Nessuna palingenesi è nell’aria, nessuna rinascita. Solo la sensazione di una lenta convalescenza dopo lunghi mesi malattia. Sappiamo solo che alla fine la vita riprenderà, almeno la vita nella sua dimensione bio-logica (e cioè bio-vita, logica-ordine), e andrà avanti lo stesso, in maniera involontaria come succede per il battito del cuore.

Back To Top