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Perché le pensioni continuano a squassare la Francia

Che cosa succede di nuovo sulla riforma delle pensioni in Francia. L'articolo di Le Figaro tratto dalla rassegna stampa di Liturri.

(Le Figaro, John Timsit, 28 ottobre 2025)

L’articolo in breve

A un anno e mezzo dalle presidenziali del 2027, il dibattito sulle pensioni torna centrale con la sospensione della legge Borne fino al 2028, inclusa nel bilancio della sicurezza sociale in esame all’Assemblea. Macron, da Lubiana, esclude abrogazione o sospensione totale, parlando di semplice rinvio e possibile referendum, indebolendo Lecornu che aveva carta bianca per compromessi.

A sinistra, Mélenchon distingue sospensione da abolizione, puntando a 60 anni e 40 annuità, posizione contestata per squilibri finanziari. Il PS, dopo aver ottenuto il gel in cambio di non censura, propone ritorno graduale a 62 anni senza toccare la riforma Touraine (43 annuità). Hollande rimanda a un futuro presidente la convinzione su ulteriori passi. Place Publique di Glucksmann evita focus sull’età legale, proponendo flessibilità: alcuni a 60 anni, altri di più.

Nella coalizione, Philippe, candidato centrale, insiste su età a 67 anni e capitalizzazione, criticando autoinganni sul lavoro più lungo contro invecchiamento demografico. Attal spinge per sistema universale basato su cotizzazioni, con referendum per equilibrio o il sistema esploderà. A destra, LR discreto: Retailleau e Wauquiez criticano il rinvio ma evasivi su proposte, inclini a capitalizzazione o risparmio.

Cinque citazioni chiave

Jean-Luc Mélenchon frena sul trionfo per la sospensione: «L’abolizione e la sospensione non sono la stessa cosa. Sospendere significa che la riforma resta nello stato in cui è».

François Hollande avverte che un ritorno oltre i 62 anni richiederà convinzione e assumerà costi: «Se il prossimo presidente considera che bisogna andare più lontano, dovrà convincere».

Raphaël Glucksmann di Place Publique propone di superare l’ossessione dell’età legale, con flessibilità per le presidenziali: «Alcuni devono poter partire in pensione a 60 anni, altri dovranno lavorare di più».

Jordan Bardella delinea una riforma progressiva adattata agli inizi lavorativi: «Una riforma progressiva, che va fino a 62 anni e 42 annualità, permettendo a chi inizia tardi, a 24 o 25 anni, di partire a 66 o 67 anni. Al contrario, se iniziate prima dei 20, partite con 40 annualità».

Édouard Philippe critica l’illusione di non lavorare di più, convinto della necessità di ritardi per l’invecchiamento: «Stiamo raccontandoci frottole, mentendoci».

(Estratto dal blog di Giuseppe Liturri)

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