La coraggiosa posizione favorevole di Pietro Ichino, giuslavorista ed ex parlamentare del PD, induce a riprendere l’argomento sollevato da un emendamento (ritirato) alla legge di Bilancio in materia di trasporto pubblico. Si tratta del dovere del lavoratore di comunicare anticipatamente l’adesione allo sciopero in modo che le aziende possano comunicare con certezza agli utenti i vettori funzionanti.
Il tema non è nuovo e ha due significativi precedenti. Un disegno di legge governativo del 2009 a tutela del diritto alla mobilità dei cittadini e la esplicita richiesta di una analoga norma da parte del compianto presidente della Commissione di Garanzia, il compianto accademico Santoro Passarelli. Non ha quindi senso evocare pericoli per il diritto di sciopero, se non addirittura per la democrazia, a proposito di una disposizione che ha consensi bipartisan. Il legislatore ha il compito di contemperare i diritti costituzionalmemnte garantiti mentre constatiamo che anche scioperi proclamati da organizzazioni minoritarie hanno il potere di generare forti disagi nonostante i pochi aderenti. L’esito paradossale, spiega Ichino, è che si producono danni rilevanti per gli utenti incolpevoli mentre le aziende di trasporto realizzano significative economie.
Non vale poi la critica secondo cui la dichiarazione anticipata esporrebbe il lavoratore a pressioni indebite. Queste infatti sono sanzionate dalla disciplina vigente e sarebbero in teoria possibili anche nel giorno successivo quando i nominativi degli scioperanti diventano noti. Questo pericolo è peraltro escluso da relazioni industriali che in questo settore vedono spesso il datore di lavoro contraente debole.
In realtà, dovrebbero essere le parti stesse ad individuare modalità di conflitto, magari virtuali, che scoraggino la controparte aziendale e tutelino i passeggeri. L’equilibrio dei diritti dovrebbe essere obiettivo di tutti.



