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Giorgetti

Renzi lavora per Gentiloni al Quirinale?

Come si muove e si agita Renzi in vista della corsa al Colle. I Graffi di Damato

C’è qualcosa che forse spiega quell’espressione di compiacimento e insieme di sollievo che è stata colta nella figlia di Sergio Mattarella, Laura, sul palco reale del Teatro San Carlo di Napoli mentre il padre raccoglieva la solita standing ovation che l’accompagna ormai nelle sue uscite dal Quirinale in questo periodo di fine mandato. Pare che proprio la figlia, più ancora del padre, sia contraria ad una conferma del presidente uscente, come avvenne nel 2013 con Giorgio Napolitano per fare maturare le condizioni allora mancate dell’elezione di un successore, dopo le bocciature di entrambi i candidati del Pd lanciati dall’allora segretario Pier Luigi Bersani: prima Franco Marini e poi Romano Prodi.

A vedere Laura Mattarella contenta e al tempo stesso sollevata per l’ennesima manifestazione di fiducia e di simpatia per il padre si è pensato a qualcosa di nuovo che stesse maturando, o fosse già maturato, per uno scioglimento ordinario del nodo quirinalizio. Cioè, senza la deviazione, chiamiamola così, vista a torto o a ragione dietro i recenti richiami del Presidente alle proposte inutilmente presentate dai predecessori e colleghi di partito Antonio Segni e Giovanni Leone di mettere in Costituzione la ineleggibilità immediata del Capo dello Stato e l’abolizione del cosiddetto semestre bianco. Durante il quale il presidente perde la prerogativa dello scioglimento delle Camere. “Impegnatevi a fare queste modifiche nell’anno residuo della legislatura e mi presterò ad una conferma finalizzata a questo scopo, che renderebbe davvero ultima la replica dell’eccezione già sperimentata con Napolitano”, era sembrato il messaggio sotto traccia di Mattarella. E qualcuno aveva già cominciato ad adoperarsi per aprire in Parlamento il cantiere di questa riforma costituzionale, magari arricchendola d’altro, come la sfiducia costruttiva o la fiducia a Camere congiunte ventilata da Giuseppe Conte qualche giorno dopo, guarda caso.

Si può avere adesso il fondato sospetto che a rasserenare, diciamo così, la figlia di Mattarella sia stato un incontro svoltosi il 9 novembre a Bruxelles, ma di cui solo oggi il corrispondente di Repubblica Claudio Tito ha dato notizia, fra il commissario europeo ed ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e Matteo Renzi, notoriamente propostosi ben prima del raduno annuale dei suoi appena conclusosi alla stazione Leopolda di Firenze di fare un po’ il regista anche di questa edizione della corsa al Quirinale. Cosa che gli riuscì nel 2015 da segretario del Pd e presidente del Consiglio con l’elezione proprio di Mattarella, anche a costo di rompere il patto sulle riforme costituzionali che aveva stretto con Silvio Berlusconi, pagandone forse lo scotto con la bocciatura referendaria del dicembre 2016. Certo, la posizione di Renzi oggi non è quella del 2015, ma anche da leader ridimensionato com’è, a capo di un partitino che non supera il 2 per cento dei voti nei sondaggi, egli ha mostrato nei mesi scorsi di sapere e potere promuovere operazioni complesse come la rimozione di Conte da Palazzo Chigi e l’arrivo di Mario Draghi.

La “pace di Bruxelles” annunciata da Repubblica ha forse qualcosa di enfatico, ma è pur importante che i due siano tornati a cercarsi, a incontrarsi e a parlarsi dopo la brusca interruzione dei rapporti avvenuta nel 2017, quando Gentiloni fece asse con Mattarella e non assecondò la richiesta di Renzi di sciogliere le Camere dopo la sconfitta referendaria. Che, avvenuta con un onorevole 40 per cento di sì alla sua riforma, gli avrebbe forse potuto consentire un recupero politico in un novo Parlamento.

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