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Quirinale Berlusconi

Perché il Quirinale sarebbe una graticola per Silvio Berlusconi

I Graffi di Damato.

Per quanto consapevole della sua diligenza professionale e delle entrature anche negli ambienti berlusconiani più stretti e accreditati, spero personalmente – e ve ne spiegherò le ragioni – che Francesco Verderami abbia toppato sabato scorso nel riferire sul Corriere della Sera del “sogno”, coltivato in persona dall’ex presidente del Consiglio e fondatore di Forza Italia, di partecipare davvero alla prossima corsa al Quirinale e di uscirne vincitore. Come nelle sue abitudini, potrebbe dire qualcuno, avendo l’uomo di Arcore già raggiunto altri traguardi importanti sorprendendo non solo avversari e concorrenti, ma anche amici carissimi che glieli avevano sconsigliati.

Ciò accadde anche verso la fine del 1993, quando Confalonieri – Fedele di nome e di fatto all’allora presidente di Fininvest – mi chiese amichevolmente una mano per dissuadere “Silvio” dalla tentazione sempre più forte di “scendere in politica”, come diceva, per evitare che le elezioni anticipate del 1994, ormai scontate, fossero vinte dal Pds-ex Pci di Achille Occhetto. Al quale ben pochi nella Dc erano disposti, secondo accertamenti dallo stesso Berlusconi personalmente compiuti consultandone i dirigenti, a cominciare dall’allora segretario del partito Mino Martinazzoli, di predisporre una coalizione di centrodestra in grado di battere, grazie alle possibilità offerte dalla nuova legge elettorale di stampo prevalentemente maggioritario, la “carovana dei progressisti”. Così lo stesso Occhetto la chiamava prima di passare all’immagine della “gioiosa macchina da guerra”. Che in effetti Berlusconi riuscì ancora più gioiosamente a sconfiggere lasciando di sasso anche l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, rassegnatosi assai malvolentieri, senza neppure nasconderlo, a nominarlo presidente del Consiglio. Inutilmente al Quirinale avevano sperato che il già allora imprevedibile Umberto Bossi rifilasse all’alleato una fregatura nelle consultazioni per il conferimento dell’incarico, dopo avergli dato beffardamente del “Berluscaz” nella campagna elettorale. Il tradimento sarebbe arrivato, ma dopo qualche mese di governo insieme, e tuttavia con recupero successivo di un’alleanza più solida.

In verità, le preoccupazioni di Confalonieri derivavano più ancora che dall’incertezza del risultato elettorale, a dispetto dei sondaggi riservati che inducevano invece Berlusconi all’ottimismo, dalle possibili conseguenze dell’impegno politico dell’amico sulle aziende che aveva saputo creare e sviluppare. Una certa, esasperata attenzione giudiziaria si era già avvertita nell’aria per le simpatie dichiarate e praticate costantemente da Berlusconi per uomini, partiti e correnti di governo che erano già entrati nella tempesta di “Mani pulite”, o stavano per entrarvi, o erano comunque destinati ad esserne colpiti, se non travolti.

Debbo dire che quelle di Confalonieri sui pericoli per le aziende, oltre che personali dell’amico, non erano infondati, visto quello che poi è successo, e non è ancora finito. Berlusconi, per quanto assolto in via definitiva dall’accusa di prostituzione minorile, è ancora alle prese con processi per presunta corruzione dei testimoni. Che, evidentemente, non creduti in primo grado, ne avrebbero invece consentito poi l’assoluzione in appello e in Cassazione ad opera di magistrati a dir poco sprovveduti, in una visione un po’ pazzesca dell’amministrazione della giustizia. Ma a rischiare di passare per pazzo è stato alla fine Berlusconi con quella “Illimitata” perizia psichiatrica alla quale – nonostante il diverso avviso espresso dal pur amico Vittorio Feltri su Libero – egli si è giustamente, oltre che orgogliosamente, sottratto sfidando il tribunale di Milano a condannarlo in un’altra delle coincidenze alle quali ci siamo ormai abituati fra scadenze o altre evenienze giudiziarie e politiche.

Mi è francamente apparso più un disservizio che un servizio il sogno quirinalizio attribuito da Verderami sul Corriere a Berlusconi – con tanto di conteggi della sessantina di voti da cercare più o meno personalmente oltre il perimetro del centrodestra per essere eletto dalla quarta votazione in poi, quando gli basterebbe la maggioranza assoluta e non più quella per lui proibitiva dei due terzi, e tanto di rivelazione di incontro con Matteo Renzi in funzione di questa ricerca. Mi permetto, con un consiglio né probabilmente gradito, di suggerire all’ex presidente del Consiglio un più utile e opportuno risveglio.

Anche se non mancano illustri precedenti non di “vecchi”, come li chiamerebbe il magistrato che si è recentemente occupato di lui nel processo noto come Ruby ter, ma più rispettosamente di anziani saliti al Colle, dove Sandro Pertini, per esempio, arrivò a 82 anni, Giorgio Napolitano a 81 e Carlo Azeglio Ciampi a 79, penso che a 85 anni compiuti il 29 settembre prossimo Berlusconi possa pur spiazzare gli avversari e a deludere certi amici  trovano l’occasione e il modo di dire che ormai non ha più l’età per certi concorsi. Sarebbe una versione aggiornata della celebre  e fortunata canzone “Non ho l’età” cantata da Gigliola Cinquetti nel 1964, quando peraltro al ventottenne Berlusconi mancavano 22 anni per diventare quirinabile. Tanto, il Quirinale non aggiungerebbe e non toglierebbe nulla al protagonismo di cui egli è stato capace in ogni campo in cui si è misurato.

Pensate un po’ che colpo sarebbe una rinuncia di Berlusconi per i suoi avversari irriducibili, per esempio, del Fatto Quotidiano. Che già domenica scorsa, allertati dal Corriere della Sera, si allenavano contro di lui con la cattiveria di giornata in prima pagina scrivendo, per scherzare ma non troppo: “Mediaset, la sede legale trasloca in Olanda. Quella illegale resta in Italia e punta a traslocare al Quirinale”. Mi sembra francamente meglio saltare giù dalla graticola del Colle prima che qualcuno appicchi il fuoco al carbone.

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