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Giorgetti

Quanto si detestano Marco Travaglio e Roberto Saviano

Il dissidio fra Marco Travaglio e Roberto Saviano sul referendum visto dal notista politico Francesco Damato

Dai “poteri forti” indicati all’inizio come ispiratori della campagna per il No referendario del 20 settembre ai tagli dei seggi delle Camere, voluti dai grillini addirittura per rigenerare il sistema parlamentare, siamo passati nella elaborazione culturale e politica del Fatto Quotidiano, con la prima pagina copertina di oggi, alla “Sinistra per Salvini (a sua insaputa)”. A insaputa cioè della sinistra, non di Salvini e della camicia strappatagli addosso in Toscana da una congolese che ha evidentemente preso sul serio la rappresentazione, di sinistra appunto, del leader leghista come del pericolo numero uno della democrazia italiana. A difesa dal quale, per quanto la sua Lega sia in calo nei sondaggi, il Parlamento è stato ingessato con tutti i guai idenditari e politici del principale partito che vi è rappresentato: il movimento 5 Stelle.

A convincere Marco Travaglio e la sua redazione a non poter più liquidare il No referendario alle Camere tagliate come un fenomeno di destra, per quanto la destra meloniana sia tutta per il Sì e la Lega e Forza Italia alquanto divise, sono stati un po’ i lettori, ai quali non si è potuto alla fine negare un certo spazio, con repliche stizzite del direttore in persona, e un po’ l’irruzione nella campagna di pezzi da novanta, o da ottantanove, ottantotto e qualcosa ancora in meno della sinistra. L’ultimo, in ordine di arrivo, è stato Roberto Saviano, che ha mandato addirittura a “cagare” – mi scuso anche per lui con chi legge – il segretario del Pd Nicola Zingaretti e quasi tutto il resto di quel “vapore acqueo” che sarebbe ormai il partito comprensivo dei resti del Pci e della sinistra democristiana, ma forse più di quest’ultima che dell’altro. Lo desumo da questa apodittica conclusione dei ragionamenti e delle proteste dello scrittore anti-camorra: “Meglio morire da piccoli che democristiani”.

Insieme a Saviano nell’odierna pagina copertina del Fatto contro i sostenitori del No referendario Marco Travaglio ha fatto sistemare Carlo De Benedetti, già titolare dichiarato della tessera numero uno del Pd, l’ex tesoriere dello stesso Pd Luigi Zanda, collaboratore di De Benedetti anche come editore del giornale Domani in arrivo nelle edicole, il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, sfottuto negli editoriali del Fatto come Sambuca per l’omonimia di quella marca di liquore, e il leader delle “Sardine” Mattia Santori. Che fu iscritto d’ufficio a sinistra nelle piazze anti-Salvini affollate prima della pandemia e che deve essere sembrato temerario verniciare adesso di nero. Si preferisce considerare quella ittica, come si è detto, una sinistra inconsapevolmente al servizio dell’odiatissimo Salvini.

Il montaggio fotografico del quotidiano di Travaglio contro i No è motivato anche dall’esigenza di proteggere la maggioranza “giallorosa”, come al Fatto preferiscono colorare la coalizione di governo attualmente guidata da Giuseppe Conte dopo l’esperienza gialloverde. Il giallorosso è evitato non si sa se più per riguardo ai tifosi della squadra di calcio della Roma o per non darla vinta a Silvio Berlusconi, che anche dal suo letto d’ospedale considera quella attuale, sia pure ogni tanto aiutata con assenze al Senato dai suoi parlamentari, come comprensiva di ben quattro sinistre, e perciò “la più a sinistra nella storia d’Italia”.

Per ragioni non so se di spazio o di mancanza di foto, o di riguardo per l’ex segretario del Pd, manca nel fotomontaggio la figlia di Pier Luigi Bersani, del cui No referendario il padre si è appena doluto pubblicamente. Non oso chiedere della moglie farmacista.

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