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Quale sarà il futuro dell’Unione europea?

Dalla guerra Ucraina ai dazi di Trump, dall’ininfluenza in Medio Oriente alle grandi manovre di Cina e India, è lampante quanto l’Europa sia costretta a ritrovare il suo modo di stare al mondo. Il taccuino di Guiglia.

Il povero Elon Musk – povero si fa per dire -, l’ha presa proprio male la multa di 120 milioni di euro che gli ha appena inflitto l’Unione europea per violazioni della sua piattaforma X (ex Twitter) agli obblighi di trasparenza che regolano i servizi digitali. “L’Ue va abolita”, ha dichiarato, furente, l’imprenditore sanzionato.

Se poi alla lamentala abrogazionista s’aggiunge il documento sulla sicurezza nazionale da poco firmato da Donald Trump, e nel quale l’espressione più benevola rivolta al Vecchio Continente è che sarebbe “in declino”, la conclusione politica può essere disarmante: il nostro più potente e somigliante alleato d’Oltreoceano, quell’America che per due volte è intervenuta nelle guerre mondiali in Europa per difendere il concetto di libertà, ci sta abbandonando. “O l’Europa o la Russia”, ha del resto intimato Vladimir Putin all’inquilino della Casa Bianca. Vuoi vedere che Trump sceglierà Mosca, pur di non avere più a che fare con Bruxelles?

Invece no, invece hanno ragione quegli europei, come Kaja Kallas, alta rappresentante della politica estera Ue, che persistono nel considerare gli Stati Uniti “ancora il nostro principale alleato”.

Il legame euro-atlantico, mai così in bilico, resta indissolubile per ragioni economiche, geopolitiche e militari. Però va reso meno diseguale, come i principali Paesi dell’Ue hanno capito tardivamente e come Mario Draghi ha spiegato in un rapporto condiviso da tutti, ma da pochi fatto valere.

Dalla guerra di Putin in Ucraina, cioè dietro casa, ai dazi di Trump sulle nostre esportazioni, dall’ininfluenza in Medio Oriente alle grandi manovre di Cina e India che ci fanno l’occhiolino, ma giocano per conto loro, è lampante quanto l’Europa sia costretta a ritrovare il suo modo di stare al mondo, se non vuole finire nel girone infernale degli ignavi.

Ma per quanto contorti e contraddittori non mancano segnali che l’Unione nell’ora più buia, l’attuale, stia facendo il suo dovere.

Più bene che male sta sostenendo l’Ucraina da quasi quattro anni.

Sta scoprendo la necessità della difesa continentale anche armata pur di salvaguardare la pace – valore mai, qui, invecchiato – e non soccombere a intimidazioni di oggi né di domani. Sta perseguendo la sua autonomia energetica e ridefinendo con maggiore realismo la politica ambientale per non dipendere più, di nuovo, dal volere altrui.

D’altra parte, 27 Paesi più la Gran Bretagna con opinioni pubbliche libere e consapevoli e lingue diverse e differenti interessi nazionali non possono agire all’istante come Trump o Putin. Le democrazie hanno tempi più lunghi e lenti di populismi e autocrazie. Ma hanno il vantaggio della profondità che la storia ha in loro plasmato. Non ci cascano nel Putin che omaggia Gandhi. Non mandano Trump a quel paese – che tentazione -, perché sanno che le sue intemerate passano, come i presidenti, ma l’Occidente resta. Non minacciano gli altri: aiutano chi è minacciato alla frontiera.

Esiste già una certa idea dell’Europa. Nonostante o forse proprio grazie a Musk, Trump, Putin e compagnia assordante.

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)
www.federicoguiglia.com

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