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Capri Aree Marine

Quale Capri da oggi al 2030?

L'articolo del Prof. Raffaele Vacca

Avvenimenti accaduti nell’isola di Capri in questi giorni hanno riproposto l’assoluta necessità di dar precisa risposta alla domanda “Quale Capri?”. E, per essere concreti al massimo e non andare verso il vago, alla domanda “Quale Capri da oggi al 2030?”.

La domanda “Quale Capri” fu posta per Convegno, organizzato dalle amministrazioni comunali di Capri ed Anacapri, che si svolse nella Certosa di San Giacomo dal 1 al 3 ottobre 1982. Ispirato da un Rapporto socio – economico – turistico del Censis, aveva come principale obbiettivo il delineare una nuova identità dell’isola.

Questa sembrava necessaria dopo che, a mano a mano, la sua plurimillenaria cultura agricola era quasi del tutto scomparsa, e la sua identità nascosta e compressa da quella secolarizzata e mondana, imposta dal sistema tecnico industriale, che dominava anche a Capri, quantunque si continuasse a scrivere che questa fosse un luogo a sé, lontano dagli influssi del mondo.
Non ci fu nessuna comunitaria risposta al termine del Convegno. Non c’è stata una tale risposta ogni volta che, negli anni seguenti, la domanda “Quale Capri” è stata riproposta, specialmente nel campo culturale che, per sua natura, precede e talvolta ispira il campo politico.

Eppure è una risposta che la comunità isolana può e deve dare, sia pur con il contributo di coloro che hanno case nell’isola o vi soggiornano a lungo, e senza chiederla a cosiddetti esperti che vivono lontani da essa. E ben conoscendo la storia caprese, la quale, se rivela che, andando per essa, nel 1908, Rainer Maria Rilke disse cose ancora attuali per comprenderne la situazione del nostro tempo, rivela anche che, al termine del Convegno del paesaggio del 1922, Filippo Tommaso Marinetti sostenne che i piani regolatori (noi potremmo dire il progetto di costruzione della nuova Capri), riconoscendo i bisogni della vita moderna ed adoperando nuovi materiali e metodi di costruzione, debbono rispettare l’ambiente ed intonarsi al paesaggio.

Senza una tale risposta, nella attuale frantumazione della cultura, continuerà quell’andare a vista, guidato dalla politica, la quale per sua natura tende al contingente se non all’effimero, che accresce il reddito di isolani e di coloro che hanno interessi economici nell’isola, ma non determina quella sua nuova e precisa identità che è necessaria per la stessa isola, per l’Italia e per l’umanità.
Qualora ci fossero condivisioni su quanto qui scritto, in una prossima relazione indicherò quelle che ritengo le opportune modalità per l’organizzazione di una Conferenza culturale isolana, dove si possano valutare e discutere le probabili e varie singole risposte, in modo da poter giungere responsabilmente ad una risposta condivisa.

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