Alla Nuvola dell’Eur si tiene Più Libri Più Liberi, fiera di editori tra cui Passaggio al Bosco, che pubblica tomi in odore di nazi-fascismo. Ci sono state defezioni, proteste, polemiche, uno sciopero simbolico, l’ineluttabile “Bella ciao”, cartelli con scritto “chiuso per antifascismo” (in realtà un telo tenuto mezz’ora sopra i banchi). È gestita dall’AIE-Associazione italiana editori, che giustamente risponde: si guarda la correttezza aziendale, non ideologica.
Una notizia di quelle extra-politiche che balzano improvvisamente agli onori dell’attualità, come la famiglia nel bosco e la ragazza leccese mai rapita. Notizie che si impongono nell’agenda senza bisogno di vittime, speculari a quelle che nemmeno le stragi riescono a portare alla nostra attenzione, tipo il Sudan con il raid su un asilo e 50 morti di cui 33 bambini del quale ha dato conto la Bbc.
Notizie extra-politiche ma tutt’altro che apolitiche, anzi pesantemente ideologizzate. In tal senso, sbrigativamente, possiamo dire che confermano l’avvilente arretratezza delle nostre sinistre. Al plurale, poiché le diverse anime stanno affilando i coltelli in vista del prossimo confronto elettorale.
Il fattarello di PLPL è emblematico del principale difetto della nostra gauche, il conformismo. Un virus della pigrizia che contagia anche soggetti brillanti e capaci come ZeroCalcare, ertosi a paladino dell’incompatibilità democratica con Passaggio al Bosco in una clip dove però ammette l’incertezza con cui ha assunto tale posizione. Michele Rech è un bravo disegnatore e fumettista, persona mite e garbata, che sposa dogmi estremistici. Fa il paio, in questa contraddizione, con altri personaggi capaci di dire cose tremende col sorriso sulle labbra, come Massimo Gramellini e Michele Serra. Pugno di ferro bolscevico-giacobino in guanto di velluto del para-verbale politicamente corretto.
La contraddizione è nelle cose, oltre e più che nelle persone. Si prenda l’assalto alla redazione della Stampa, dove i commenti progressisti trasudavano tanto imbarazzo che Gianni Oliva, sul quotidiano torinese, li ha invitati a uscire dalla “zona grigia”.
L’attore Vinicio Marconi, intervistato ieri nel programma di Peter Gomez (molto ben fatto, gli ospiti offrono un campionario dell’antropologia ossimorica di cui parliamo), ha detto che sull’educazione sessuale deve decidere lo Stato, non le famiglie. Sempre pugno di ferro pedagogico, impartire lezioni obbligatorie, in guanto di velluto formale, per il bene dei nostri figli che impareranno a rispettare le donne. Il fine presuntivamente encomiabile giustifica mezzi certamente inammissibili. L’analogia con la vicenda della famiglia anglo-australiana che viveva nei boschi abruzzesi è evidente: non per nulla due sondaggi, Only Numbers e Mannheimer, segnano la spaccatura anche ideologica tra i giudizi italiani sul caso (lo nota oggi Ricolfi sul Messaggero).
Il totalitarismo woke, politically correct e la dittatura della cancel culture sono le chiavi del neo-giacobinismo delle sinistre in crisi identitaria, incapaci di cavalcare battaglie sociali, di orientarsi nella globalità contemporanea. Un processo cominciato negli States degli anni ’60, previsto e diagnosticato da Augusto del Noce come “partito radicale di massa”. Ma l’odierno neo-bolscevismo non è più davvero radicale. Difatti la miglior critica alla finta indignazione su Più Libri Più Liberi è arrivata da Marcello Baraghini, editore e radicale doc: condannato per libri contro la famiglia, ha pubblicato Evola. Un libertarista sfrenato che denuncia come la vera porcheria delle fiere librarie sia essere invase da editori a pagamento.
Il secondo problema, aggiungiamo, è l’incapacità di uscire dal loop nostalgico del “si legge poco”, che non coglie il problema: i libri non soddisfano più il principio di piacere. In questo contesto, che un editore pubblichi porcherie vetero fasciste ci sta, difficile dire se per convinzione o convenienza, probabilmente entrambi. E comunque ringrazia sentitamente per l’insperata pubblicità.




