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Pippi Calzelunghe

Pippi Calzelunghe compie 80 anni ma resta emblema della libertà gentile

La forza sovversiva e umana di Pippi Calzelunghe, una bambina fuori dagli schemi che ha trasformato il nostro modo di pensare l’autonomia, l’educazione e il ruolo delle bambine. L’articolo di Pierluigi Mennitti

 

È stata per anni l’immagine più rappresentativa della Svezia, un simbolo di quel paese allora misterioso e lontano, sperduto lassù nel Nord. Pippi Calzelunghe oggi compie ottant’anni, ma continua a incarnare, con sorprendente attualità, l’idea di una bambina che sfida le convenzioni, ribalta i rapporti di forza tra adulti e minori e propone un modello di autonomia femminile che ha segnato generazioni di lettori. Piccoli e grandi.

La figura creata da Astrid Lindgren, con la sua casa, il cavallo, la scimmietta e una forza fisica sproporzionata rispetto alla sua età, è diventata infatti nel tempo molto più di un personaggio letterario per l’infanzia: è un dispositivo narrativo attraverso cui intere società hanno ripensato il rapporto con l’autorità, l’educazione e il ruolo delle bambine.

L’origine di Pippi nasce quasi per caso, come risposta affettuosa a una malattia infantile: è la figlia di Lindgren, Karin, a suggerire quel nome bizzarro alla madre in cerca di nuove storie per tirarla su di morale. Da quell’espediente domestico nascerà un dattiloscritto che la principale casa editrice svedese dell’epoca giudica inadatto e respinge, in quello che oggi viene ricordato come uno degli errori editoriali più clamorosi. Il rifiuto non è soltanto una svista commerciale: segnala lo scarto culturale tra un’industria libraria ancora ancorata a modelli educativi rigidi e un personaggio che mette in scena, senza mediazioni, una bambina che rifiuta di obbedire per automatismo.

UN’EROINA CHE SCARDINA L’AUTORITÀ

La forza di Pippi, prima ancora che muscolare, è simbolica: è una bambina che decide per sé, che non si piega ai dettami degli adulti e che mette costantemente alla prova il confine tra obbedienza e autoaffermazione. Il romanzo originale, Pippi Långstrump, esce nel 1945, in un’Europa ancora ferita dalla fine della guerra e segnata da modelli familiari gerarchici: l’idea che una ragazzina potesse “fare quello che vuole” appariva spiazzante, persino sovversiva. Nelle testimonianze della figlia di Astrid Lindgren, Karin Nyman, emerge come Pippi abbia fornito alle bambine di allora un repertorio di gesti e parole per “difendere se stesse”, sottraendosi al ruolo passivo assegnato tradizionalmente al genere femminile. Un’anticipazione dei tempi nuovi che si sarebbero gradualmente aperti con il dopoguerra.

L’indimenticabile adattamento cinematografico e la performance di Inger Nilsson – il film uscì in Svezia in pieno 1969, in Italia nel 1970 – amplificano questo messaggio: l’attrice racconta ancora oggi come Pippi sia rimasta, nella percezione del pubblico, l’emblema di un coraggio giocoso ma mai crudele. La protagonista trasgredisce, ma non per aggressività: agisce per curiosità, senso di giustizia, desiderio di libertà, mantenendo al centro un’idea di gentilezza che Lindgren considerava irrinunciabile. È proprio la combinazione di ribellione e bontà a rendere il personaggio accettabile anche per quegli adulti che temevano un modello “diseducativo”.

L’IMPATTO DI PIPPI NELLA GERMANIA DAL DOPOGUERRA SINO A OGGI

Un capitolo particolare, nella cultura europea del secondo Novecento, riguarda l’impatto del personaggio letterario e poi cinematografico di Astrid Lindgren nella Germania del dopoguerra e poi degli anni della contestazione giovanile e fino a oggi. Qui il successo duraturo di Pippi illumina un ulteriore livello di lettura. In un contesto in cui, per decenni, la pedagogia ha conservato tratti fortemente autoritari, la comparsa di una bambina indisciplinata, autonoma e rumorosamente felice ha funzionato da contrappeso simbolico.

Lettere, disegni, richieste di autografi conservati negli archivi svedesi mostrano come molti bambini tedeschi abbiano percepito quelle storie come una vera e propria boccata d’aria, una sospensione narrativa delle regole severe che sperimentavano nella vita quotidiana.

TRA SINISTRA E DESTRA LIBERTARIA

Sebbene Pippi Calzelunghe sia stata storicamente adottata e celebrata principalmente dagli ambienti di sinistra, femministi e antiautoritari, gli aspetti che la rendono un’icona libertaria possono trovare una risonanza positiva anche in alcune frange della destra libertaria o in letture che valorizzano l’individualismo e l’autonomia. Pippi vive completamente da sola, senza dipendere da nessuna autorità statale o familiare. È la padrona della sua casa (Villa Villacolle) e delle sue scelte, un valore fondamentale nel pensiero libertario, che esalta l’individuo al di sopra dello Stato o delle istituzioni. In più è estremamente ricca (possiede un sacco di monete d’oro) e gestisce la sua ricchezza in modo autonomo e stravagante, senza che nessuno le chieda conto o le imponga tasse: una celebrazione della proprietà privata e della libertà economica.

La sua resistenza e il suo sarcasmo nei confronti di figure che rappresentano l’autorità pubblica (come la polizia o le istituzioni educative) sono un inno alla libertà individuale. Quindi, mentre l’interpretazione tradizionale (soprattutto in Svezia) la vede come simbolo di una rivolta di sinistra contro le convenzioni borghesi, la sua assoluta autonomia, ricchezza personale e resistenza alle ingerenze esterne la rendono un personaggio suscettibile di essere letto in chiave positiva anche da ambienti della destra libertaria, che enfatizzano i diritti di proprietà e la non-interferenza dello Stato.

UN CLASSICO MODERNO

Ancora oggi, a ottant’anni dalla nascita editoriale, le avventure di Pippi restano diffuse, ristampate, adattate e citate come classico moderno, mentre i film continuano a circolare come riferimento generazionale condiviso. In un’epoca che discute di autodeterminazione femminile, modelli educativi meno punitivi e centralità della voce dei minori, la bambina che “può tutto” senza smettere di essere indipendente e solidale conserva una forza iconica intatta. E per gli ottant’anni, nessun regalo. L’idea che Pippi non abbia bisogno di regali per il suo compleanno, perché sa procurarsi da sola ciò che desidera, sintetizza quella che potremmo definire la sua eredità: la volontà di rivendicare autonomia senza rinunciare alla propria umanità.

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