Torna a non escludere il suo ingresso in politica, anche se al momento l’ipotesi “non ha alcuna concretezza”, ma ricorda anche che suo padre la discesa in campo la fece a 58 anni, “ed io oggi ne ho 56”. Quindi, Pier Silvio Berlusconi, secondogenito del Cavaliere, amministratore delegato di Mediaset (MFE, MediaForEurope) potrebbe tra due anni, per le elezioni politiche del 2027, entrare nell’agone politico?
Magari, secondo molti e qualificati osservatori, finirà che non lo farà. Ma resta il fatto che Berlusconi jr. di fatto la politica è come se già la facesse. Con quel cognome e quell’incarico imprenditoriale le sue parole lasciano il segno. L’ad di MFE, durante la presentazione dei nuovi palinsesti Mediaset, spariglia un quadro politico un po’ sonnacchioso sotto la calura estiva. E di fatto, se si vanno a leggere bene le sue numerose dichiarazioni, rilancia, riveduto e corretto, il progetto costruito dal padre Silvio, fondatore del centrodestra, ovvero una Forza Italia che riacquisti il ruolo di centro nella coalizione e nel Paese.
Berlusconi jr non la mette esattamente così, ma parla della necessità di costruire un “partito liberale e moderato”, che abbia sui diritti “una venatura progressista”. E osserva che al centro c’è uno “spazio gigante” da riempire, che è costituito dalla “maggioranza degli italiani”. Ovvero, lo spazio “tra la sinistra del Pd e i Cinque Stelle e FdI con la Lega dall’altro lato”. Progetto già ampiamente illustrato dal segretario azzurro, vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ieri si è detto d’accordo con Pier Silvio sullo stop allo ius scholae che “non è una priorità”.
Molti hanno visto nello stop sul progetto rilanciato nei giorni scorsi da Tajani, con polemiche nel centrodestra, una vera e propria sconfessione del segretario azzurro da parte del figlio del Cav, che con i fratelli è garante delle fideiussioni vitali per il partito. Ma lo stesso Tajani nei giorni scorsi aveva usato le stesse parole, e cioè “non è una priorità”. In effetti, il punto dell’uscita di Berlusconi jr va molto oltre lo ius scholae e una presunta polemica di giornata con Tajani. Che “se non ci fosse bisognerebbe inventarlo”, dice Pier Silvio, con un tono suadente che ricorda il padre. Ma subito dopo usa il pugno di velluto ricordando che “questo non significa che non si possa fare meglio”. Invita quindi il partito ad aprirsi a forze, energie, “volti nuovi”.
Ma appunto sarebbe miope vedere nell’uscita fluviale del secondogenito del Cav una piccola resa dei conti nel mondo azzurro, che non ci sarà. PSB, come recita il suo acronimo, fa al tempo stesso due mosse politiche importanti: toglie dal campo lo ius scholae, pur dicendosi d’accordo sul principio, suscitando la soddisfazione di Matteo Salvini, che dal suo viaggio istituzionale in Giappone e Cina esulta: “Partita chiusa. Di ius scholae si occuperà la sinistra tra trent’anni”, elogia Giorgia Meloni e giudica il suo “il miglior governo d’Europa”; ma al tempo stesso rilancia il ruolo di FI che deve tornare ad essere il cuore di centro, liberale, moderato della coalizione.
Alla fine, nessun ripudio di Tajani, anche se la sferzata al partito invitato a rinnovarsi si è fatta sentire, ma il rilancio, riveduto e corretto, di un progetto che per il padre è stato fondativo. Ovvero un partito liberale che “guarda al centrodestra” e che stabilisce un confine preciso con la sinistra. E con le mire dei suoi piccoli centri.
Pier Silvio, che indica tra le sue priorità tasse, sicurezza, salari, sviluppo, rispondendo a una domanda, liquida Matteo Renzi come un leader “bravo e intelligente”, che però “non ha più mordente e peso politico”. Non è un caso forse che alla fine della fiera l’unico ad infuriarsi sia proprio Renzi, il quale arriva a dire che sarebbe stato Palazzo Chigi a “commissionare” l’attacco nei suoi confronti da parte di Pier Silvio. E intanto Renzi annuncia di interrompere il contratto con Mondadori con cui ha finora pubblicato i suoi libri. Evidentemente l’obiettivo di Berlusconi jr di far centro non comprende Renzi tornato, del resto, da tempo con Elly Schlein e il cosiddetto campo largo.
E, dunque, PSB farà la sua discesa in campo in politica? “Magari!”, risponde Tajani, con un evidente plauso, ai giornalisti nel Transatlantico di Montecitorio.